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Martedì, 23 Aprile 2024
Cronaca

Coisp Polizia: "Reintrodurre le pattuglie miste sul confine"

Il sindacato ha denunciato anche la mancanza di "poliziotti, i veicoli e le tecnologie adeguate per la sorveglianza del confine e i locali idonei, in termini di spazio e predisposizione degli arredi, dove poter lavorare in sicurezza"

Riceviamo e pubblichiamo integralmente la nota stampa del Sindacato di Polizia “Federazione CO.I.S.P”

Queste Segreterie del Sindacato di Polizia “Federazione CO.I.S.P”., valutano positivamente la reintroduzione delle pattuglie miste sul confine Italo-Sloveno e ricordano che già in passato erano state organizzate su questo confine, senza però portare grandi risultati. Evidentemente è un segnale che il governo ha voluto dare per affrontare un fenomeno migratorio che vede privilegiare nuovamente la rotta balcanica.

Ma il COISP non può però sottacere che gli operatori della Polizia di Frontiera a Trieste sono in costante diminuzione e che la programmazione del Dipartimento della P.S., ci mostra che a Trieste arriveranno nell’arco dei prossimi 12 mesi, solo 7 nuovi poliziotti, che non basteranno neanche a rimpiazzare quelli che sono andati o andranno a breve in pensione, oppure che sono stati trasferiti ad altri reparti. Tutto ciò appare però in contraddizione con una situazione che molti definiscono emergenziale e che si vorrebbe affrontare sempre con gli stessi pochi uomini che fino ad oggi, con grandi difficoltà e sacrifici, hanno presidiato la fascia confinaria. I dati non mentono e gli annunci restano tali, se non si mettono in campo risorse umane, economiche e un organizzazione efficiente ed efficace. Mancano quindi i poliziotti, i veicoli e le tecnologie adeguate per la sorveglianza del confine e i locali idonei, in termini di spazio e predisposizione degli arredi, dove poter lavorare in sicurezza, nonché un più appropriato impiego degli uomini delle forze armate che affiancano la Polizia di Frontiera, anch’essi privi di veicoli efficienti ed adeguati, che potrebbero essere più proficuamente dislocati sul territorio così da poter effettuare un costante pattugliamento della fascia confinaria. Così come mancano accordi o convenzioni che consentano alla Polizia di Frontiera di poter facilmente reperire nell’arco delle 24 ore gli interpreti delle varie lingue, senza che sia necessario, una volta trovati, far leva sullo spirito di servizio degli stessi, considerato che ricevono, solo dopo parecchi mesi, un compenso oggettivamente molto basso. D’altronde, anche nel caso vengano rintracciati i migranti sul territorio italiano, dopo una preliminare identificazione basata solo sull’acquisizione delle impronte, gli stessi, nella quasi totalità, richiedono l’asilo politico, per non essere riammessi in Slovenia, ma, non essendoci posti disponibili per l’accoglienza, frequentemente vengono lasciati a loro stessi, muniti solo di un invito a presentarsi nelle settimane successive presso l’ufficio immigrazione della Questura di Trieste, anch’esso in sofferenza per la carenza degli uomini necessari. Nulla da meravigliarsi, quindi, che li troviamo nei giorni seguenti al rintraccio, sparsi sul territorio comunale, all’interno di edifici abbandonati o nei giardinetti, alla ricerca di un giaciglio dove passare la notte. Evidentemente, dietro un’apparente senso di solidarietà, nel considerare valutabili tutte le istanze di protezione internazionale, vi è la malcelata cronica mancanza di strutture deputate all’accoglienza, che non sono e non possono essere quelle che, in qualche modo e a volte impropriamente, sono state individuate per la preliminare identificazione, in quanto non idonee ad ospitare le persone per un tempo prolungato.

Infine, in merito all’istituzione di un gruppo di lavoro annunciato dal Presidente della Regione FVG, che dovrebbe realizzare un protocollo sanitario per la tutela della salute dei migranti e degli stessi operatori di polizia, auspichiamo che a quel tavolo siano chiamati coloro che giornalmente lavorano sul “campo” e non sia un’attività di mera teoria posta dai vertici delle amministrazioni interessate che, come in passato, non ha portato dei concreti benefici, ma solo uno smisurato allungamento delle procedure con le relative responsabilità lasciate ai singoli poliziotti e agli operatori sanitari che di notte, magari dopo 18-20 ore di lavoro, sono chiamati a risolvere i problemi che nessuno ha mai considerato.

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