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Cronaca

Il Premio Sakharov 2016 Lamiya Aji Bashar a Trieste per sensibilizzare sulla questione Yazida

Aji Bashar sopravvissuta all'Isis è il simbolo della resistenza della comunità Yazida

La questione Yazida in primo piano oggi a Trieste, dove ha fatto tappa il Premio Sakharov 2016 Lamiya Aji Bashar, insignita del prestigioso riconoscimento dal Parlamento Europeo a fine 2016 insieme a Nadia Murad, e da allora impegnata quotidianamente come attivista e testimonial della causa Yazida.
Affiancata da Mirza Dinnay - membro dello Yezidi Coucil e fondatore della ONG "Yezidi Bridge" - Lamiya Aji Bashar è stata protagonista dell’incontro promosso dalla Fondazione Luchetta e dal Premio giornalistico internazionale Marco Luchetta con il progetto “Diamo un futuro agli Yazidi”, sostenuto dalla Regione Friuli Venezia Giulia e promosso dall’Università degli Studi di Trieste.

«Sono 2500 i bambini Yazidi ancora nelle mani del terrorismo islamico: piccoli schiavi che vengono continuamente venduti nelle aree rimaste sotto il controllo dell’Isis», ha dichiarato Aij Bashar. «Quella del popolo Yazida e’ una vera e propria diaspora - ha commentato Mirza Dinnay - nella zona d’origine è’ rimasta solo la meta’ della popolazione, circa 500mila cittadini. Dal 2014, quando sono cominciate le persecuzioni dell’Isis, il 20% della popolazione è riuscita a scappare in Grecia, Nei Paesi balcanici e soprattutto verso la Germania. Gli altri vivono da sfollati interni nei campi di accoglienza del Kurdistan, in condizioni molto difficili. Una situazione comune a quella delle minoranze cristiane dell’area».

«Qualcosa è cambiato dopo la consegna del Premio Sakharov a me e Nadia Murad – ha spiegato ancora Lamiya Aji Bashar - L’attenzione del mondo è cresciuta e abbiamo aumentato l’attivita' di sensibilizzazione. Ma l’Europa puo’ e deve fare ancora molto per la causa della nostra comunità, favorendo la creazione di aree in cui il popolo Yazida possa vivere senza subire violenza Is».
Sopravvissuta all’Isis e simbolo della resistenza della comunità Yazida alle violenze di Daesh, Lamiya Aji Bashar fu imprigionata come schiava a soli 16 anni. Piu’ volte aveva tentato di scappare e nell’ultima fuga si era miracolosamente salvata dall’esplosione di una mina, grazie alla presa in carico e alle cure del centro sociale Jinda a Dohuk, creato e finanziato dal governo italiano.

«Siamo lieti di avere Lamiya Aji Bashar qui con noi oggi - ha dichiarato Daniela Luchetta, presidente della Fondazione Luchetta - la nostra casa di via Valussi dalla primavera 2016 ha accolto una ventina di bambini yazidi con le loro famiglie, nell’ambito di un progetto regionale che considero estremamente importante. Questa visita permette di tornare a dare luce alla questione della popolazione yazida, e tenere sempre visibile un tema urgente e complesso. Lavoriamo ogni giorno per aiutare questi bimbi e assieme ai medici del Burlo Garofolo stiamo migliorando le loro condizioni di vita e la loro salute. Il nostro compito è ringraziare la Regione Fv, la  Fondazione Beneficentia Stiftung e  il Rotary Club con la presidente Cristina Pedicchio che ci affiancano in questo progetto e tutte le persone che donano alla Fondazione, perché le risorse sono necessarie per sostenere i costi delle cure per questi bambini. Grazie a Lamiya di essere qui con noi, perché condividiamo gli stessi obiettivi: sensibilizzare le persone sul tema della popolazione yazida, migliorare concretamente le loro condizioni di vita, mostrare che contrastare l’odio è possibile, e che anche a piccoli passi come i nostri - persona per persona, bambino per bambino - è possibile coltivare l’amore e la fratellanza. In questa direzione vanno anche il Premio Luchetta e Link, festival del buon giornalismo: perché informare, denunciare e conoscere conducono verso libertà, solidarietà e giustizia».

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