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Cronaca

Allarme cinghiali a Trieste, Federcaccia: «Disponibili al confronto, evitare fanatismi ed estremismi»

È quanto afferma in una nota Federcaccia a proposito della questione dei cinghiali in città: «L’attività venatoria è uno strumento di conoscenza, conservazione e gestione delle specie selvatiche, in poche parole uno strumento compatibile con la conservazione della natura»

«Presa visione degli innumerevoli articoli comparsi sui quotidiani regionali nelle scorse settimane, riguardanti il problema dei cinghiali a Trieste, la Federcaccia vuole esporre una visione quanto più tecnica possibile, riguardante l’attività venatoria come modalità di gestione e conservazione di una risorsa rinnovabile, come la fauna selvatica. In una visione moderna, l’attività venatoria è uno strumento di conoscenza, conservazione e gestione delle specie selvatiche, in poche parole uno strumento compatibile con la conservazione della natura». È quanto afferma in una nota Federcaccia a proposito della questione dei cinghiali in città.

«Sulle accuse recentemente mosse a mezzo stampa ai cacciatori - spiegano - , riguardanti la presenza (ora considerata invadente se non addirittura pericolosa) dei cinghiali a Trieste, ci sono alcune precisazioni da fare. L’attività venatoria nei confronti di questa specie viene svolta, sul territorio provinciale, esclusivamente attraverso la caccia di selezione che non ha nulla a che vedere con le battute al cinghiale con decine di cani e cacciatori (che certi avversari della caccia affermano erroneamente che si svolgano a Trieste esponendo a pericoli gli escursionisti). La programmazione e lo svolgimento del prelievo selettivo sono dettagliati, e richiedono uno sforzo attuativo ed un coordinamento costante durante tutto l’anno».

«La L.R. 14/87 - continua la nota -  prevede che le Riserve di caccia adempiano all’obbligo di svolgere, almeno due volte all’anno, i censimenti pre e post riproduttivi, di stendere una proposta di piano di prelievo (avvalendosi di figure professionali) con una percentuale di prelievo precisa per la specie, che non deve essere oltrepassata, suddivisa in classi di sesso ed età, in base allo status di conservazione della popolazione. Il piano di prelievo passa al vaglio dell’Amministrazione Regionale, che lo può confermare e rendere operativo o rispedire al mittente, specificandone le modifiche. La Riserva di caccia deve accettare le modifiche della Regione se vuole praticare la caccia di selezione. Questo iter si ripete ogni anno. Ogni capo assegnato alle Riserve di caccia, subito dopo il prelievo effettuato da un solo cacciatore, deve essere dotato di una fascetta di plastica (contrassegno inamovibile) e deve essere visionato da un verificatore, che ne valuta sesso ed età; il tutto va riportato su un apposito registro. La correttezza del prelievo selettivo viene giudicata inoltre da un apposita Commissione del Distretto Venatorio, a cui prendono parte anche dei rappresentanti dell’Amministrazione Regionale competente. Irregolarità e sforamenti nel prelievo vengono puntualmente sanzionati».

«Sul fatto - sottolineano -  che poi si utilizzino i punti di foraggiamento a scopo attrattivo per il prelievo del cinghiale ciò non deve fare scandalo. Il cinghiale non esce allo scoperto se non ha un buon motivo per farlo, e cos’è più attraente del cibo? Nonostante questo accorgimento però il suide può non frequentare il punto di foraggiamento per settimane, oppure presentarsi nelle giornate ed in orari di silenzio venatorio, durante le quali la caccia non è consentita. Inoltre, la tecnica del foraggiamento attrattivo ha lo scopo di individuare correttamente il capo da prelevare e funziona anche a scopo dissuasivo affinché il cinghiale non vada in giro a creare danni ai coltivi. Detto tutto questo e pensando ai cinghiali che preferiscono cercare cibo in città, al sicuro e con qualche amorevole umano che offre loro un tozzo di pane, pensate ancora che la colpa della loro presenza sia da attribuire tutta ai cacciatori?»

«Negli articoli pubblicati - chiarisce Federcaccia -  si cita lo scarso impegno dei cacciatori a completare i piani di prelievo, dimenticandosi che si ha sempre a che fare con animali selvatici e quindi per definizione elusivi ed imprevedibili. Dal punto di vista prettamente tecnico, l’andamento di una popolazione di fauna selvatica, va valutato in un intervallo temporale più ampio, dato che l’analisi di un solo anno ci dà esclusivamente un’idea puntuale della gestione. Analizzando quindi i prelievi della specie cinghiale negli ultimi dieci anni si evidenzia come la specie sia fortemente soggetta a fluttuazioni annuali, anche considerevoli e complessivamente risulta chiaro il trend nettamente positivo degli abbattimenti. Volgendo lo sguardo alla vicina Slovenia, risulta lampante la diversa modalità di gestione della specie Cinghiale. Alcune classi sociali sono prelevabili tutto l’anno, senza alcuna limitazione di orario e utilizzando fonti luminose (quali torce e visori notturni) per attuare i prelievi».

«Le alternative gestionali - prosegue la Federazione - , più volte proposte da qualche lettore, per rimuovere i cinghiali dalle zone urbane senza ricorrere all’abbattimento, quando non esplicitamente proibite dalle attuali norme, non appaiono tecnicamente praticabili, o comportano rischi di determinare ulteriori impatti alla biodiversità. Per l’attivazione di forme di controllo della riproduzione, quali l’immunocontraccezione, si renderebbe comunque necessaria una fase di sperimentazione che ne verifichi l’efficacia e la praticabilità, assicurando un pieno rispetto delle procedure autorizzative  per l’uso delle sostanze previste. Questo non lo afferma la Federcaccia ma bensì l’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare) il massimo organo tecnico nazionale in materia. Una smentita è necessaria per quella leggenda metropolitana, alla quale fanno riferimento alcuni degli interventi, secondo la quale i “cacciatori” avrebbero immesso sul nostro territorio dei capi di cinghiale a scopo venatorio: ciò non è assolutamente vero e sarebbe il caso che chi sostiene tali falsità provasse e fornisse la prova di quanto afferma! Desideriamo concludere l’intervento con delle note ottimistiche, che speriamo facciano riflettere».

«Molte volte - conclude la nota -  il mondo venatorio si è detto disponibile a confrontarsi e a collaborare anche con chi la pensa diversamente, soprattutto perché, in fondo, l’obiettivo degli uni e degli altri consiste sempre nella realizzazione della conservazione della natura e della vigilanza, con modalità diverse ma con lo stesso spirito. Non sarebbe allora giunto il momento di usare meglio le energie, mettendo da parte interessi, favoritismi e simpatie di vario tipo, lavorando per un obiettivo comune? I fanatismi e gli estremismi non fanno bene alla fauna e non portano da nessuna parte!!! Se abbiamo veramente a cuore la conservazione della natura tiriamoci su le maniche e lavoriamo assieme».

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