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Cronaca

Festa di Ognissanti, l'atmosfera nelle chiese di Trieste (reportage)

Abbiamo visitato le chiese della nostra città e abbiamo provato ad immaginare un viaggio indietro nel tempo, quando le diverse confessioni religiose decisero di erigere i loro luoghi di culto proprio qui a Trieste. Uno spaccato di memoria suggestiva, coronato dalla presenza attuale di rabbini, vescovi, imam e protopresbiteri

È una giornata di marzo e un mercante levantino sbarca sul fronte mare. I primi passi risultano incerti, si odono lingue orientali, slave e latine. Il profumo dell’incenso copre quello maledorante del salmastro. Lo spaesamento è evidente. Mentre si sistema il copricapo intravede un edificio a doppio campanile. “Ágios Nikólaos” sussurra come fosse l’inizio di un rosario. Attraversa il portone d’entrata, si fa il segno della croce e inizia a pregare.

Inizia tutto a metà del Settecento

Questa scena è ambientata a Trieste durante la seconda metà del Settecento, ma con una buona dose di fantasia potrebbe rappresentare benissimo i giorni nostri. Il santo che il mercante si accinge a pregare è San Nicolò, che dà il nome al tempio costruito nella seconda metà del XVIII secolo proprio ad opera della comunità ellenica triestina. Sono gli anni in cui Demetrio Carciotti, commerciante, giunge qui con il suo manifesto mercantile. Esso rappresenta l’ambizione dello spirito commerciale che si respira in cima all’Adriatico durante il secolo dei Lumi. La versione ufficiale racconta che la chiesa venne costruita sul fronte mare per permettere ai marinai e mercanti greci un più semplice accesso alle funzioni. Un’ulteriore causa è da ricercare nello scisma che emerse in quegli anni all’interno della comunità illirica di fede ortodossa.

San Spiridione

San Spiridione come la vediamo oggi assomiglia a qualche chiesa del Mediterraneo orientale. Essa però non ha sempre avuto la forma attuale: viene costruita nel 1753 e dopo alcuni crolli dovuti all’instabilità del terreno, viene riedificata nel secolo successivo, esattamente nel 1861. La struttura originaria possedeva un doppio campanile – proprio come San Nicolò – e alle funzioni, inizialmente, assistevano tutti i fedeli della nazione illirica. Ciononostante i serbi si lamentano della messa recitata esclusivamente in greco. Protestano. La disputa arriva fino a Vienna e si decide per l’alternanza. Per i serbi è una grande vittoria, per i greci quasi un fallimento. San Nicolò nasce così, per scisma.

Il 1751 e l'Editto di Maria Teresa

I serbi e i greci sono i primi a dotarsi di uno statuto e di propri luoghi di culto. È conseguenza dell’Editto del 1751, quando Maria Teresa concede agli illirici la possibilità di costituirsi in comunità. Il Settecento è il momento in cui si manifesta il mito della città aperta verso chiunque abbia un motivo ben valido per trasferire qui i propri offici e in fondo sopravvive ancora. Mettersi in cammino tra le vie del centro cittadino restituisce un’istantanea del trapassato remoto, quella composta da mendicanti e mercanti, viandanti e pellegrini in cerca del mantello di San Sebastiano e dagli uomini di poca volontà, affaristi, opportunisti, briganti e banditi. Oggi quel fremito di diversità sembra rivivere, preso in prestito dal passato che fece di questo spazio adriatico una decanter di lingue e di culture, di liturgie e di mappe di carta velina da sovrapporre le une alle altre. Il borgo Teresiano è l’area dove queste nuove comunità trovano casa: è una zona dove oggi brulicano negozi e piccoli locali che popolano le strette vie, costruite sul reticolo delle saline che fino al Settecento venivano sfruttate dai triestini.    

Sette cimiteri per sette confessioni religiose 

Trieste come New York, Londra o Berlino

Trieste al tempo vive di una luce tutta sua. La città è sulla bocca di tutti, le persone giungono qui spinte dalle opportunità, vivono quel periodo alla stregua dei giovani che oggi partono in cerca di fortuna verso New York, Londra o Berlino. La diversità relilgiosa si sviluppa, nei due secoli successivi agli editti teresiani, anche per queste ragioni

La sinagoga

Gli ebrei triestini infatti durante quel periodo hanno le loro “scuole e università”, (così venivano chiamate le sinagoghe al tempo). Il tempio ebraico come lo si può ammirare nei giorni nostri viene inaugurato appena nel 1912, su progetto dagli architetti Berlam. Esso è uno dei primi esempi in Europa di edificio costruito con il cemento armato e, particolare da non sottovalutare, viene edificato al di fuori del perimetro del ghetto (caso molto raro), situato nei pressi di piazza della Borsa.  Tra il vapore delle macchine di caffè e il pentagramma furbesco del dialetto, i viaggiatori di oggi potrebbero fermarsi a conversare con lo stavroforo della chiesa serbo-ortodossa di San Spiridione, padre Raško Radović; potrebbero imbattersi nel padre rettore dei greci Gregorio Miliaris, nel rabbino Alexander Meloni, nell’imam Nader Akkad oppure nell’arcivescovo Giampaolo Crepaldi. La Trieste di Maria Teresa possiede quell’anima religiosa e plurale che nel lascito testamentario d’epoca asburgica si abbevera ancora oggi.

I valdesi e gli anglicani

Le genti che qui arrivano portano con sé le loro tradizioni e le loro culture e, naturalmente,  impiantano gli embrioni per l’istituzione di confessioni religiose tra le più diverse: l’islam fa la sua comparsa a Trieste fin dal Settecento – la comunità possiede anche un proprio camposanto. I luterani edificano il proprio tempio alla fine dell’Ottocento nei pressi dell’edificio delle Poste e lo stesso fanno gli armeni nell’area vicina al rione di Cavana. Sul tramonto del Settecento alle pendici del colle di San Giusto i valdesi entrano in possesso della chiesa di San Silvestro e infine gli anglicani, costruiscono il loro luogo di culto nella zona dell’odierna via San Michele intorno al 1830.

La Trieste di oggi

Nella Trieste contemporanea, non molto distante nel tempo da quella che fu l’epoca asburgica, convivono vescovi e rabbini, assicurazioni e candelabri accesi, San Silvestro e il capodanno ortodosso; sopravvivono tradizioni e particolarità uniche, pressoché introvabili nel resto della penisola italiana. Una su tutte, forse, è legata al mondo ellenico: il giorno dell’Epifania davanti a San Nicolò il rettore dei greci lancia una croce di legno nel mare Adriatico: il timorato che la recupererà, riceverà un’indulgenza speciale. Costantinopoli è veramente a due passi.

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