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Cronaca

Dolore senza voce: la ricerca del Burlo sui bambini con disabilità cognitive

"La loro incapacità di verbalizzare dolore e paura, dunque di portare a consapevolezza quanto stanno vivendo, fa sì che il dolore risulti amplificato rispetto ai loro pari, e che spesso non sia rilevato adeguatamente dal personale ospedaliero"

Provano dolore ma non sanno esprimerlo. Sono spaventati, ma non sanno gestire l'esperienza, perché l'area corticale che governa i comportamenti cognitivi complessi non funziona. Un'immersione totalizzante nel dolore e nella paura è, dunque, ciò che provano i bambini con disabilità cognitiva (da paralisi cerebrale infantile o altre patologie genetiche) durante manipolazioni terapeutiche anche semplici come i prelievi ematici (veni-puntura). Ma il personale ospedaliero ne è consapevole? Per migliorare la gestione clinica in pazienti pediatrici con deficit intellettivo da parte di personale già qualificato, e colmare una lacuna conoscitiva sulla loro gestione ospedaliera l'IRCCS di Trieste Burlo Garofolo ha guidato uno studio congiunto assieme ad altri tre centri italiani: il dipartimento di salute materno-infantile dell'Università di Padova, l'Azienda Ospedaliera "Civico – Di Cristina – Benfratelli" di Palermo e l'Ospedale di Dolo Mestre - ULSS3 Serenissima.

Diagnosi tardive

La ricerca è stata condotta su casi clinici che rappresentano, fortunatamente, una minoranza (la frequenza della paralisi cerebrale infantile è di 3/1000), per stabilire frequenza e modalità con cui il personale ospedaliero interviene a ridurre lo stress e il dolore dato dalle manipolazioni terapeutiche. "Spesso i bambini con deficit cognitivo ricevono una diagnosi di dolore tardiva e meno analgesici dei coetanei normodotati. La loro incapacità di verbalizzare dolore e paura, dunque di portare a consapevolezza quanto stanno vivendo, fa sì che il dolore risulti amplificato rispetto ai loro pari, e che spesso non sia rilevato adeguatamente dal personale ospedaliero", spiega Egidio Barbi, Direttore del Dipartimento di Pediatria all'IRCCS Burlo Garofolo di Trieste. Si tratta di dolore correlato a molti disturbi derivanti dalla condizione clinica: dal reflusso gastroesofageo, a sublussazioni articolari, osteoporosi, stipsi, spasmi muscolari, carie dentarie ed altro.

Burlo Garofolo: primo in Italia e 28esimo nel mondo per qualità ricerca 

Qualche dato

Circa il 75% dei bambini con deficit cognitivi prova dolore durante una settimana standard e il 50% circa trascorre una media di 9-10 ore alla settimana con un dolore moderatosevero, scindibile in due componenti fondamentali: una componente derivante da complicanze e patologie correlate alla condizione di base, che sono identificabili e trattabili (90%), e una componente iatrogena da procedure mediche (venipunture, interventi chirurgici) (10%).

Uno studio primo nel suo genere

Lo studio - il primo del suo genere a occuparsi di questa tipologia di pazienti pediatrici - è iniziato nel 2016 e si è concluso all'inizio del 2018, prendendo in esame 47 bambini con deficit intellettivo e 94 normodotati (è pubblicato su European Journal of Pediatrics). Un osservatore esterno scelto da ognuno dei centri partecipanti ha monitorato le procedure di cura cui sono stati sottoposti i pazienti, registrando l'uso di anestetico locale, l'adozione di strategie di distrazione (bolle di sapone, musica, cartoni animati) e l'uso di abbracci, carezze, o di conforto verbale. Sono stati misurati dolore e ansia/paura in entrambe le popolazioni mediante scale dedicate e giudizio dei genitori.

Indagine strutturata

La ricerca ha confermato che i bambini con disabilità cognitiva afferenti ai centri coinvolti nello studio ricevono effettivamente un elevato numero di trattamenti per alleviare dolore e ansia, ma che, dati i loro alti livelli di stress dovuti alla disabilità cognitiva, forse ciò non è ancora sufficiente. "Serviva un'indagine strutturata che riconoscesse i livelli di dolore/stress in pazienti pediatrici con deficit intellettivo, e li misurasse in maniera univoca," conclude Barbi. "Anche per offrire più strategie alle famiglie che vedono la sofferenza del figlio ma non sanno sempre come gestirla al meglio. Da questa base di partenza possiamo ora procedere realizzando dei protocolli standardizzabili per migliorare le procedure". Significativo ciò che una mamma ha detto del figlio, e che esprime la sua impotenza nella gestione del dolore: "Mio figlio è come il cubo di Rubik: quando una faccia è a posto, le altre sono tutte scombinate. E gli aggiustamenti non si fermano mai".

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