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Cronaca Via del Coroneo

Ferragosto di fuoco in carcere: distrugge lavabo e wc della cella e da fuoco alle coperte

Il segretario regionale Altomare: «Non si contano le celle che ha distrutto: al rientro dall'ospedale ha fatto a brandelli il materasso in spugna ignifugo della cella e riversandolo nel corridoio»

Resta alta la tensione nel carcere di Trieste dopo quanto avvenuto ieri mattina, 15 agosto in via Coroneo. Lo denuncia con forza il Sindacato autonomo polizia penitenziaria (Sappe) che da tempo sollecita provvedimenti urgenti per il penitenziario triestino. 

«Ieri, nel giorno di Ferragosto, verso le ore 7.30 un detenuto quarantacinquenne pluripregiudicato di origine slava, in attesa di primo giudizio, con evidenti problemi psichici, dopo aver urlato per quasi tutta la notte, molestando il sonno degli altri ristretti, ha dapprima distrutto la cella rompendo lavabo, tazza del water e suppellettili vari, per poi dare fuoco alla cella incendiando una coperta, non prima, di aver lanciato nella sezione detentiva (a regime chiuso) vari pezzi di ceramica, colpendo alla testa un detenuto ubicato nella stessa sezione - racconta il segretario regionale Sappe Giovanni Altomare -. Solo grazie al pronto intervento del personale di Polizia penitenziaria, che ha dovuto usare l'idrante per spegnere l'incendio e consentire l'uscita dalla cella del detenuto, ormai avvolto dalla nube di fumo, che non ci sono state gravissime conseguenze. È stato necessario comunque l'intervento del 118 per il trasporto del detenuto in Ospedale».

«Da quando tale soggetto è in questo carcere (circa cinque mesi) non si contano le celle che ha distrutto - prosegue Altomare -; l'ultimo evento risale a due giorni fa. Quello che non riesco a spiegarmi è come, nonostante i ripetuti danneggiamenti posti in essere da detto energumeno, questo detenuto possa continuare a lavorare come scopino nella sezione, circostanza che può essere interpretata come segnale di impunità. Non solo: sempre ieri, rientrato dall'ospedale, ha continuato la sua performance, urlando come un forsennato, facendo a brandelli il materasso in spugna ignifugo della cella e riversandolo nel corridoio della sezione».

«Un’esperienza allucinante, gestita con grande sangue freddo e professionalità dai bravi agenti di Polizia penitenziaria - commenta il segretario generale Sappe Donato Capece -. Il grave fatto accaduto a Trieste conferma la tensione che continua a caratterizzare le carceri, al di là di ogni buona intenzione. Le carceri sono più sicure assumendo gli agenti di Polizia penitenziaria che mancano, finanziando gli interventi per potenziare i livelli di sicurezza delle carceri. Altro che la vigilanza dinamica, che vorrebbe meno ore i detenuti in cella senza però fare alcunchè. Non ci si ostini a vedere le carceri con l’occhio deformato dalle preconcette impostazioni ideologiche, che vogliono rappresentare una situazione di normalità che non c’è affatto». 

«Gli Agenti di Polizia penitenziaria devono andare al lavoro con la garanzia di non essere insultati, offesi o peggio da una parte di popolazione detenuta che non ha alcun ritegno ad alterare in ogni modo la sicurezza e l’ordine interno - continua Capece -. Non dimentichiamo che contiamo ogni giorno gravi eventi critici, episodi che vengono incomprensibilmente sottovalutati dall’Amministrazione penitenziaria. E soggetti protagonisti dei gravi eventi critici come quelli accaduti a Trieste dovrebbero trovare posto in strutture ad hoc». 

Capece ricorda che il Sappe e le altre organizzazioni sindacali della Polizia penitenziaria hanno interrotto le relazioni sindacali con il Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria a decorrere dal giorno 26 luglio 2017: «Da Perugia a Verona, da Prato a Piacenza, da Rieti a Cassino, da Frosinone a Gorgona: sono solo alcune delle realtà in cui sono in atto mobilitazioni da parte del personale di Polizia penitenziaria a causa di condizioni di lavoro sempre meno sopportabili. Una serie di aggressioni violente nei confronti del personale, si stanno registrando all’interno dei reparti penitenziari, generando allarme fra il personale, nell’apparente disinteresse dell’Amministrazione Penitenziaria e del mondo politico in generale e senza che la stessa Amministrazione dia segno di voler correggere in alcun modo i percorsi custodiali attivati da qualche tempo. Nulla si muove, non si portano a conclusione le materie affrontate e la quotidianità, specialmente nelle periferie, si snoda sulla speranza che le condizioni non peggiorino». 

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