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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca

Lavoro accessorio in Fvg: 50mila persone coinvolte, 5,3 milioni di voucher venduti nel 2015

Uno su quattro non viene riscosso

Il Friuli Venezia Giulia, con le Marche, è la regione italiana in cui il fenomeno del lavoro accessorio è maggiormente diffuso in relazione ai livelli occupazionali (la sua incidenza è pari al 2,3% in Fvg e al 2,4% nelle Marche). Nel 2015 in regione, a quanto emerge da un’indagine Ires Fvg su dati Inps e Istat curata dal ricercatore Alessandro Russo, si sono venduti quasi 5,3 milioni di voucher, un milione e mezzo in più rispetto al 2014 (+40%). Negli anni precedenti si è progressivamente passati da meno di 250mila voucher venduti nel 2009 a 3,8 milioni nel 2014, una tendenza comune all'intero territorio nazionale; dopo una fase di sperimentazione iniziata ad agosto 2008 in occasione delle vendemmie, l'utilizzo dei buoni lavoro ha registrato una crescita esponenziale.

I comparti

Il ricorso al lavoro accessorio in Fvg (e in Italia) ha riguardato principalmente il terziario: nel 2015 commercio, servizi e turismo hanno assorbito il 40% del totale. In flessione solo l’agricoltura (-7,4%), proprio il comparto per cui era stato concepito originariamente lo strumento. La finalità iniziale, mutuata dalle esperienze di altri paesi europei, era infatti quella di regolamentare rapporti di lavoro occasionali a carattere saltuario e di breve durata. Con la riforma contenuta nella legge 92 del 2012 viene permesso di fatto l’utilizzo di lavoro accessorio per qualsiasi tipologia di attività. Tanto che nell'ultimo anno è cresciuto soprattutto l'aggregato "altre attività", dove il numero dei voucher è quasi raddoppiato (+92%); incrementi rilevanti anche nei lavori domestici (+87%), nelle manifestazioni sportive e culturali (+41%) e nel turismo (+34,5%).

I canali di vendita

L’Ires Fvg evidenzia inoltre la sempre maggiore facilità di reperimento dei voucher da parte dei datori di lavoro. A partire dal 2014 il canale di vendita principale in regione non è più costituito dalle sedi provinciali dell'Inps (dove è stato acquistato solo il 7,7% dei voucher nell’ultimo anno) ma dai tabaccai (72,3%); a seguire la procedura telematica (11,2%).

I prestatori

Sempre nel 2015 il lavoro accessorio ha riguardato oltre 50mila persone in Fvg (1,4 milioni in tutta Italia), in gran parte giovani (la metà ha meno di 35 anni) e donne (sono il 56%). La quota femminile impegnata in attività retribuite con i buoni lavoro è la più elevata a livello nazionale dopo la Valle d’Aosta. La componente femminile risulta maggioritaria in tutti settori, tranne che nelle attività agricole e nell'ambito del giardinaggio e delle pulizie.

I compensi

I voucher riscossi in Fvg hanno sfiorato i 4 milioni nel 2015, il 74,6% di quelli venduti. Il numero medio per lavoratore ammonta a circa 78, per un compenso netto di 587 euro all’anno. Non si rilevano significative differenze in base al sesso, mentre le retribuzioni crescono decisamente all'aumentare dell'età del prestatore (almeno fino ai 65 anni).

Le variazioni nelle regioni

Se la crescita nazionale dei voucher venuti nel 2015 rispetto al 2014 è stata del 35,7%, il Fvg ha fatto registrare l'incremento più contenuto (+8,1%); il Trentino Alto Adige è invece l'unica regione che ha evidenziato una diminuzione (-9,1%). Più in generale le regioni del Nordest, dove tale fenomeno si è affermato già da alcuni anni, mostrano variazioni inferiori rispetto al resto del Paese (complessivamente l’aumento è del 25%).

Lo scarto venduti/riscossi, le considerazioni dell’Ires Fvg

Un elemento anomalo che emerge dai dati diffusi dall'Inps è costituito dal notevole scarto esistente tra il numero di voucher venduti, oltre 115 milioni nel 2015 (per un valore nominale complessivamente pari a 1,15 miliardi di euro), e quelli riscossi, ossia 88 milioni. Tale forte discrepanza si può riscontrare su tutto il territorio nazionale e risulta particolarmente accentuata in Trentino Alto Adige, dove il numero di voucher riscossi è pari ad appena la metà di quelli venduti. È possibile che, trattandosi di dati amministrativi, successivi aggiornamenti delle banche dati possano in parte ridurre tale divario, ma è anche vero che questi dati erano già stati anticipati (e dunque avallati) il 22 marzo da un report congiunto, elaborato da Ministero del Lavoro e Inps. Peraltro, nel comunicato che accompagnava il report, si sosteneva la necessità di rendere questo strumento pienamente tracciabile, per evitare «comportamenti illegali ed elusivi delle aziende che acquistano il voucher, comunicano l'intenzione di utilizzarlo ma poi lo usano solo in caso di controllo da parte di un ispettore del lavoro». Il fatto che un quarto dei buoni lavoro venduti non siano stati riscossi sembra confermare questa tendenza, anche perché l'Inps aveva calcolato (nel suo Rapporto Annuale 2013) che, tra la data di acquisto dei voucher da parte dei committenti e la data di riscossione effettiva da parte dei lavoratori, passano in media meno di 2 mesi (circa 50 giorni). L'attività ispettiva, sempre secondo il Ministero del Lavoro, ha inoltre confermato che le violazioni più ricorrenti sono rappresentate dall'utilizzo del lavoratore per più ore o più giornate rispetto a quelle dichiarate, oppure dal pagamento della retribuzione in parte attraverso buoni lavoro e in parte "in nero". Sempre dalla lettura dello stesso report si apprende che a livello nazionale ci sono 15 committenti che nel 2015 hanno comprato voucher per un valore superiore a 1 milione di euro (ciascuno).

Il commercio risulta il settore dove è minore lo scarto tra voucher riscossi e venduti (i primi costituiscono quasi il 90% dei secondi), seguito dal turismo (88%) e dalle attività di giardinaggio e pulizia (87%). Al contrario i lavori domestici (53%), le manifestazioni sportive e culturali (62%) e le attività non classificate (67%) presentano i divari più marcati. Quest’ultimo raggruppamento in origine comprendeva le attività non codificate svolte da studenti, pensionati, percettori di prestazioni a sostegno del reddito, lavoratori in part-time, oltre al lavoro in maneggi e scuderie, all’insegnamento privato e supplementare, alla consegna porta a porta. Poi, con la progressiva liberalizzazione dell’utilizzo dei voucher, ha finito per comprendere anche settori come l’edilizia e l’industria, ed è diventata la categoria più rilevante dal punto di vista numerico (nel 2015 ha assorbito il 42% del totale dei voucher venduti).

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