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Cronaca

Giorno del ricordo, Dipiazza: "Troppi anni di colpevole silenzio"

"Per oltre sessant’anni la realtà dei fatti è stata volutamente dimenticata, nascosta, stravolta e misconosciuta con la complicità silenziosa di Stati, Governi e politici. Il buio dell’oblio finalmente è stato squarciato dalla luce della verità".

"Ora non è più concesso alla storia di smarrire l’altra parte della memoria. Dopo troppi anni di colpevole silenzio, il 30 marzo del 2004 il Parlamento italiano ha istituito il Giorno del Ricordo, dedicato ai Martiri delle foibe e alle vittime dell’esodo giuliano dalmata del nostro confine orientale. Cari amici e soprattutto carissimi ragazzi, la retorica della memoria non serve a molto se non comprendiamo a fondo quello che e’ accaduto su queste terre da parte dei partigiani comunisti di Tito tra il settembre del 1943 ed il febbraio del 1947 ed a guerra finita". Lo ha dichiarato il sindaco Dipiazza durante la cerimonia solenne di questa mattina, 10 febbraio, alla Foiba di Basovizza.

"Per oltre sessant’anni la realtà dei fatti è stata volutamente dimenticata, nascosta, stravolta e misconosciuta con la complicità silenziosa di Stati, Governi e politici. Da appena 15 anni, l’Italia, la nostra casa, la Patria di noi tutti ha cominciato a prendere piena coscienza di quanto è accaduto su queste terre dove una lunga scia di sangue è stata tracciata dai partigiani jugoslavi di Tito e dove, purtroppo, i comunisti italiani hanno svolto un ruolo non marginale. Il buio dell’oblio finalmente è stato squarciato dalla luce della verità. In quegli anni, oltre alle mire annessionistiche di Tito, Stati, Governi, politici con la propria inerzia sono stati complici dei carnefici. Unitamente ai Trattati di Pace e alla ridistribuzione dei confini, sono stati la causa principale dell’esodo di 350 mila italiani di Istria, Fiume e Dalmazia costretti ad abbandonare i propri affetti, le proprie radici, per diventare esuli nel Mondo. Per non tradire ancora gli esuli fiumani, istriani e dalmati e le altre vittime innocenti, è nostro dovere ricordare".

"Durante la Seconda Guerra Mondiale e nei 40 giorni di terrore di occupazione della città da parte delle bestie di Tito, migliaia di persone vennero gettate in questa foiba ed in altre voragini solo perchè avevano la colpa di essere italiani della Venezia Giulia e della Dalmazia. Legati tra loro con il filo di ferro, per molti la morte non arrivava subito, ma dopo lunghe agonie dovute alla lacerazione della carne e alle ferite riportate nella caduta".

"In quegli anni ed in quei giorni, inoltre, la propaganda anti-religiosa portata avanti da Tito si è macchiata anche del sangue di Don Bonifacio sparito nella notte dell’11 settembre del ‘46 perche’ rappresentava un ostacolo inaccettabile alla diffusione dell’ideologia comunista. In uno dei tanti scritti di Monsignor Santin, Vescovo di Trieste e Capodistria, anche lui aggredito nel ’47, si percepisce bene l’atmosfera che regnava in città: “vivissimo era l’allarme e lo spavento invadeva tutti – scrive monsignor Santin - in città dominava la violenza contro tutto ciò che era italiano. Tutti i giorni dimostrazioni di sloveni convogliati in città, bandiere jugoslave e rosse imposte alle finestre. Centinaia e centinaia d’inermi cittadini, guardie di finanza e funzionari civili, prelevati solo perché italiani, furono precipitati nelle foibe di Basovizza e Opicina. Legati con filo spinato, venivano collocati sull’orlo della foiba e poi uccisi con scariche di mitragliatrice e precipitati nel fondo”. Queste le sue parole. Le persone prelevate finivano nelle foibe o nei campi di concentramento, come quello di Borovnica, anticamera della morte".

"E’ stato l’Olocausto delle foibe, un eccidio di massa la cui dimensione dei cadaveri si misura in metri cubi. Sono tantissime le testimonianze, per anni tenute sotto silenzio o peggio denigrate, che oggi hanno almeno la consolazione di vedersi riconosciute.p> Grande merito ai produttori del film “Red Land – Terra Rossa” che ha portato all’attenzione dell’opinione pubblica questa parte della storia per troppo tempo tenuta nascosta. La crudezza delle immagini rende in parte il dramma di Norma Cossetto: una giovane italiana di 24 anni di Santa Domenica di Visinada che il 25 settembre del 1943 venne prelevata dai partigiani jugoslavi per essere poi legata ad un tavolo e violentata da diciassette animali prima di essere gettata nuda in una foiba sopra un letto di altri cadaveri istriani, con le braccia legate con il filo di ferro ed i seni pugnalati.

"Il 98enne Giuseppe Comand, insignito dell’onorificenza di Commendatore al merito della Repubblica, è l’ultimo testimone oculare del recupero dei corpi degli italiani infoibati. Scrive Comand: “l’orrore, ricordo l’orrore nei racconti dei miei compagni che si infilavano nella foiba per recuperare i poveri corpi, spesso per metterli nelle casse si smembravano. Le vittime italiane dei partigiani di tito, in gran parte civili, avevano i polsi stretti dal filo di ferro, ed erano stati legati uno all’altro per gettarli nel buco ancora vivi sparando solo al primo che faceva precipitare gli altri”. Significative anche le parole del cantautore Gino Paoli: “parte della famiglia di mia madre morì infoibata – dice Gino Paoli – la caccia all’italiano faceva parte della strategia di Tito. I partigiani titini, appoggiati dai partigiani comunisti italiani, vennero a prenderli di notte: un colpo alla nuca poi giù nelle foibe. …La sinistra porta una responsabilità culturale, perchè il partito doveva coprire la connivenza dei partigiani rossi con la strategia di Tito…”. Afferma Paoli".

"Nel precedente mandato alla guida di Trieste ho voluto ridare il giusto onore al Monumento Nazionale del Sacrario di Basovizza, simbolo dei drammi che hanno interessato il Confine Orientale durante la Seconda Guerra Mondiale. Il 10 febbraio del 2007, inoltre, abbiamo inaugurato il Centro di Documentazione, qui accanto, a ricordo delle vittime delle truppe titine".

"Ebbene, cari amici, carissimi ragazzi: ora che la storia ricorda e vede con gli occhi della verità quanto accaduto in queste terre, è con grande disgusto che devo, dobbiamo subire ancora dei rigurgiti negazionisti da parte di alcune associazioni dell’Anpi e vedere presunti “storici” negazionisti essere ospitati da realtà vicine all’informazione, senza che nemmeno ci sia un contraddittorio. Vi dico allora che rimuovere il ricordo di un crimine, vuol dire commetterlo di nuovo. Il negazionismo può essere considerato lo stadio supremo del genocidio".

"In Istria continuano ad esserci piazze e strade dedicate a Tito, nostalgici continuano a sventolare a Trieste la stella rossa in determinate date rinnovando il dolore e alimentando l’odio e le divisioni. Personalmente sono per un processo di pacificazione che si fondi sul riconoscimento e rispetto delle reciproche sofferenze. Da sempre seguo concretamente questa strada con i fatti ed ho chiesto scusa per i crimini delle Leggi Razziali e della Shoah".

"Ad oggi aspetto, aspettiamo ancora tutti che qualcuno, dall’altra parte del confine, venga su questo terreno sacro e davanti a questo Monumento Nazionale; chieda scusa. Onore ai Martiri delle foibe. Viva Trieste, viva l’Italia".

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