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Cronaca

Parole O_Stili, la prima community contro la violenza 2.0

Oltre 300 tra giornalisti, manager, politici, docenti, comunicatori e influencer per contrastare l’ostilità in Rete

Una community trasversale di oltre 300 tra giornalisti, manager, politici, docenti, comunicatori e influencer per contrastare l’ostilità in Rete. Parole O_Stili è un progetto collettivo nato per far riflettere sulla non neutralità delle parole e sull’importanza di sceglierle con cura. L’iniziativa avrà il suo primo momento di confronto il 17 e 18 febbraio a Trieste quando, durante un evento organizzato assieme alla Regione Friuli Venezia Giulia, sarà presentato un “Manifesto della comunica-zione non ostile” scritto a più mani dalla community con l’obiettivo di ridurre, arginare e combattere i linguaggi negativi della Rete.

In particolare, durante la prima giornata di lavori aperta dalla Presidente della Camera Laura Boldrini, la community si confronterà su linguaggi e comportamenti digitali e sottoscriverà il “Manifesto della comunicazione non ostile”. Durante la seconda giornata, che vedrà la partecipazione di Enrico Mentana, saranno aperti al pubblico nove tavoli tematici (per iscriversi: www.paroleostili.it) su: social media e scritture; giornalismo e mass media; viaggi, sport e divertimento; politica e legge; business e advertising; in nome di Dio; giovani e digitale; bufale e algoritmi; bambini e social media.

Laura Boldrini, Presidente della Camera ha dichiarato: «Ritengo che sia molto utile unire le forze per lanciare una mobilitazione di tutti coloro che sono contrari all’odio in rete. L’hate speech non può rappre-sentare il prezzo da pagare per essere presenti sullo spazio digitale. Una community contro la violenza sul web fornisce uno strumento in più a disposizione di chi è impegnato a contrastare questo fenomeno ma anche di chi ne è, suo malgrado, vittima».

L’hate speech, secondo un’indagine dell’Osservatorio Giovani dell’Istituto Toniolo sul tema “Diffusione, uso, insidie dei social network” è un argomento molto sentito dai giovani italiani: 7 giovani su 10 (69,9%) l’hanno sperimentato in prima persona e quasi il 90% degli intervistati (89,4%) ne ha un’opinione negativa. Rosy Russo, ideatrice del progetto, ha commentato: «La Rete sta diventando il luogo privilegiato dell’incitamento all’intolleranza, all’odio, alla diffamazione. Parole O_Stili ha l’ambizione di invertire questo trend diffondendo online il virus positivo dell’inclusione e del rispetto grazie a una community capace di raggiungere quasi 4 milioni di persone su Facebook e 4 milioni su Twitter.

Se mettiamo insieme la paura di cadere nelle trappole della rete, di non riuscire a ”porgere l’altro tweet“, di essere in difficoltà ad essere se stessi, di non avere più la voglia di confrontarsi perché c’è sempre un troll dietro l’angolo ecco svelato l’origine di questo movimento di idee. Perché per noi le relazioni hanno il profumo del rispetto».

Parole O_Stili è la prima community in Italia contro la violenza 2.0 capace di raggiungere quasi 4 milioni di persone su Facebook e Twitter. È un progetto sostenuto da oltre 300 tra giornalisti, manager, politici, docenti, comunicatori e influencer della Rete. Le nuove generazioni usano in modo diffuso la rete e i social network, li considerano come parte integrante della propria realtà e vita sociale. Il web è considerato un mezzo imprescindibile per acquisire informazioni e i social uno strumento utile per scambiare opinioni, confrontarsi, allargare conoscenze, raccontare di sé.

Questa presenza pervasiva della rete per i Millennials, la prima generazione socializzata in connessione continua dal basso con il mondo, non significa, tuttavia, che il loro sia un uso incondizionato e acritico. La grande maggioranza è a conoscenza di insidie e rischi anche se non sempre è pienamente consapevole della loro portata e delle implicazioni. Diventa, quindi, esperienza comune essere vittima o spettatore passivo o complice più o meno involontario di situazioni spiacevoli e di pratiche corrosive. Accade spesso, in particolare, di imbattersi in diffusione di notizie false (“bufale”), in contenuti offensivi e discriminatori (“hate speech”), in provocazioni gratuite e accuse infondate (“trolling”).

La grande maggioranza delle persone ritiene che queste pratiche rendano i social più inaffidabili e un luogo meno ospitale. Manca, però, una condotta guida di comportamento che aiuti a non favorirne la diffusione e a disinnescare gli effetti. La dimensione e l’interesse pubblico acquisito da questo tema suggerisce non solo la necessità di ulteriori analisi, quantitative e qualitative, ma anche lo sviluppo di codici di comportamento, strumenti e strategie di azione che aiutino a contenere gli effetti corrosivi negativi che pratiche di questo tipo possono produrre.

L’INDAGINE

Indagine di approfondimento dell’ “Osservatorio Giovani” dell’Istituto Giuseppe Toniolo su “Diffusione, uso, insidie dei social network”, condotta a gennaio 2017 su un campione di 2182 persone, rappresentativo dei giovani italiani di età 20-34 anni. «Ognuno si regola in base alla propria sensibilità sia nel valutare l’affidabilità delle notizie da condividere sia nel lasciar cadere o nelle modalità di replica a provocazioni e insulti. Molti sono quelli che dopo essere stati “scottati” hanno deciso di limitare la presenza quantitativa e qualitativa in rete, diventando più cauti ma perdendo anche fiducia nelle possibilità di espressione e condivisione nei social - ha detto Alessandro Rosina, curatore dell'indagine - La dimensione e l’interesse pubblico acquisito da questo tema suggerisce non solo la necessità di ulteriori analisi, quantitative e qualitative, ma anche lo sviluppo di codici di comportamento, strumenti e strategie di azione che aiutino a contenere gli effetti corrosivi negativi che pratiche di questo tipo possono produrre».

La quasi totalità dei giovani tra i 20 e i 34 anni usa la rete, la grande maggioranza è presente sui social network. Tra questi, il 90,3 per cento ha un account su Facebook, segue Instagram con 56,6 per cento, Google+ con 53,9 per cento, Twitter 39,9 per cento. Rilevante è anche la presenza su LinkedIn, più orientato a profili professionali, che arriva al 22,4 per cento. Gli utenti di Pinterest arrivano al 20,4 e su Snapchat al 16,1 per cento (che sale al 27,4 per cento nella fascia più giovane del campione, gli under 22). Più di nicchia gli altri. Gli utenti di Facebook risultano anche i più assidui, presenti quotidianamente in oltre il 90 per cento dei casi (93%), seguiti da Intragram (74%) e Snapchat (56,9%). Lo strumento privilegiato per connettersi è lo smartphone (72,7%).

Rispetto alle attività svolte nell’ultima settimana, quelle più comuni sono leggere post di amici/follower (fatta “spesso” dal 74,1% degli intervistati), leggere news (63,2%), conversare privatamente tramite messanger (57,8%). Attività che comportano inserimento di contenuti sono meno frequenti ma coinvolgono una larga parte del campione: commentare post di propri contatti (49, 1%), postare materiale sulla propria pagina (40,7%), condividere news (35,4%), postare proprie foto o video su pagine altrui (32,6%). Di rilievo anche le voci “Leggere/cercare annunci di lavoro” (28,3%) e “Visitare account di personaggi pubblici” (26,6%), commentare una news su una pagina di media ufficiali (23,5%).

Nel complesso, la presenza attiva sui social dei giovani appare ampia, con intensa interazione e condivisione di materiali, news e opinioni. La grande maggioranza dei giovani intervistati considera i social uno strumento che consente, più della vita “offline” di comunicare i propri stati d’animo (69,2% concorda “molto o abbastanza”) ed esprimere apertamente il proprio punto di vista sulle questioni più controverse dell’attualità (71,3%), con linguaggio più schietto e diretto (70,1%). Allo stesso tempo emerge la consapevolezza dei rischi. Alto è infatti il consenso sul fatto che non vanno presi troppo sul serio perché i contenuti che vi si pubblicano possono essere tanto veri quanto “inventati” (86,6%).

Il modo di stare sui social è molto articolato. Il 27,6% usa la propria pagina/account come luogo di aggregazione, un diario in cui ci si racconta (17,1%), uno strumento per far emergere una parte altrimenti non evidente di sé (11,5%), per mettersi in mostra (7,7%) o utile come biglietto da visita (8,4%), ma per quasi il 20% è soprattutto un buco della serratura sulla vita degli altri. Poco meno del 5% lo usa prevalentemente come megafono per le proprie rivendicazioni. Se pensi al modo in cui stai sul Social Network sul quale trascorri più tempo, la tua pagina/account è...

L’HATE SPEECH

Un ulteriore tema problematico del web, sul quale è cresciuta molto l’attenzione pubblica, è l’”Hate speech” ovvero l’abuso di termini offensivi e l’espressione di odio e intolleranza verso persone o categorie sociali. Anche su questo tema la consapevolezza è elevata. L’opinione sull’Hate speech è negativa per quasi il 90% degli intervistati (89,4%). Solo al 30,1% non è mai capitato di imbattersi in tali gravi forme di discriminazione tramite un linguaggio violento. Il 10,5% si trova spesso davanti a situazioni di questo tipo. Il resto degli intervistati vi si imbatte occasionalmente.

Le vittime principali, nella percezione degli intervistati, sono gli immigrati (58,8%), singole persone pubbliche (37,1%), gli omosessuali (35,4%), i musulmani (33%), le donne (25,3). Una performance nella quale ti diverti a metterti in mostra 7,7 è una parte di te che altrimenti non emergerebbe 11,5. Il tuo curriculum e/o il tuo biglietto da visita 8,4 Il diario in cui racconti la tua vita mentre accade 17,1. Il buco della serratura da cui spiare la vita degli altri 19,9. Il megafono in cui gridare le proprie rivendicazioni 4,6. Il luogo di aggregazione in cui vai per incontrarti con le persone con cui ti piace stare 27,6.

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