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Cronaca

A Trieste il 30 per cento di decessi in più a causa del virus, lo studio dell'Inps

L'istituto ha effettuato uno studio sulla mortalità in Italia basandosi sui dati relativi ai decessi che affluiscono regolarmente e che risultano disponibili negli archivi amministrativi aggiornati al 30 aprile di quest'anno

L'Inps ha condotto uno studio sulla mortalità in Italia in due periodi, dal primo gennaio al 28 febbraio e dal primo marzo al 30 aprile: la scelta è stata compiuta per evidenziare gli effetti sulla mortalità della pandemia da Covid-19 che si è diffusa prepotentemente a partire dalla fine di febbraio.

La premessa

Questa la premessa dello studio dell'Inps. "Da quando l'epidemia di coronavirus è iniziata in Italia alla fine di febbraio, i cittadini hanno fatto affidamento sui dati ufficiali forniti dal Dipartimento della Protezione Civile per quanto riguarda i decessi dovuti al Covid-19. Si è discusso molto su quale potrebbe essere il numero vero dei deceduti. Molti epidemiologi hanno dichiarato che è plausibile che il numero dei morti per Covid-19 sia sottovalutato in quanto non tutti i decessi vengono testati con un tampone. Il periodo che stiamo attraversando ha svariate ripercussioni sulla mortalità sia in negativo che in positivo. Pensiamo ad esempio alle persone che muoiono per altre malattie, perché non sono riuscite a trovare un letto d'ospedale o perché non vi si sono recate per paura del contagio, oppure alla riduzione delle vittime della strada o degli infortuni sul lavoro per il blocco dell'Italia. Poi ci sono interrogativi su come sono realmente distribuiti i morti in relazione all’età e al sesso. In questo contesto si vuole dare un contributo basandosi sui dati relativi ai decessi che affluiscono regolarmente all’Istituto e che risultano disponibili negli archivi amministrativi (“Anagrafica Unica”) aggiornati al 30.04.2020".

I dati in regione

In Friuli Venezia Giulia si registra un incremento che va dal 10 al 30% in più di decessi a causa dell'epidemia. Nelle province di Udine e Gorizia si raggiunge un 10% in più, a Pordenone il dato sta tra il 10 e il 20% mentre a Trieste, la provincia più colpita, si arriva al +30% di mortalità. 

Le analisi

"Analizzando l’andamento della mortalità dal 1° gennaio al 28 febbraio 2020 si riscontra una situazione che possiamo definire di normalità. I primi mesi dell’anno, come accennato, sono stati interessati dall’epidemia influenzale strettamente correlata con l’andamento della mortalità". Le cose cambiano nell'analisi del secondo periodo. "La distribuzione per classi di età evidenzia un aumento del numero dei decessi giornalieri per tutte le fasce. In particolare, al nord nelle fasce 70-79 e 80-89 raddoppiano quasi il numero dei decessi mentre nel centro sud l’aumento è decisamente contenuto".

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"A metà marzo la situazione dei decessi è completamente cambiata rispetto alla fine di febbraio. L’epidemia si è propagata in quasi tutto il nord Italia e il numero dei morti da Covid-19, comunicati dal Dipartimento della Protezione Civile giornalmente, supera costantemente le 500 unità".

Da Nord a Sud

"Le province di Bergamo, Brescia, Cremona, Lodi e Piacenza presentano tutte una percentuale di decessi superiore al 200%. Quasi tutto il nord-ovest dell’Italia risulta interessato da un incremento dei decessi superiore al 50%. Le regioni che si affacciano sul mare Adriatico presentano incrementi contenuti ma significativi. Nel sud Italia, la Puglia, che è stata la regione interessata dai maggiori rientri dal nord alla vigilia dell’uscita del DPCM del 9 marzo, è quella che evidenzia un maggiore incremento della mortalità".

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"La quantificazione dei decessi per Covid-19, condotta utilizzando il numero di pazienti deceduti positivi fornito su base giornaliera dal Dipartimento della Protezione Civile, è considerata, ormai, poco attendibile in quanto influenzata non solo dalla modalità di classificazione della causa di morte, ma anche dall’esecuzione di un test di positività al virus. Inoltre, anche il luogo in cui avviene il decesso è rilevante poiché, mentre è molto probabile che il test venga effettuato in ambito ospedaliero è molto difficile che questo venga effettuato se il decesso avviene in casa".

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Il periodo dal 1° gennaio al 28 febbraio 2020 registra un numero di decessi inferiore di 10.148 rispetto ai 124.662 attesi dalla baseline. Il periodo dal 1° marzo al 30 aprile 2020 registra un aumento di 46.909 decessi rispetto ai 109.520 attesi. Il numero di morti dichiarate come Covid-19 nello stesso periodo sono state di 27.938. A questo punto ci si può chiedere quali sono i motivi di un ulteriore aumento di decessi pari a 18.971. Tenuto conto che il numero di decessi è piuttosto stabile nel tempo, con le dovute cautele, possiamo attribuire una gran parte dei maggiori decessi avvenuti negli ultimi due mesi, rispetto a quelli della baseline riferita allo stesso periodo, all’epidemia in atto. La distribuzione territoriale dei decessi strettamente correlata alla propagazione dell’epidemia e la maggiore mortalità registrata degli uomini rispetto alle donne è coerente con l’ipotesi che la sovra-mortalità sia dovuta a un fattore esterno, in assenza del quale una eventuale crescita di decessi dovrebbe registrare delle dimensioni indipendenti sia dal territorio che dal sesso. 

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