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Cronaca Barriera Vecchia - Città Vecchia / Piazza Unità d'Italia

Anniversario Leggi razziali, il coro di condanna verso il fascismo

Alla cerimonia dell'ottantesimo anniversario delle leggi proclamate da Mussolini il 18 settembre 1938 sono intervenuti l'assessore alla Cultura Giorgio Rossi, il rabbino capo Alexander Meloni e lo storico Roberto Spazzali. Meloni: "Trieste rimanga una città accogliente"

Questa mattina si è tenuta la cerimonia di commemorazione dell'ottantesimo anniversario delle Leggi razziali, proclamate da Benito Mussolini a Trieste il 18 settembre 1938. Al momento di raccoglimento in piazza Unità d'Italia hanno partecipato l'assessore alla Cultura del Comune di Trieste Giorgio Rossi, il vicesindaco Paolo Polidori, il prefetto Annapaola Porzio, il rabbino capo Alexander Meloni, il vicepresidente della comunità ebraica Davide Belleli e Pier Emilio Salvadé. A pochi metri anche il giornalista del Corriere della Sera Beppe Severgnini che ha rilasciato alcune dichiarazioni in merito al fatto storico. Verso la fine della toccante cerimonia lo storico Roberto Spazzali ha ricordato la genesi delle Leggi e i momenti bui che videro il regime fascista proclamare i provvedimenti contro il popolo ebraico. 

Severgini: "Il fascismo era pericoloso e malvagio"

Il discorso di Rossi

"Ringrazio - ha introdotto l'assessore alla Cultura - soprattutto i cittadini numerosi che sono venuti in rappresentanza della nostra città e di tutte le forze politiche dell'arco costituzionale che hanno voluto interpretare in maniera unitaria questo momento"."Ottant'anni fa Benito Mussolini proclamava in questa piazza le Leggi razziali e segnava, marchiava in maniera indelebile e tragica questa città con il marchio dell'infamia di questa legge che andava contro l'uomo e contro la natura. Siamo qui - ha continuato Rossi - rifiutando e denunciando quello che è stato. Questa città che è fatta di giovani e di nuove prospettive e che cerca un cambiamento morale e civile, oggi questa città rifiuta quello che è stato e auspica nuovi orizzonti. Ma Trieste non era quella, Trieste è un'altra, Trieste è rappresentata, perché ce l'ha nel dna, dalle diverse comunità religiose; quelle sono le realtà di una Trieste che per secoli è stata accogliente, che ha rifiutato che qualcuno potesse mettere in discussione che un uomo è diverso dall'altro". 

Il video del discorso completo

Il futuro

"E vogliamo far sì che Trieste dia una risposta forte e rappresentata. Ho portato qui questi fiori, delle rose bianche che indcano le purezza e quello che erano in quel momento quelle persone che hanno subito questo torto e lo sfregio; sul sangue di quei cittadini che sono morti, che sono stati internati e sono morti nei campi di concentramento, subìto violenza da parte del fascismo e sono stati gli agnelli sacirficali di questo massacro, oggi va tutto il nostro senso di pietà e di desiderio che quel sangue faccia risorgere in questa città un nuovo fiore, che è quello dell'accoglienza, della speranza e dell'amore tra i popoli. Grazie voi che siete morti per noi, il vostro ricordo sarà perenne ed eterno, la vostra città ne sarà grata". 

L'intervento del rabbino Alexander Meloni 

Un forte messaggio è stato portato dal rabbino che ha invitato i presenti alla riflessione, sottolineando come “l'antisemitismo sia come un virus, che muta con il tempo”. Meloni ha invitato anche a non utilizzare questi avvenimenti a fini politici, per favorire la riflessione, evitare le polemiche e a non servirsi della storia per propri fini. “Credo che Trieste sa rispondere no al fascismo, no all'estremismo, no all'esclusione” -ha concluso Meloni- e auspico che rimanga sempre una città di dialogo e accogliente come deve essere". 

Il discorso completo

L'analisi storica 

Roberto Spazzali alla fine della commemorazione ha tenuto un discorso puntuale di ricostruzione storica degli avvenimenti del tempo. “Chi voleva vedere, vedeva e capiva. Trieste era diventata la porta di Sion per migliaia di esuli ebrei, che abbandonavano la Polonia, l'Ungheria gli Stati Baltici, la Germania e la stessa Unione Sovietica dove le condizioni per la loro libera esistenza si erano fatte pericolose e difficili da sopportare”. E' stato calcolato che, tra il 1920 e il 1943, passarono da Trieste, senza clamore, per raggiungere principalmente la Palestina,  oltre 150 mila persone. Quanto  Mussolini andava a proclamare era la diretta conseguenza di un clima degenerato, un “razzismo di stato” - ha spiegato ancora Spazzali- non mancando di evidenziare anche alcune vicende, come quella del prof. Eugenio Colorni o lo stesso abbattimento del busto di Italo Svevo, nel giardino pubblico, perché considerato “scrittore noto solo perché ebreo”.Annunciare qui questi provvedimenti significava fermare il corso della storia della Trieste moderna, colpire una comunità tra le più forti e laboriose d'Italia,  strettamente collegata alla migliore Europa, “significava mandare un preciso segnale a Hitler,  che aveva piantato la sua bandiera al valico di Tarvisio, significava stravolgere e negare la storia di Trieste”. “Un bieco oltraggio, che colpiva donne e uomini e decapitava una classe dirigente e imprenditoriale di primo piano. A partire dal podestà, Paolo Emilio Salem, costretto a dare le dimissioni, perché ebreo, pochi giorni prima della visita del Duce".

      

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