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Cronaca

"Bavaglio" ai giornalisti: la presidente del Senato risponde solo all'addetto stampa

E' quanto ha denunciato il collega di Radio Capodistria Alessandro Martegani dopo la visita della seconda carica dello Stato a Trieste avvenuta qualche giorno fa. E la tanto sbandierata libertà di stampa?

Lo staff del presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati snobba il lavoro della stampa e la calpesta concedendo l'unica domanda possibile al suo personale addetto stampa. Sembra una barzelletta, ma invece è quello che riporta il collega di RadioTv Capodistria, Alessandro Martegani, in merito al comportamento dello staff nei confronti dei molti giornalisti accorsi per "coprire" la visita istituzionale della seconda carica dello Stato a Trieste di un paio di giorni fa. 

Tutto bello, tutto facile: no alle domande

"Niente domande, anzi, le domande le pone direttamente l’intervistato" scrive Martegani e non possiamo che unirci allo sgomento per un modus operandi che è sempre più in voga tra gli esponenti di una classe dirigente che evidentemente, di classe ne ha veramente poca. "La tendenza a non accettare domande e a comunicare tramite dichiarazioni preconfezionate, è una pratica ormai consolidata della politica italiana, ma lo staff della seconda carica dello Stato ha infranto un’altra barriera: - scrive sempre Martegani - il programma, con un incontro in regione e la visita alla Foiba di Basovizza e alla Risiera di San Sabba non prevedeva alcuna occasione di contatto con i giornalisti, se non un annunciato appuntamento per una “dichiarazione” all’interno della Risiera".

Dirigersi verso l'uscita, grazie

E' qui che lo staff avrebbe comunicato alla stampa - che quando è scomoda si querela, quando serve si cerca disperatamente - la decisione di non rispondere alle domande. E allora si fanno schierare "le telecamere da una parte e giornalisti dall’altra" e, in barba a tutti, l'addetto stampa sfila il microfono ad una collega presente e fa l'unica, comoda e impacchettata - manca solo il fiocco - domanda alla Casellati. Poi via, tutti i giornalisti sono pregati di dirigersi verso l'uscita. 

Bella figura

Bella figura, potremmo dire. Ma d'altronde ormai siamo abituati a questo atteggiamento. Contano solo i portavoce, gli addetti stampa che molte volte esercitano senza l'ombra di crediti formativi, tesserini in arrivo o mai fatti, atteggiamenti che limitano il libero esercizio della professione o ancora peggio, le continue violazioni di una presunta deontologia di cui lo stesso Ordine dei giornalisti dovrebbe chiederne il rispetto.

Ma  tant'è. In fondo, è la stessa situazione di quando si fugge davanti alle interlocutorie - che a fatica e quasi mai diventano istruttorie - non si possono menzionare i 49 milioni o il "caso" russo, non si poteva chiedere dello scandalo Banca Etruria o di Montepaschi, in un rapporto fatto di relazioni necessarie ai giornalisti e ai politici stessi. Lungi dallo scadere nell'ipocrisia della retorica - dove l'idealismo donchisciottesco vale, forse, ancora solamente per chi ha la fortuna di vivere dove i mulini funzionano ancora - , sappiamo perfettamente che esistono protocolli, cambi di strategia, rapporti delicati e, infine, tutte le maschere possibili ed immaginabili. 

Ma che le alte cariche dello Stato si comportino così, beh, non lo possiamo accettare. Anche perché, appena la stampa tornerà utile - in realtà lo è sempre, visto il clima di campagna elettorale continua in cui viviamo ormai da anni - torneranno scodinzolando, supplicando un "me lo passi quel pezzo?", oppure "senti, non è che mi spiegheresti quel passaggio?", e avanti così, nel teatrino vuoto della politica. Insomma, una farsa continua. 

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