Pubblicità ed affissioni, modificato regolamento comunale: al bando volgarità e stereotipi
Dopo quasi cinque ore di discussione in Consiglio Comunale, il 21 marzo scorso è stata approvata la modifica al “Regolamento per il servizio comunale pubbliche affissioni e pubblicità”.
Lo comunica la consigliera comunale del Pd, Tiziana Cimolino. La delibera che proponeva la modifica fa seguito a una precisa richiesta avanzata da Tiziana Comolino e Annamaria Mozzi e contenuta nella mozione n. 130/15 presentata dalle due consigliere del Pd su proposta della Commissione delle Pari Opportunità del Comune di Trieste e approvata nella seduta del Consiglio Comunale del 27 ottobre 2015.
«Dopo la bagarre – spiega Cimolino - in aula è tornato il buon senso e alla fine si è approvata la modifica al “Regolamento per il servizio comunale pubbliche affissioni e pubblicità”, nonostante il prevedibile voto contrario dell'opposizione, ma - a sorpresa - anche quello dei tre esponenti di Rifondazione Comunista. L'approvazione della mozione impegna Sindaco e Giunta a inserire nel “Regolamento per il servizio comunale pubbliche affissioni e pubblicità” alcune clausole che prevedono l'accettazione delle norme contenute nel Codice di autodisciplina della Comunicazione Commerciale, con particolare riguardo agli articoli 9, 10 e 11: “Chiunque intenda qui diffondere un qualsiasi messaggio pubblicitario, nell'esercizio o meno di un'attività economica allo scopo di promuovere la domanda di beni e servizi, ovvero al fine di migliorare l'immagine del soggetto pubblicizzato, è tenuto al rispetto delle norme contenute nel Codice di Autodisciplina della Comunicazione con particolare riguardo all'articolo 9 “Violenza, volgarità, indecenza”, all'articolo 10 “Convinzioni morali, civili, religiose e dignità della persona” e all'articolo 11 “Bambini e adolescenti”».
Su questo tema si era già espressa precedentemente l'Anci, che invitava a cogliere l'invito, espresso in un protocollo d'intesa, avviando azioni affinché la comunicazione e la pubblicità, sia interna all'Ente che verso il pubblico, fosse atta a neutralizzare e a prevenire pregiudizi, azioni, utilizzo di espressioni verbali e immagini stereotipate a garanzia del rispetto della dignità umana e dell'integrità della persona.
«Considerato che la pubblicità e il marketing riflettono la cultura di una società e altresì contribuiscono a crearla - ribadiscono le consigliere Tiziana Cimolino e Annamaria Mozzi - è importante che l'Ente Pubblico, in questo caso il Comune, sia sensibile e diffonda sensibilità verso la “persona e il riconoscimento della sua dignità” che sono sono il centro del pensiero sociale moderno. La dignità della persona si riferisce alla persona umana concreta, quale essa è e non quale dovrebbe essere secondo punti di vista religiosi, filosofici o ideologici. La dignità implica che l’identità specifica di ciascun individuo venga preservata e considerata come cita la Corte Costituzionale italiana “un bene in sé medesima, indipendentemente dalla condizione personale e sociale, dai pregi e dai difetti del soggetto”. La dignità non appartiene a chi se la merita, secondo criteri di valutazione assunti dalle leggi dello Stato o risultanti dalla cultura dominante, ma a tutte le persone, qualunque sia o sia stato il loro comportamento. Essa – concludono Cimolino e Mozzi - non è soltanto una “dote” dell’essere umano, ma si identifica con la persona, per il semplice motivo che un individuo privato della sua dignità soffre della negazione della sua stessa umanità».