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Cronaca

Contratto Polizia, Sap scrive al ministro: «Festeggiamo un anno di illegittimità»

Il Sindacato autonomo di Polizia (Sap), in una lettera aperta scrive alla ministro Madia, a un anno esatto dalla sentenza della Corte Costituzionale circa l'illegittimità del blocco dei rinnovi dei contratti

«Festeggiamo il 'non compleanno' del rinnovo dei contratti». È questo l'incipit della lettera che Gianni Tonelli, Segretario Generale del Sap, Sindacato Autonomo di Polizia, ha inviato al Ministro Madia ad un anno esatto dalla sentenza della Corte Costituzionale circa l'illegittimità del blocco dei contratti (era il 29 luglio del 2015 quando venne pubblicata in Gazzetta Ufficiale) e che la segreteria provinciale del Sap di Trieste ha consegnato al Prefetto di Trieste Annapaola Porzio per l'inoltro al Ministro.

«Il contratto nazionale è un elemento centrale di equità sociale redistributiva alla base dell'intero sistema. Ogni lavoratore ha il diritto ad una retribuzione sufficiente e proporzionata alla quantità e qualità del lavoro svolto, nonché alla dignità professionale. Sebbene, infatti, la sentenza parli chiaro dichiarando «l’illegittimità costituzionale sopravvenuta (...) del regime di sospensione della contrattazione collettiva risultante dal (...) decreto-legge 6 luglio 2011», l’esecutivo non ha ancora messo in moto la macchina burocratica, né sembra intenzionato a farlo, almeno per il momento.

«Anzi – aggiunge il SapIl Ministro Madia, in un recente incontro con alcuni sindacati, ha sostenuto che il rinnovo dei contratti pubblici si terrà se ci sarà più sviluppo e maggiore crescita economica. Questo, oltre a sconfessare la sentenza della Corte Costituzionale, è un modo per continuare a fare melina prendendo in giro i dipendenti pubblici, primi tra tutti quelli del Comparto sicurezza (oltre 300mila), i cui sindacati di riferimento non sono stati neppure invitati a sedere al tavolo delle trattative. Il pilastro di ogni ordinamento democratico deve essere la sicurezza, vista anche la minaccia incombente del terrorismo islamico. Non si può, dunque, lesinare sulla sicurezza interna poiché rappresenta il presupposto per lo sviluppo e la crescita di ogni Nazione» continua Tonelli.

«L'Esecutivo, inoltre, si è anche rifiutato di incontrare i rappresentati delle Organizzazioni Sindacali del comparto sicurezza, violando così le norme basilari del nostro ordinamento: nessun Governo, negli ultimi venti anni, aveva rifiutato di farlo!».

«Allo stato dell'arte, dunque, nessun contratto di lavoro è stato rinnovato, nessuna trattativa è stata ancora instaurata e il Governo continua a perpetrare la sua condotta di illegittimità nei confronti degli uomini e donne delle Forze dell'Ordine, con un atteggiamento» - continuano dal Sap – «sfacciatamente al di sopra delle regole e del buon senso, che calpesta la dignità di migliaia di professionisti della sicurezza».

Legittimo rinnovo del contratto di lavoro e sblocco del turn over, in aggiunta alle dotazioni logistiche e di equipaggiamento degli agenti (automobili, divise), nonché la formazione degli operatori di polizia: è questo che chiede il Sap! Perché oltre alla mancanza di un contratto nazionale, gli agenti sono costretti a lavorare in condizioni di estremo disagio: automobili rotte e vecchie, giubbotti anti proiettile scaduti o non idonei alla protezione delle armi 'pesanti' quali i kalashnikov.

A Trieste, negli uffici di Polizia, «la situazione è al collasso!» dichiara la segreteria provinciale di Trieste. Stesso discorso vale per le divise: «Non ne mandano più!» continua il Segretario Provinciale di Trieste Lorenzo Tamaro.

«Ma le richieste di sostituzione di capi rotti o logori e nuove autovetture, finora, sono rimaste lettera morta. A Trieste, servizi di contrasto all’immigrazione clandestina, ordine pubblico e controllo antiterrorismo sempre crescenti con un minor numero di uomini da impiegare e la loro età media sempre più alta determinano situazioni concrete come quelle dei Commissariati di Rozzol-Melara e Opicina ridotti ai minimi termini, impossibilitati ad essere efficienti come un tempo».

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