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Cronaca

Statua D'Annunzio, Livio Sirovich risponde a Magris: "Operazione nostalgica/neoirredentista"

"Il lancio della mostra e soprattutto la collocazione della statua sono stati abbinati alla celebrazione di una importante iniziativa militare e politica di D'Annunzio. Questa celebrazione assume dunque un preciso significato politico. Secondo me, mostra e statua diventano un pretesto per usare la Storia"

Pubblichiamo integralmente la lettera scritta dallo scrittore Livio Sirovich in risposta all'articolo del prof. Magris

In dissenso dall'articolo del prof. Magris (Il Corriere, 13 giugno 2019) sulla celebrazione dei 100 anni dall' Impresa fiumana e sulla statua di D'Annunzio da collocare a Trieste nella ricorrenza.

Per la stima che porto al prof. Magris, per il peso che giustamente hanno i suoi commenti sull'opinione pubblica, ma anche per la sincerità che ha sempre caratterizzato la nostra conoscenza, devo buttar giù queste righe per dire che (come gli ho già rappresentato personalmente appena uscito l'articolo) non sono d'accordo con lui. Me ne rendo conto: Fedro avrebbe parlato di lettera della rana al bue, ma tant'è.

Desidero essere chiaro: non sto discutendo le molte interpretazioni dell'opera, del pensiero e della vita del personaggio. Questo è il piano sul quale Giordano Bruno Guerri ha ritenuto utile portare il dibattito sulla statua da erigere nella ricorrenza del centenario dell' "impresa" fiumana e sul quale lo segue l'articolo di Magris.

Secondo me, il punto non è questo. Lo sarebbe stato se fossimo semplicemente davanti all'uscita di un nuovo libro o di una mostra sull'argomento. Viceversa, il lancio della mostra e soprattutto la collocazione della statua sono stati abbinati alla celebrazione di una importante iniziativa militare e politica di D'Annunzio. Questa celebrazione assume dunque un preciso significato politico. Secondo me, mostra e statua diventano un pretesto per usare la Storia. In altre parole: Giordano Bruno Guerri e Claudio Magris scrivono (ovviamente) cose interessanti su D'Annunzio, mentre l'amministrazione comunale di Trieste fa un'operazione nostalgica/neoirredentista.

Non dimentichiamo a chi il sindaco Dipiazza voleva dedicare o ha dedicato vie e piazze: Niccolò Giani, Almerigo Grilz, Mario Granbassi. Non colpisce forse che si celebrino le "imprese" del «Principe di "Monte Nevoso"» (monte Snežnik) subito dopo che il presidente del Parlamento europeo Tajani il 10 febbraio scorso ha gridato "Viva l'Istria italiana! Viva la Dalmazia italiana!" a pochi chilometri dal confine con la Slovenia?

D'Annunzio rivendicava l'intera Dalmazia, era un'icona di chi aspirava a conquistare tutti i Balcani e ancora lo è di chi è rimasto uno sfegatato nazionalista.

Gli storici hanno analizzato quel periodo (penso soprattutto alla biografia di Mussolini del De Felice). Ad aspirare a colpi di stato erano in tre: D'Annunzio, il Duca Emanuele Filiberto di Savoia-Aosta, e Mussolini. Il più scaltro e veloce battè i primi due sul tempo. Che colpo di stato avrebbe fatto D'Annunzio? E chi lo sa! Di sicuro era un nazionalista estremo.

Egli va ricordato come letterato, ma non certo - da un moderno paese europeo - come politico nel centenario della sua aggressione a Fiume, che doveva preparare una sua prossima marcia su Roma.

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