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Cronaca

Il capo della Polizia Criminale a Trieste: "Più vicini alla gente, usciamo dalle caserme"

Il prefetto Vittorio Rizzi è intervenuto questa mattina nell'aula magna dell'Università giuliana. "Dobbiamo ridurre la differenza tra sicurezza reale e quella percepita e per farlo dobbiamo uscire dalle caserme"

Una maggiore cooperazione internazionale e una contestuale riduzione della differenza tra sicurezza reale e quella percepita grazie al lavoro di tutte le forze di polizia italiane. E' questa in sintesi la "ricetta" sfornata dal prefetto Vittorio Rizzi, vice direttore della Pubblica Sicurezza e direttore centrale della Polizia Criminale che questa mattina presso l'aula magna dell'Università di Trieste, è intervenuto alla "Conferenza regionale sulla cooperazione di polizia internazionale". 

"La riunione di oggi - ha affermato Rizzi - fa parte di un ciclo di conferenze che stiamo facendo in tutta Italia per sviluppare la consapevolezza tra le forze di polizia su quanto strategica sia la cooperazione internazionale. Oggi non esistono crimini che non abbiano profili di transnazionalità. L'Italia deve poter contrastare i fenomeni criminali transnazionali, dal terrorismo alla criminalità organizzata, non solo sul piano nazionale, bensì anche su quello internazionale". 

"Non esiste crimine che non abbia un profilo transnazionale"

Secondo Rizzi "oggi ci sono crimini che non hanno nemmeno uno spazio nazionale, come ad esempio il cyber crime, il terrorismo di matrice internazionale e la criminalità organizzata, tutti campi di azione che possiedono profili transnazionali. Come paese, stiamo lavorando per aumentare ancora di più la collaborazione a livelllo internazionale, una priorità che per l'Italia è diventata strategica per garantire la sicurezza del nostro paese".

Pur sottolineando che ad oggi "all'interno di Interpol nessun collega italiano si occupa di tematiche che riguardano l’Italia", Rizzi ha sottolineato il grande lavoro della stessa, ribadendo altresì come "la cooperazione internazionale sia uno strumento fondamentale per fronteggiare le particolari minacce che arrivano dal mondo criminale".  

La cooperazione operativa

"E' un tema che appartiene a tutte le forze di polizia, ed è questa la ragione per cui tutte sopracitate s'interrogano sugli strumenti e su come rendere più performante l'attività di cooperazione". Una cooperazione e il contestuale scambio d'informazioni che, per quanto riguarda la posizione di Alejandro Meran, il giovane dominicano accusato dell'omicidio dei due agenti di Polizia Matteo Demenego e Pierluigi Rotta avvenuto a Trieste lo scorso 4 ottobre, evidentemente non avrebbe funzionato alla perfezione, vista la mancata comunicazione da parte tedesca. 

"Questo è un tema centrale - ha risposto Rizzi - perché esistono molteplici strumenti per realizzare queste forme di cooperazione operativa, un mondo che è fatto di luci e di ombre. Ci sono grandi passi in avanti nel dialogo e nella cooperazione, ci sono dei passi indietro e dei momenti di riflessione, come pure forme di cooperazione che spesso passano attraverso le persone e quindi non sempre ci sono solo luci". Nonostante le ombre, è di oggi la notizia dell'arresto di un latitante marocchino di 45 anni che, in seguito all'ordine di carcerazione emesso a gennaio dalla Procura della Repubblica di Trieste e il successivo mandato d'arresto europeo, è stato fermato dalla Polizia spagnola a Ceuta. 

Pattuglie miste italo-slovene

Rizzi ha poi affrontato la situazione del confine italo-sloveno, recentemente teatro di pattugliamenti misti. "Il tema delle pattuglie miste è uno degli strumenti che stiamo utillizzando maggiormente - ha ricordato - sia con paesi transfrontalieri, sia con paesi dall'altra parte del mondo. In questo momento, ad esempio, a Roma abbiamo pattuglie italo-cinesi che stanno pattugliando la città. Inizialmente erano contingenti minimi, oggi riusciamo a schierare dalle otto alle 10 persone per popolo. E' una forma sia di dialogo tra paesi ma anche di un segnale molto forte di come la . sicurezza sia un tema globale. Oggi la condizione di poter vivere sicuri è sentita come esigenza primaria da parte di tutti i paesi del mondo". 

Sicurezza reale, sicurezza percepita: lo "spread"

Il tema dello "spread" tra la sicurezza reale e quella percepita è stato l'atto conclusivo delle dichiarazioni alla stampa da parte di Vittorio Rizzi. "Tutti gli esperti del settore oggi s'interrogano su questo argomento. E' probabilmente la globalizzazione, la causa di questo spread che fa sì che le paure globali vengano percepite anche a livello locale. Uscire dalle caserme e far sentire le forze di polizia sempre più vicine alla gente è lo strumento che, più che le statistiche, può contribuire a ridurre questa differenza". 

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