Paolo Tuci e Uan a Trieste: le sigle dei cartoni per i bambini di ieri e di oggi (INTERVISTA)
Dal popolo della notte a quello del primo pomeriggio, dopo la scuola. Questa, in breve, la carriera di Paolo Tuci, live performer nelle discoteche di tutta Italia, star del web da milioni di visualizzazioni e nuovo “pupillo” dell’intramontabile Cristina d’Avena, che spesso si esibisce insieme a lui. Il suo “cartoon pop” ripropone sigle dei cartoni animati anni ’80 e ’90 in remix inediti che canterà dal vivo a Trieste al centro commerciale Torri d’Europa domenica 7 maggio alle 16. Lo accompagnerà un’attesissima “guest star”, da qualche tempo ritirata a vita privata ma pronta a calcare di nuovo le scene al fianco di Paolo: il pupazzo Uan, la storica mascotte del programma “Bim Bum Bam” (tutte le info a questo link).
In attesa del pomeriggio revival a Trieste, mentre Uan esegue i suoi esercizi vocali in camerino, Paolo Tuci è pronto a raccontarci il suo mondo in technicolor.
Negli ultimi anni il bisogno di tornare piccoli è esploso. Il picco di ascolti per Cristina d’Avena a Sanremo, i pupazzi televisivi che si sono rianimati, tu stesso hai partecipato a una monografia su Bim Bum Bam e hai ricevuto stalking da una donna che voleva il pupazzo di Uan a tutti i costi.
«Confermo, c’è una ragazza che mi tampina da mesi reclamando la proprietà di Uan con una decina di e-mail al giorno. Un oggetto che, peraltro, è un pezzo storico fatto a mano con pochissime repliche, credo sia assicurato per almeno 100 mila euro. Uno degli esemplari era esposto al museo Paolo Grassi di Milano ed è stato rubato il 15 ottobre 2005 insieme agli altri due compagni, Four e Five (mascotte delle altre reti Fininvest, oggi Mediaset, ndr). Il ladro a tutt’oggi pubblica ogni tanto (da un Ip nascosto) una foto con i suoi nuovi amici, scrivendo che stanno bene».
Secondo te perché questo feticismo di cartoni e giocattoli? Che succede nel mondo?
«La chiave è la difficoltà di questo periodo storico, poco felice rispetto al boom economico degli anni 80. Abbiamo tutti in mente il tipico teatrino della famiglia italiana e il bambino che si godeva ore di cartoni con una fetta di pane e Nutella. Ora quei bambini hanno messo su la loro famiglia, ma è tutto molto più difficile di allora: è normale ritornare con la mente a quei tempi. Inoltre all’epoca i cartoni erano come serie tv, le storie duravano centinaia di puntate e c’era una maggior affezione».
A un certo punto della tua vita hai abbandonato il posto fisso per dedicarti al tuo sogno. Quasi tutti lo desiderano, quasi nessuno trova il coraggio, tu come hai fatto?
«L’amore che ho per i cartoni è viscerale, è nato tutto da lì, dai primi anni di vita. Il mio cartone preferito è “Jem e le Holograms”, ho anche il suo logo (una stella) tatuata sul polpaccio. Dal lontano ‘87 volevo diventare una rockstar, ora sono qualcosa di simile. La forza di questo sogno ha avuto la meglio sull’educazione che ho ricevuto, improntata a un posto fisso, così dopo essere diventato direttore del servizio clienti di una catena di palestre ho iniziato a impazzire dentro il mio ufficio: non era la mia vita. Il mio successo lo devo anche al bullismo che ho subito da piccolo per le mie inclinazioni artistiche: sono stato preso addirittura a sassate e forse è la prima volta che lo racconto. Il senso di rivalsa è stata la benzina che mi ha portato fin qui».
Le tue più grandi collaborazioni sono quelle con Immanuel Casto e con Cristina d’Avena, sei partito dalla trasgressione assoluta al mondo dei cartoni. Tuttora nei tuoi video convivono due poli opposti, come fai a conciliarli?
«Spesso la passione per la musica non ha da subito un’identità esatta e si fanno dei tentativi. La mia trasgressività all’inizio ha trovato posto in ambienti “borderline”, poi ho capito che avrei potuto frullare tutto questo con la mia iniziale passione per i cartoons, una miscellanea che nessuno prima aveva tentato in questo modo, e a quanto pare ha funzionato».
Alcuni, invece, ti accusano di aver lordato e contaminato il mondo dell’infanzia, voglio citare una tua detrattrice: “Grazie per aver rovinato i sogni dei bambini, e adesso non venitemi a dire che sono una POLIGLOTTA”
«Si parlava di Lady Oscar, quindi le ho solo risposto che per lei avrei reintrodotto la pratica della ghigliottina (ride). Il problema di queste persone è che sono intrappolati in una bolla, a differenza dei nostalgici che vivono la propria vita oggi ricordando con piacere il passato, ci sono altri “puristi” dei cartoni animati che vivono dissociati dalla realtà attuale e si sono fermati a 30 anni fa. Tanto da confondere “bigotta” con “poliglotta”, per dirne una».
Dicci qualcosa che non sappiamo su Cristina D’Avena.
«È un’artista super rigorosa e ha una disciplina incredibile, tanto che beve solo acqua. Io invece sono un “bevaccione” e forse è la nostra unica “divergenza”».
Il video di Lady Oscar è stato campione di visualizzazioni. Ci sono scene libertine da corte settecentesca, una Maria Antonietta drag queen e il proletariato che irrompe durante la rivoluzione francese, per un finale sanguinoso. Vogliamo ricordare a tutti che gli "anime" originali nascono per un pubblico adulto e in Italia arrivano le versioni censurate?
«Gli haters che difendono la purezza del personaggio del cartone animato dimenticano che quella serie è stata censurata pesantemente e la scena di Lady Oscar completamente nuda e avvolta nelle spine esisteva davvero, ma non è mai stata trasmessa in Italia. Anche i corpi nudi sotto la doccia nel mio video di "Mila e Shiro" riprendono una vignetta del cartone originale, che poi è stata tagliata. La purezza era nell’occhio dei bambini che guardavano, non certo in quello dei disegnatori. Per questo, ora, molti di quei bambini diventati grandi ne hanno preso coscienza con un sorriso».