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LA COMUNITÀ CHE FA SALUTE LE MICROAREE DI TRIESTE PER L'EQUITÀ

Durante il convegno internazionale sono stati presentati i risultati di due ricerche sulle Microaree

Il modello delle microaree di Trieste funziona. Lo dimostrano due studi scientifici, realizzati dalle Università di Torino e di Udine, i cui dati sono stati presentati oggi durante il convegno “La comunità che fa salute - le microaree di Trieste per l'equità”. Le attività svolte nelle microaree incidono in maniera significativa sul tessuto sociale e sullo stato di salute delle persone che vi risiedono, e questo miglioramento è stato quantificato grazie all’utilizzo di alcuni indicatori. “Solo trasformando le condizioni sociali, ambientali, strutturali e culturali – ha dichiarato in apertura Adriano Marcolongo, Direttore Generale di ASUITs -, si può incidere sulla salute della comunità. In questo contesto scientifico e professionale è nata l’idea delle microaree”.

Gli inizi dell’attuale programma Habitat-Microaree risalgono al 1998: un’esperienza tutta triestina che coinvolgeva e metteva in sinergica collaborazione il Comune, l’allora IACP (oggi Ater) e l’Azienda Sanitaria. Le microaree sono piccole aree periferiche della città, urbane ed extraurbane, che vanno da 400 a 2.500 abitanti, caratterizzate per lo più da grandi insediamenti di caseggiati Ater. Oggi le microaree sono 16: Gretta, Villa Carsia, Vaticano, Ponziana, Campi Elisi, Cittavecchia, Valmaura, Grego, Giarizzole, Altura, Negri, Zindis, Soncini-Caccia Burlo, Melara, S. Giovanni, Cumano e comprendono una popolazione di circa 18.000 abitanti.

Le microaree fanno riferimento ai quattro Distretti sanitari e hanno una sede dove sono presenti operatori degli Enti coinvolti. L’Azienda Sanitaria mette a disposizione un operatore a tempo pieno, il referente di microarea, che non eroga le prestazioni sanitarie, ma verifica i bisogni delle persone, propone le priorità, effettua una valutazione e indica come risolvere i problemi attraverso il servizio più adatto.

"Per gli amministratori è fondamentale avere delle valutazioni di impatto ed esito dei Servizi. – ha detto Flavio Paoletti, Direttore dei Servizi Sociosanitari di ASUITS - La giornata di oggi è un’analisi approfondita del lavoro svolto in questi 15 anni di attività delle Microaree. Solo così potremmo indirizzare le risorse pubbliche ai fini del miglioramento della qualità di vita e di salute dei cittadini". 

Fabio Barbone e Luigi Castriotta hanno presentato i risultati della ricerca effettuata dall’Università di Udine, svolta su oltre 18.000 persone delle quali 7.800 residenti e presi incarico nelle microaree e 10.200 costituenti il gruppo di confronto, avente caratteristiche assimilabili agli abitanti delle microaree, ma non presi in carico.

I dati sui ricoveri mostrano una riduzione del 5% nel tasso di incidenza di ricovero urgente negli abitanti delle microaree rispetto al gruppo di controllo, che sale all’8% se si considerano le sole donne.

Se poi si va ad indagare una causa specifica come il tasso di incidenza di primo ricovero urgente per ricoveri psichici nelle donne, la riduzione arriva al 61% a fronte di un leggero aumento dei ricoveri programmati, il che costituisce una forte evidenza a favore dell’efficacia del progetto, in quanto significa che viene effettuata la corretta presa in carico della persona prima che si verifichi l’evento acuto.

Tra le condizioni cliniche su cui si è dimostrato efficace l’intervento delle azioni nelle microaree ci sono anche i ricoveri per malattie respiratorie, cardiache e vascolari, che vedono negli uomini una riduzione del 9%, anche in questo caso a fronte di un leggero aumento del tasso di ricovero programmato. Lo studio ha registrato inoltre una diminuzione del 35% dei ricoveri per problemi urologici maschili, e addirittura dell’85% per i ricoveri urgenti per psicosi nelle donne e del 51% per gli uomini, del 56% per le infezioni respiratorie e del 23% per le malattie cardiache negli uomini.

Per quanto riguarda i ricoveri multipli per la stessa patologia, si è registrata una diminuzione del 7% per le donne, mentre per gli uomini non si sono registrate differenze con il gruppo di controllo. Nelle donne, i ricoveri multipli urgenti sono più bassi del 5%, del 18% per quanto riguarda i traumatismi e del 25% per le fratture.

In generale c’è una riduzione degli accessi al Pronto Soccorso per i codici bianchi e verdi sia per i maschi che per le femmine, indice di una maggiore appropriatezza.

Lo studio realizzato dall’Università di Torino, presentato da Giuseppe Costa, Roberto Di Monaco e Silvia Pilutti, ha sottolineato come l’attività svolta nelle microaree attivi il capitale sociale in quanto incentiva le relazioni tra le persone, responsabilizzandole e rendendole partecipanti attive alla vita della comunità.

Viene dimostrato come investire in comunità che fanno salute può essere efficace, in quanto vengono prodotti risultati tangibili sul miglioramento della qualità di vita e contribuisce alla creazione di capitale sociale in quanto la persona diventa protagonista del proprio percorso di salute. Rimettere il cittadino al centro, coinvolgerlo nelle scelte, genera nuove risorse e benessere nella comunità; costituisce un valido investimento per la salute e per il sistema sanitario, concreto e misurabile.

La povertà non è un “destino” e nulla di ciò che riguarda le iniquità di salute è inevitabile. Le disuguaglianze di salute nascono dalle disuguaglianze nella società e solo intervenendo sui determinanti sociali è possibile ridurre la palese e ingiusta differenza nella distribuzione della salute che esiste sia tra paesi sia all’interno di uno stesso paese.

 (La salute disuguale. La sfida di un mondo ingiusto, Il pensiero Scientifico Editore 2016)

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