"Commissione internazionale", come superare i problemi di governance del porto di Trieste
Cosa possiamo imparare dalla questione D'Agostino? Ecco i punti salienti della vicenda secondo Podemo
Siamo in mano ad un sistema di giustizia fortemente inefficiente: ci hanno messo infatti ben quattro anni per accorgersi di quest'incompatibilità. Rispetto al totale immobilismo dei direttori precedenti, Maresca e Monassi, anche la (molto) parziale attività di sviluppo di un tecnico come D'Agostino è stata in grado di ottimizzare alcuni aspetti del nostro Free Port, pur avendo mancato del coraggio necessario per effettuare cambiamenti davvero profondi. L'applicazione del solo 1 per cento del Trattato di Pace, come avviene oggi, ha portato indubbi miglioramenti. C'è solo da immaginare cosa avverrebbe una volta applicato interamente, come i governi romani sono peraltro obbligati a fare.
Da uno status di illegalità non può nascere nulla di buono: il finto decreto del PD del 2018 è rimasto, come prevedibile e previsto, lettera morta. Il governo a Roma ha tutti i mezzi per emanare un vero decreto legislativo in piena applicazione del Trattato di Pace senza sottostare ad alcun iter parlamentare, e quindi in tempi brevi. È il caso di farlo, ed è urgente.
Per risolvere tutti i dubbi legali e i vuoti di governance esistenti, la soluzione più semplice e vantaggiosa per Trieste consiste nel partire, riesumando gli Articoli 21-26 dell'Allegato VIII, dalla pronta instaurazione della prevista Commissione Internazionale per il Free Port di Trieste, di cui il prossimo Direttore del Porto sarebbe membro permanente.