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Immigrazione e Cie, Cremaschi (Pd): «Servono modelli organizzativi accoglienza dignitosa»

«Corridoi umanitari, carcere per chi commette reati, accordi con i Paesi d'origine se non ammettono la tortura e ledono i diritti umani»

In merito alle mozioni sui CIE discusse e votate in Consiglio regionale la consigliera Pd Silvana Cremaschi, richiamando gli interventi celebrativi della Giornata della Memoria, ha sviluppato una riflessione sul presente, collegata all'esperienza personale, per sottolineare
la necessità di trovare modelli organizzativi di accoglienza dignitosa e indicare alcune linee di soluzione.

«In ebraico "fare memoria" - per Cremaschi - significa rivivere, rendere attuale, ridare consistenza e modificare la storia, ora che possiamo farlo. Io voglio "fare memoria" e ripensare al mondo di oggi in base alle riflessioni sul passato. I fratelli di mio nonno, italianissimi, durante l'ultima guerra sono emigrati in America: erano italiani all'estero, fuggiti per motivi economici e per fuggire dalla guerra. I miei prozii ebrei russi durante la guerra sono stati internati nei campi di concentramento e sono stati ridotti a saponi e a cenere nelle camere a gas, mia nonna ebrea-russa-italiana si è salvata, unica della sua famiglia, nascosta per un anno in un convento di suore sulle montagne bergamasche, con il rischio che tutte le suore del convento venissero arrestate».

«L'Italia ha una storia di umanità, non tradiamola. Abbiamo ricordato Hanna Arendt e la sua "banalità del male", ci siamo detti che il nazismo è cresciuto perché tante brave persone hanno fatto il loro dovere senza fare troppe domande: '"Ebbene, noi siamo responsabili di ogni persona, della vita e della morte di ogni persona, proprio come se questa persona fosse nostro figlio o fratello. Se vostro fratello fosse siriano, se venisse da paesi di guerra, fame, miseria, tortura… che cosa fareste per lui?».

«Ebbene - continua Cremaschi - noi non abbiamo il diritto di privare della libertà personale nessuno, se non in seguito a un processo e per scontare una pena, al termine della pena la persona è libera come ciascuno di noi. Il concetto di pericolosità sociale a prescindere da atti compiuti ai danni di altre persone e a prescindere da un regolare processo e dal diritto alla difesa implica il diritto di qualcuno di dichiarare che qualcun altro, per il solo fatto di essere nato dalla parte "sbagliata del mondo" e di voler cercare nuovi percorsi per la sua vita, costituisce un pericolo per qualcun altro che va da lui protetto… ma se fosse vostro fratello o vostro figlio che cosa pensereste?».

«Ovviamente - propone la consigliera - va trovato un modello organizzativo che consenta l'accoglienza dignitosa delle persone che arrivano e che consenta la sicurezza, lo star bene di tutti i residenti. I CIE ospitano l'1% delle persone che dovrebbero essere rimpatriate, evidentemente quindi non sono soluzioni, ma solo un modo politico per mostrare i muscoli, i CIE mettono in carcere persone che non hanno subito un processo, ovviamente quindi non sono una soluzione ma sono una lesione dei diritti civili».

«Corridoi umanitari - conclude la consigliera - carcere per chi commette reati (e durante la detenzione c'è tutto il tempo per costruire percorsi di rimpatrio), accordi con i Paesi d'origine, se non sono paesi che ammettono la tortura e ledono i diritti umani, ma soprattutto attenzione alle politiche estere, alla possibilità di sostenere l'economia dei Paesi meno ricchi, o meglio dei Paesi le cui ricchezze sono state assorbite dai Paesi occidentali più tecnologici, blocco alle politiche di vendita delle armi a Paesi che sostengono guerre e dittature».
 

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