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«No Daspo urbano», Ics: «A Trieste non c’è nessuna emergenza, reati in calo»

«Pronti a ricorrere contro il provvedimento fornendo sostegno legale a chi ne sarà colpito e arginare un pensiero pericoloso di un’emergenza che in città non esiste»

«A Trieste non c’è nessuna emergenza. I dati, forniti dalle forze dell’ordine, parlano di un generale calo dei reati. Ecco perché il Coordinamento immigrazione di Trieste, che riunisce 23 tra organizzazioni ed enti che a diverso titolo e con diversi compiti si occupano di sociale a Trieste, si schiera in maniera netta e chiara contro il DASPO urbano, introdotto con le modifiche al Regolamento comunale di polizia urbana adottato lo scorso 14 maggio dal Consiglio comunale di Trieste ed entrato in vigore ieri, 6 giugno 2018». Hanno dichiarato  oggi in conferenza stampa nella sede della UIL di via Ugo Polonio a Trieste i rappresentanti dei vari enti e associazioni del Coordinamento, «nato due anni fa per cercare di dare risposte ai bisogni delle persone straniere immigrate in termini di accoglienza e integrazione e per arginare questo pensiero e clima di paura che prospetta un’emergenza che a Trieste non esiste», ha introdotto i lavori facendo gli onori di casa Michele Berti in rappresentanza della UIL del capoluogo giuliano.

«Non ci piace il modo in cui è stato adottato il provvedimento, stravolgendo in modo improprio e inaccettabile il contenuto del già criticato “Decreto Minniti” che ha introdotto il DASPO urbano a livello nazionale», ha aggiunto Berti prima di passare la parola a Gianfranco Schiavone di ICS che ha spiegato nel dettaglio le criticità.

«Il decreto nazionale prevede l’applicazione del Daspo per effettuare un allontanamento provvisorio a chi impedisce l’accesso a luoghi e infrastrutture di rilevanza generale, consentendo ai Comuni di estenderlo anche a chi concretamente impedisce l’accesso ai luoghi turistici – ha chiarito Schiavone -. Il provvedimento del Comune di Trieste cerca di confondere questo specifico comportamento con diversi tipi di condotte che, se attuati, potranno essere oggetto di altre sanzioni ma non del Daspo urbano.

«Inoltre, il Comune avrebbe dovuto eventualmente individuare delle specifiche aree e non invece circoscrivere con un perimetro ben delimitato l’intero centro storico della città e la riviera di Barcola, individuandole come zone da cui si può coattivamente spostare i responsabili di presunte azioni disturbanti, dal resto dei quartieri periferici della città dove, a parità di comportamento, questa misura di accompagnamento coattivo non è prevista”, tagliando di fatto in due la città tra il salotto buono e i quartieri periferici in cui, si è sottolineato più volte nel corso della conferenza stampa, non si capisce perché gli stessi comportamenti potrebbero essere tollerati e considerati non pericolosi. Le associazioni si stanno attrezzando anche per aiutare le persone che dovessero essere colpite a fare ricorso contro il DASPO urbano, eventualmente anche impugnando il testo del provvedimento nelle sedi oppprtune».

«Gli enti, le associazioni e le organizzazioni che costituiscono il Coordinamento per l’immigrazione di Trieste rappresentano un pezzo attivo di città, un pezzo di società eterogeneo, con sensibilità anche oggettivamente diverse. Lo sforzo che fanno da due anni a questa parte è lavorareinsieme con e non contro», ha sottolineato anche Cristiano Cozzolino, presidente delle Acli di Trieste.

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