rotate-mobile
Martedì, 23 Aprile 2024
Politica

Porto Vecchio, l'avvocato Carbone «Rilancio della città possibile, necessari capitali privati»

Lo rileva in una nota l'avvocato Gianfranco Carbone, già vicepresidente socialista della giunta regionale a fine anni '80.

«L’8 novembre 1991 la Regione, il Comune di Trieste e il Porto sottoscrissero un accordo di programma per la ristrutturazione parziale del Porto Vecchio su circa un terzo dell’area. Al tempo l’Autorità Portuale considerava ancora strategico l’Adria Terminal, per la cui realizzazione erano stati investiti rilevantissimi finanziamenti pubblici di varia provenienza, e così si decise di avviare la riqualificazione da un’area più limitata che comunque comprendeva tutti gli spazi ricompresi fra l’attuale Capitaneria di Porto e la Stazione Centrale».

Lo rileva in una nota l'avvocato Gianfranco Carbone, già vicepresidente socialista della giunta regionale a fine anni '80.

«Sarebbe stato un buon inizio - continua la nota -  e già al tempo si studiarono le procedure per la sdemanializzazione dell’area. L’accordo, che costituiva variante urbanistica per la normativa del tempo, avrebbe consentito di realizzare la nuova sede delle Assicurazioni Generali e il Centro finanziario offshore e tutti i servizi collegati. Sono passati 25 anni (nel frattempo hanno avuto vita effimera altre iniziative sull’area) ed è cambiato lo scenario economico. Oggi il Porto Vecchio è una proprietà vendibile del Comune di Trieste. Nel 1991 si poteva pensare che la riqualificazione sarebbe stata agevolata da finanziamenti pubblici che, al giorno d’oggi, sono impensabili. Non so perché non venne attuata quell’intesa che, per la prima volta, aveva messo l’accordo tutti gli attori interessati. Per ragioni sopravvenute non me ne sono più occupato e anche i protagonisti successivi non mi chiesero mai se c’era un punto da cui si poteva ripartire né, credo, valga la pena oggi di scandagliare ragioni e responsabilità del passato. Cerchiamo, con una ritrovata volontà civica di far riprendere quel cammino interrotto reso oggi possibile da una legge dello Stato approvata per la capacità del senatore Russo». gianfranco Carbone-2

«Segnalo - sottolinea Carbone -  alcune questioni sulle quali credo valga la pena discutere. Come ho già ricordato oggi la riqualificazione dell’area può essere promossa quasi esclusivamente da investimenti privati. Bene fa il Comune di Trieste a chiedere ad un consulente di caratura una valutazione di ciò che si muove sul mercato internazionale per capire quali interessi potrebbero essere attratti ad investire nell’area e con quali strumenti. (perché, ad esempio, non pensare ad un fondo immobiliare chiuso promosso dalla municipalità?)».

«La città - continua -  deve essere consapevole dell’opportunità e dei rischi. 200.000 mila abitanti (e il 35% pensionati) non sono la risorsa umana sufficiente, purtroppo, per mettere in moto, nemmeno come mercato potenziale, la “ricostruzione” di circa un quinto della città. Quell’area deve diventare attrattiva per nuove attività che producano lavoro e ricchezza e non possiamo pensare di spostare attività e residenza esistenti perché creeremmo un deserto in tante parti della città di oggi. La riqualificazione è costosa. Per intervenire sugli edifici vincolati, anche se non tutti lo sono, sono necessari milioni di euro. Un esempio può aiutare. Le 5 palazzine date in concessione 9 anni fa ad una Società locale hanno, in totale, una superfice di 250.000 metri cubi. La ristrutturazione viene a costare almeno 700 euro al metro cubo. In totale l’investitore deve spendere 35/40 milioni di euro per ognuno degli immobili ai quali vanno aggiunti i costi di acquisizione e il canone annuale. Bisogna quindi attrarre una iniziativa economica che ripaghi, negli anni, l’investimento e non può essere un bar o un ristorante».

«Si potrebbe copiare dalla storia - conclude Carbone. Le città marinare divennero ricche e potenti accogliendo e fondando “fondachi”. Nulla di strano se, come nella Venezia del ‘600, si favorisca la costituzione di fondaci dei Turchi o dei Tedeschi o di chi per loro che potrebbero pensare ad un punto di penetrazione nel mercato europeo. Se poi qualcuno intendesse realizzare il “suo fondaco”, in tutto o in parte, in regime di punto franco non mi scandalizzerei anche se nessuno mi ha spiegato perché non è stato fino ad ora utilizzato per promuovere nuove attività».

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Porto Vecchio, l'avvocato Carbone «Rilancio della città possibile, necessari capitali privati»

TriestePrima è in caricamento