rotate-mobile
Politica

Regolamento scuole, Brandi: "Chi non sa la lingua sarà più seguito"

L'assessore motiva il tetto del 30% per gli stranieri: "Spesso i genitori stessi hanno problemi a comunicare, in un anno 139 interventi di mediatori culturali". Sul crocifisso: "Paragonabile alla bandiera italiana". Sul grembiule: "Elimina differenze tra ceti sociali, niente più sfilate di moda"

“Il nuovo Regolamento delle scuole per l'infanzia non esclude nessuno e migliora l'efficienza dei servizi educativi per chi ha difficoltà con la lngua italiana, nel rispetto delle nostre tradizioni” questo, in sintesi, il messaggio del gruppo consiliare di Forza Italia, dopo l'approvazione del regolamento lunedì scorso in Consiglio comunale, in un incontro alla presenza degli assessori Angela Brandi e Lorenzo Giorgi, per "sgombrare dubbi e strumentalizzazioni”.

“La maggioranza è stata compatta - ha precisato il consigliere Piero Camber (FI) - tra noi non ci sono contrasti. Anche in questo caso, come nel caso della normativa sui vaccini, il nuovo regolamento sarà uno degli apripista a livello nazionale”.

Graduatorie

Così ha dichiarato l'assessore all'educazione Brandi: “In questi giorni si è sentito di tutto sul regolamento, è ora di fare chiarezza. Quattro i punti qualificanti nelle graduatorie d'accesso: saranno valorizzate le famiglie più numerose, quelle con elementi di fragilità, (se ci sono persone disabili, se i bambini sono orfani, o in caso di fragilità economica), quelle con situazioni lavorative complesse, ossia se entrambi i genitori lavorano, se lavorano su turni o se sono pendolari, e infine viene valutata la continuità educativa: se il bambino sta già frequentando gli sarà garantito l'intero percorso. Aumentato il punteggio anche per i bambini adottati, e in caso di fratelli già frequentanti”.

Educazione: 23 associazioni contro il Regolamento scuole per l'infanzia 

Tetto del 30%

Per quanto riguarda il tetto del 30% dei bambini stranieri Brandi rassicura: “Nessun bambino che abbia fatto domanda rimarrà escluso, anzi, se il trend è quello della denatalità, in futuro alcune scuole potrebbero rimanere chiuse per mancanza di iscrizioni. Abbiamo in tutto 30 scuole comunali per l'infanzia, siamo una rarità in Italia, dove le scuole sono per lo più statali. Non abbiamo problemi di accoglienza, i bambini stranieri sono il 17,93% ma in alcuni istituti la percentuale supera il 40 percento o il 30, in altre molto meno. Il tetto del 30% per alunni non di cittadinanza italiana è già previsto da una circolare del 2010 per le scuole statali finalizzata a un'istruzione di qualità eliminando le criticità per la conoscenza lingua italiana”.

Molte richieste di mediatori culturali

“Abbiamo ben 33 diverse nazionalità nelle scuole per l'infanzia – continua Brandi – abbiamo ricevuto segnalazioni da insegnanti che hanno trovato difficoltà a comunicare anche con i genitori di questi bambini, che si ritrovano spaesati perché non conoscono la lingua. Abbiamo avuto quest'anno 139 richieste di mediatori culturali, con una spesa di 14mila euro, quindi è necessario sgravare alcune scuole, semplicemente per ridistribuire il lavoro dove ci sono meno famiglie con queste esigenze”. Un esempio riportato dall'assessore: “Nella scuola Don Chalvien di via Svevo c'è il 34,7% di bimbi stranieri, in un'altra scuola che dista soli 4 minuti a piedi, si parla del 18%. Questo regolamento non arrecherà disagi alle famiglie nemmeno per gli spostamenti, chi afferma l'incontrario lo fa per ignoranza o malafede”.

Crocifisso paragonabile a bandiera italiana

Molte, finora, le obiezioni sull'obbligo del crocifisso, che Brandi ha definito: “Paragonabile alla bandiera italiana, rappresenta la nostra cultura e le nostre radici fatte di tolleranza e uguaglianza. Come la questione della religione cattolica, la cui offerta è obbligatoria nelle scuole per legge, anche se non è obbligatorio scegliere l'opzione, e in caso contrario sono previste attività alternative. Qualora non si barrasse alcuna casella, per silenzio assenso verrà assegnato l'insegnamento della religione”.

Il grembiule

È stata infine affrontata la questione dell'obbligatorietà del grembiule: “Una questione di praticità: i bambini giocano e si sporcano facilmente, ma soprattutto il grembiule è un segno di appartenenza alla scuola e un criterio uguaglianza rispetto a tutti i bambini, che distrugge le differenze di ceto sociale. Quindi niente più sfilate di moda, niente paragoni o emulazioni”.

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Regolamento scuole, Brandi: "Chi non sa la lingua sarà più seguito"

TriestePrima è in caricamento