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Pallacanestro, l'intervista a Fernandez: "Qui sono come a casa"

Il giocatore italo-argentino analizza la propria stagione: “Ho dimostrato agli scettici di meritare questa categoria, Trieste è perfetta per me”

In una famiglia come la sua, la quarantena casalinga non poteva che trascorrere nel migliore dei modi: ovverosia tra giochi, canti e balli con i propri figli, nella tradizione della... premiata “ditta Fernandez”. Ma per il capo-famiglia Juan c’è anche la consapevolezza che quella messa alle spalle è stata anche la stagione di una piccola consacrazione personale. Perché, in tempi non sospetti, c’è chi credeva poco in un “Lobito” trascinatore di squadra...

Il campionato si è chiuso già da tempo: se un domani ti chiedessero di raccontarlo?

“Prima dell’emergenza sanitaria, sono stati mesi indubbiamente impegnativi. La stagione è iniziata con la società che ha dovuto concentrarsi sul dopo-Alma e su una serie di problemi da affrontare, noi come giocatori abbiamo vissuto una sorta di fase di transizione all’interno di un team che poi, grazie agli innesti dell’ultimo periodo, ha cercato di cambiare pelle. Restano sicuramente le buone sensazioni di aver trovato nelle ultime partite un qualcosa in più che prima ci era mancato. La squadra stava dando i segnali giusti, poi nessuno potrà dirci se fossimo davvero sulla strada della salvezza, tuttavia i presupposti c’erano tutti”.

E poi c’è stato il tuo, di campionato. Quella tripla della vittoria contro Sassari è forse solamente la punta dell’iceberg...

“È innegabile che abbia avuto un ruolo più importante rispetto al passato, per tutta una serie di motivi. Stando meglio fisicamente rispetto alle stagioni scorse ho finito naturalmente col rendere maggiormente di più. Riuscendo a gestire bene il mio stato di forma poi tutto è diventato più semplice e sono contento di questo”.

Facciamo un passo indietro: prima ancora di arrivare a Trieste, c’è chi non credeva a un Fernandez che potesse tenere così bene il campo anche nella massima serie. Una piccola rivincita te la sei presa, non trovi?

“Diciamo che quella era diventata una mia sfida personale, più per dimostrare a me stesso che agli altri che ero in grado di reggere il parquet anche in A. Tornare in A2, rivincere il campionato e potermi giocare le mie carte era un desiderio che mi sono portato dietro per parecchio tempo. Volevo dare un piccolo segnale a tutti coloro che in passato non mi avevano dato credito. Ho avuto la fortuna di arrivare nel posto giusto al momento giusto, con un allenatore che mi ha dato fiducia e in un contesto di squadra comodo per me: cercavo davvero tutto questo e l’ho trovato. Anche per questo ringrazio Trieste per avermi scelto”.

C’è anche un rapporto tutto speciale che in questi anni si è creato con questa città.

“Posso dire che, assieme a mia moglie Genesis e ai nostri bimbi, di fatto amiamo legarci ai posti dove andiamo. Era successo a Brescia, seppure poi quella avventura no sia finita bene per me, Trieste come calore è molto simile perché abbiamo trovato delle persone che ci hanno fatto sentire subito a nostro agio. Oltre a essere una città molto bella, si vede come qui si respira pallacanestro a pieni polmoni. La nostra è una squadra che viene tifata tanto e con rispetto, i supporters dimostrano di avere sempre la voglia di vederci vincere e di seguirci in massa. Naturalmente questa è una situazione che personalmente mi appaga, perché mi sento come se fossi qui da una vita. E proprio qui voglio proseguire a giocare, questa è una piazza che ti invoglia a restare a lungo”.

Sei sotto contratto con la Pallacanestro Trieste anche per il prossimo anno: come ti immagini il futuro?

“La mia concentrazione è sicuramente rivolta a continuare a dare il massimo con questa maglia, non avendo per fortuna l’ansia di dover cercare altrove. È altrettanto chiaro che, prima di capire quale squadra potrà essere costruita per il prossimo campionato, anche il solo fatto di non sapere quando potremo tornare ad allenarci è una condizione difficile per noi atleti. Pur non giocando, per un giocatore è necessario riabituarsi alla routine di ogni giorno. Vedremo se nelle prossime settimane riusciremo a poter nuovamente mettere piede in palestra, magari uno alla volta. Grazie a “Coro” e al professor Paoli stiamo facendo parecchi allenamenti a casa, chiaramente però desideriamo un po' tutti tornare a un minimo di normalità, anche solo per provare un po’ di schemi con “Lego” e “Citta”. Sappiamo quanto sia difficile in questo momento riuscire a pianificare il lavoro tecnico per uno sport di contatto come il nostro: di certezze ce ne sono davvero poche, allo stato attuale. Personalmente sono tranquillo, anche perché Trieste può comunque ripartire dalla solidità della società e di avere un main sponsor come Allianz”.

Questo periodo ci ha privato, oltre che del basket, anche di tutto ciò che eravamo abituati a fare. Riusciremo davvero a metterci tutto alle spalle in breve tempo?

“Credo che il mio pensiero vale sino a un certo punto, credo comunque che vivremo i prossimi mesi sicuramente con un pizzico di paura: reputo fondamentale dover ritrovare la fiducia di andare in giro senza troppi pensieri, è altrettanto vero che l’esperienza che tutti noi stiamo vivendo non dovrà essere dimenticata. La speranza è davvero di uscirne tutti più forti”.

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