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Il disco

Racconto di confine e frontiera di calcare, ecco "Fogo nero", il nuovo disco di Toni Bruna

L'album arriva esattamente dieci anni dopo "Formigole". Perché le quattordici tracce si aggiungono all'estetica di confine e hanno tutta la dignità di una colonna sonora. La recensione di un disco "che cambia punto di vista, ouverture carsolina sul mondo di Levante e viceversa"

Vivere a ridosso di una frontiera che dentro quelle fiamme è morta più volte, tra il ricordo dei giorni sereni e la resurrezione delle identità delle sue genti, suoni compresi. Se qualcuno si sognasse finalmente di raccontare il nostro confine ecco che "Fogo Nero", seconda e attesa opera di Toni Bruna, potrebbe aspirare a recitare il ruolo di narrazione musicale. Per chi conosce l'autore (cantautore aggiunge "solo" gli accordi di una chitarra, scrivere è molto di più) sgomberiamo subito il campo. Se vi aspettate il bis di Formigole è meglio che interrompiate la lettura subito. L'album, alla quale ha lavorato anche Alessandro Giorgiutti nella registrazione e Jan Sedmak alla grafica, arriva dieci anni dopo il miglior album in dialetto triestino degli ultimi 50 anni. 

Cambiano i tempi, nascono suoni diversi

Ma i giorni di oggi - o di ieri, non fa differenza - sono distanti. E se la voce di Bruna è la stessa, i suoni nell'album raccontano di un'anagrafica diversa. "Se te vol 'ndar mi no te vegno drio" ridisegna fiati come armonie dopo la fine di un conflitto. Dice essere "un disco duro, de piera freda, ghe dentro tuti, i vivi e i morti" e ancora, un disco "suto, de inverno sul Carso, de caminar soli per bosco": è la geografia ad essere cambiata, lo sguardo che fa sì che Trieste rimanga ad ovest, e non più oriente. Si capisce dalla fisarmonica che, come una vaporiera diretta a Hrpelje, trasforma le praterie in calcare. Ci sono mutazioni silenziose. L'album ci sussurra vecchi racconti, vicino e dentro al fuoco.  

L'ouverture carsolina sul mondo di Levante

Su Bandcamp e a breve su tutte le piattaforme digitali e in qualche libreria, Fogo Nero mette uno sopra l'altro tanti fogli di carta velina e forse, quel bisogno di radicare l'appartenenza della nostra anima in un posto altrettanto significativo, oggi ha dalla sua un altro amico. Ha seguito le orme di chi va a piedi lungo i boschi e poi ha trovato la porta a cui bussare. Dall'altra parte, dice Bruna, non c'è nessuno ma in realtà c'è tantissima maturità, particolarmente in alcuni passaggi strumentali (il finale di Pele e ossi è da brividi), tra cui quelli di "Verzi e sera" e "Sera e verzi" (nelle fisarmoniche c'è tutta l'ouverture carsolina sul mondo di Levante, tra la Ciceria e la Glinščica, tra le foreste del Nevoso e i faggi dello Slavnik). C'è, infine e soprattutto, quella frase: "Xe canzoni che no vol far contento nissun, le sta là per conto suo, se te piasi te le scolt e se no quela xe la porta". 

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