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"Trieste, ghe canto sora", il nuovo disco di Lorenzo Fragiacomo

La recensione di Emiliano Marosi sul nuovo album dell'artista triestino

Muli, sta recension del novo disco de Lorenzo Fragiacomo (quel de Miti Caffè, del Nutty, del Iguana déi) xe in due parti: questa, corta, e una un poco più longa, scrita per talian. Deso mi ve digo solo questo: “Trieste, ghe canto sora” xe un disco de canzoni in triestin, ma forti, che no conta monade sula nostra cità, che se pol cantar andando su per le alte in auto o diretamente in osmiza. Lo podé scoltar su Spotify, Youtube, e tute le altre piataforme de musica: se no gavè tempo de leger sta recension, ve basti questo, fideve: zerché “Trieste, ghe canto sora”, e farè la roba più boba de tuta la vostra estate. Se inveze se curiosi, eco qualche riga in più per voi.

Se si percorre la carriera di Lorenzo Fragiacomo, figura carismatica della vita musicale cittadina, si può notare una costante evoluzione che ha portato l’artista a elaborare un linguaggio peculiare e originale: tuttavia, è nel 2016 che il nostro rilascia una canzone, Senilità, in cui alla musica - un dream-pop lento e sornione - si unisce un testo straniante, per metrica ardita e quasi dissonante e per contenuto, così sospeso tra riflessione matura e osservazione ironica. Ciò che in quel singolo imperfetto eppure affascinante era appena sperimentato, trova una sua matura espressione in Trieste, ghe canto sora, un disco in dialetto. Lungo i nove brani che lo compongono, i suoni esplosivi del triestino, le metriche tradizionali (per citarne solo una, Go visto Mara potrebbe essere una sorta di Omo Vespa per il suo andamento sbruffone e blues) si fondono perfettamente alla musica, nella quale troviamo, fusi in modo personale, tutti gli ascolti di Fragiacomo. Il tono dei testi è sempre sospeso tra contrari, in linea con la ruvidezza e i fiori di cui parlava Saba: Costevol machineta è uno ska lento (gli Specials qui ricevono un grande omaggio) sul rapporto tra uomo e slot-machine, quelle che troviamo facilmente di qua e di là dal confine; la Scott-Walkeriana Canzon finida ben (e l’analoga finida mal) ci tratteggia in modo leggero la nascita e la fine di un amore tra caffè, cichini, Barcola e qualche difficoltà economica; ‘Ndemo al bagno è invece una canzone in cui si riflette con una lieve, ma empatica, amarezza sulla Ferriera e sulla filosofia di vita dei triestini (‘ndemo al bagno ciò, porta el costume dei, xe ancora posto, te se fa rosto, dopo te basterà solo una scartazada è una sorta di Viva l’A e pò bon per i tempi moderni, ma meno autoassolvente);  il divertissement autoironico Kajun el fio de Kirby ci porta in un immaginario western fatto di persighi, ermelini, fliche e nagane ed è un’autocitazione divertita (Kirby è un pezzo leggendario - ancorché molto bello - pubblicato su 7” qualche anno fa da Fragiacomo); infine, i tre brani più lunghi (tutti tra i 5 e i 7 minuti): Italianisima, il cui protagonista è un ironico cocal che osserva bonariamente la sua città dall’aria tormentosa e dall’identità multipla; l’onirica e quasi filmica Soci Karloff ma soprattutto la meritatamente celebrativa (ma nel giusto segno: gavemo fato tuto questo per star ben, mica palle!) Nutty Iguana, che ripercorre vent’anni di grande vita notturna cittadina. Lorenzo Fragiacomo con questo disco ha pubblicato un classico della triestinità e un piccolo capolavoro di musica italiana: sarebbe ora che chi si occupa di trovare i talenti si accorgesse di questo musicista, crooner, entertainer e barista e gli desse il risalto che merita; nel frattempo, noi triestini, che più di tutti gli altri possiamo capire lo spirito di questo album, godiamocelo. Muli, difondè el verbo!

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