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Un'indagine rivela le cause della tristezza, o della gioia, sul posto di lavoro

Cosa influenza l'umore dei lavoratori in positivo o in negativo? Per rispondere a questa domanda InfoJobs, la piattaforma di ricerca di lavoro online, ha fatto un'indagine che mostra cos'è che davvero ci intristisce a lavoro, o al contrario ci rende felici. Ecco i risultati

C'è chi lo ama e c'è chi lo odia, soprattutto perché si torna a lavoro. Tutti i lunedì i lavoratori si portano dietro un po' di malinconia, spesso si pensa infatti che si dovranno fare i conti con un'intera settimana in ufficio, riunioni, nuovi obiettivi e scadenze da rispettare. Ma è davvero possibile che un giorno della settimana possa influenzare tanto l'umore dei lavoratori in positivo o in negativo? Oppure le cause della tristezza, o della gioia, sul posto di lavoro vanno ricercate altrove?

Per rispondere a questa domanda InfoJobs, la piattaforma di ricerca di lavoro online, ha fatto un'indagine che mostra cos'è che davvero ci intristisce a lavoro. Ecco i risultati.

Cosa ci rende tristi a lavoro? 

Secondo quanto rilevato da InfoJobs, nella top 5 degli elementi sinonimo di tristezza al lavoro ci sono: al primo posto (per il 44,1%) le tensioni con capo e con colleghi, al secondo posto (37,5%) l’essere impiegati in un lavoro lontano da quello dei propri sogni e che viene svolto per esigenza economica. Al terzo posto c’è proprio la retribuzione, che se non adeguata e commisurata a impegno profuso ed esperienza è per il 26% un elemento di turbamento del buonumore. Al quarto posto si posiziona (21%) l’impossibilità di bilanciare esigenze lavorative e personali. In chiusura - è il caso di dirlo - della triste classifica, con il 14,1%, ci sono gli orari di lavoro con permessi e ferie non sempre rispettati.  

Un caso particolare è quello dei lavoratori in smart working: per la maggior parte di loro (30%) è il mancato distacco fra lavoro e vita privata il responsabile di un umore a terra. Segue l’idea di non sapere a quando ci sarà il vero ritorno alla “normalità” (25%) e la mancanza di convivialità con i colleghi (20%), come ad esempio la famosa pausa caffè alla macchinetta. Infine la difficoltà nel dover gestire progetti e lavori a distanza (15%) provoca un senso di tristezza dovuto alla mancata possibilità di potersi riunire e lavorare realmente in gruppo, l’11% poi soffre in particolar modo la lontananza dai colleghi, probabilmente collegata all’idea di lavoro nel senso più tradizionale.

Cosa ci rende felici a lavoro?

A determinare il buonumore al lavoro è, secondo quanto analizzato da InfoJobs, in primo luogo (36%) un ambiente favorevole e disteso con colleghi e capi, e questo fa superare anche la sensazione di non svolgere propriamente il lavoro dei propri sogni. Segue a breve distanza (34%) la possibilità di svolgere una mansione che consenta un giusto equilibrio fra gli impegni di business e quelli privati; infine, ma non meno importanti, ci sono i tanto attesi risultati e riconoscimenti da parte dell’azienda (18,4%), la gratificazione è da sempre premiante sia in termini di umore del lavoratore che in termini di produttività.

Gli smartworkers, o chi ha provato il lavoro agile anche per un breve periodo, trovano soddisfazione e felicità soprattutto nell’evitare il commuting (32,4%), potendo fare a meno dell’uso di mezzi per gli spostamenti casa-lavoro. Al secondo posto (31,7%) fra le motivazioni di felicità c’è il poter gestire in autonomia i tempi da dedicare alle attività professionali e quelli per sé e per i propri affetti. Al terzo posto (27,6%) troviamo il poter beneficiare di pranzi e colazioni più distese e non con la solita fretta di un tempo, fra brioche infilate nel pc mentre si chiama l’ascensore e si pianificano meeting.

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