Alina più volte vittima di violenza, un anno fa denunciò abusi sessuali
Nel corso dell'ultimo periodo la giovane ucraina finì molto spesso al Pronto Soccorso a causa di episodi violenti. In un caso, verso la fine di ottobre 2020, Alina riferì di aver subito, più volte, abusi di natura sessuale. Vennero allertate le forze dell'ordine
Alina Trush, la quarantatreenne di origine ucraina trovata morta nel suo appartamento di viale D’Annunzio, negli ultimi anni sarebbe stata vittima di diversi episodi di violenza per mano altrui. Alcune di queste violenze, inoltre, sarebbero emerse come sospette a causa del loro carattere sessuale. Il periodo in cui è emersa la comunicazione - di cui erano state avvisate anche le forze dell'ordine - è la fine del mese di ottobre dell'anno scorso ma gli episodi che la portano in Pronto Soccorso (che molto spesso abbandona volontariamente) sono svariati. Le cause del decesso dell’ex modella e ballerina non sono ancora note, anche se la presenza in casa di alcune boccette di metadone e di siringhe aperte non esclude, al momento, la pista dell’overdose. Le ragioni della morte verranno chiarite dal risultato dell'autopsia.
La madre chiede verità per Alina
È stato appurato come la quarantatreenne fosse in carico al Dipartimento delle Dipendenze di Asugi ma dall'azienda non giungono informazioni, anche e soprattutto a causa dell'indagine. L’inchiesta in corso è nelle mani della Procura della Repubblica di Trieste. Il Procuratore capo Antonio De Nicolo l’ha secretata anche per evitare che prendano il sopravvento alcune ricostruzioni a dir poco approssimative. Dalle colonne del quotidiano Il Piccolo la figlia e la madre di Alina chiedono verità. Secondo la madre, che si trova in Ucraina, nell’ultimo periodo Alina avrebbe frequentato una persona dai modi violenti.
Alcune frequentazioni del passato
Ma alcune frequentazioni passate, anche e soprattutto sulla base dei racconti digitali di Alina (che non appaiono sempre lucidi, ergo non totalmente coerenti), sfociano in qualcosa forse più grande di lei. Il 14 marzo del 2020 condivide il profilo di una persona su Facebook e scrive queste poche righe: “Vive gratis e prima di me 6 mesi contava che moglie morta.. fa così sempre.. ha provato uccidere figla e adesso figlio. ATENTI”. Qualche tempo prima accusa un’altra persona (omonima, forse la stessa con due profili?) di aver fatto un figlio ed essere scappato da qualche parte. Il nome della persona, in entrambi i casi, è lo stesso.
Cosa c'entra quest'uomo con Alina?
Le generalità di questa persona, attraverso una rapida ricerca, emergono nell’ottobre del 2014 nell’ambito di una grossa operazione antidroga condotta dalla Squadra Mobile di Trieste e che porta a molti arresti. L’uomo in questione (a meno che non si tratti di un clamoroso caso di omonimia) faceva parte di una banda di trafficanti di cocaina smantellata anche grazie alla collaborazione della polizia slovena. Secondo gli investigatori, lui e un altro componente della banda risultavano domiciliati ad Ancarano dove avevano “affittato un appartamento a nome di una ragazza ucraina regolarmente residente”. È Alina la ragazza ucraina che fa da prestanome ai trafficanti di droga? Alina ha avuto una relazione con lui in quel periodo? Il 2014 coincide con gli anni in cui la vita della 43enne prende una piega turbolenta? Perché Alina lo prende di mira sui social? Tutte queste domande non hanno ancora una risposta, anche perché tutte le informazioni sono sotto embargo.
L'ultima relazione
Nel frattempo, oltre all’autopsia e proprio sulla base delle recenti frequentazioni, gli investigatori vogliono vederci chiaro. Ad agosto di quest’anno sul suo profilo Facebook Alina annuncia un fidanzamento ufficiale. In quei giorni vengono pubblicate foto assieme ad una persona di origine balcanica. È lui la persona che, secondo i testimoni, avrebbe minacciato di morte Alina domenica 28 novembre? Al momento non lo sappiamo visto che rimangono ancora tanti, forse troppi, gli interrogativi sulla morte della giovane ucraina. Le cause del decesso verranno fornite solo dall’autopsia, ma ciò che sembra essere sempre più evidente è che il mondo sommerso triestino, tra droga, degrado e mal di vivere, emerge solo in contesti di cronaca nera. E molto spesso quando ormai è troppo tardi per tutti. [continua]