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Cronaca

Quarantena per frontalieri in Croazia, i sindacati: "Contraria a libera circolazione"

Così il Consiglio Sindacale Interregionale Italo-Croato Alto Adriatico: "il fatto che tali lavoratori, esclusivamente a titolo precauzionale e pur in assenza di alcun tipo di sintomatologia, siano impediti a presentarsi sul posto di lavoro rappresenta una misura eccessiva"

Il C.S.IR. – Consiglio Sindacale Interregionale Italo-Croato Alto Adriatico (l’associazione che riunisce i livelli regionali di CGIL, CISL e UIL del Friuli Venezia Giulia e del Veneto e gli uffici della Confederazione sindacale SSSH delle contee Istriana e Litoraneo-Montana, finalizzata alla cooperazione sindacale e alla tutela dei lavoratori frontalieri che si muovono tra Italia e Croazia) ribadisce la propria preoccupazione per le notizie riportate nei giorni scorsi dai media del Friuli Venezia Giulia e dell’Istria, e riferite alla decisione dello Stato croato di imporre ai lavoratori frontalieri impiegati in territorio italiano e lì residenti l’isolamento auto- imposto per 14 giorni presso la propria abitazione, una volta rientrati in Croazia. RIportiamo la nota stampa del Consiglio.

"Pur comprendendo la necessità della Croazia di porre in essere misure finalizzate al contenimento dei contagi dalla pandemia COVID-19 sul proprio territorio nazionale, il fatto che tali lavoratori, esclusivamente a titolo precauzionale e pur in assenza di alcun tipo di sintomatologia, siano impediti a presentarsi sul posto di lavoro in Italia rappresenta una misura eccessiva, che costituisce un’ingiustificata limitazione del diritto alla libera circolazione delle persone a scopo di lavoro, uno dei quattro pilastri su cui si fonda l’Unione europea.

Tale decisione, inoltre, si pone in contrasto con la Comunicazione emanata lo scorso 30 marzo dalla Commissione europea, “Linee guida riguardanti l’esercizio della libera circolazione dei lavoratori durante l’epidemia COVID-19”, che ha voluto ricordare a tutti i paesi dell’Unione come la circolazione dei lavoratori frontalieri, distaccati e stagionali non possa essere del tutto preclusa – essendo, per converso, necessario individuare casistiche e forme tali da consentirne l’esercizio -, nemmeno durante il corrente periodo di epidemia.

Il C.S.IR. ritiene che la Repubblica di Croazia dovrebbe assumere misure diverse nei confronti dei lavoratori frontalieri (sulla scorta di quanto hanno fatto altri paesi dell’Unione europea confinanti con l’Italia), che non abbiano come conseguenza il blocco totale del loro lavoro. Il C.S.IR. ha avuto notizia dell’esistenza di tale problematica sin dallo scorso 10 marzo, anche in quanto informato di ciò direttamente dai lavoratori frontalieri che assiste, e si è immediatamente attivato inviando una richiesta di incontro sul merito al Console Generale della Repubblica di Croazia a Trieste, a cui però non ha mai ricevuto risposta. Nondimeno, le organizzazioni sindacali del Friuli Venezia Giulia che lo costituiscono hanno sollevato il problema nei tavoli di crisi con la Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia e, similmente, la Confederazione croata SSSH si è preoccupata di monitorare la situazione con le competenti istituzioni croate, al momento tuttavia senza riuscire a sbloccare la situazione.

Inoltre, il C.S.IR. ha denunciato la situazione causata dalle autorità croate pure alla C.E.S., Confederazione Europea dei Sindacati, sotto la cui egida opera, perché la segnalasse direttamente alla Commissione europea. Al netto della situazione italiana, che vede ancora il blocco produttivo quasi generalizzato, attualmente il problema sopra descritto riguarda per certo lavoratori frontalieri residenti in Croazia e impiegati nella logistica-portuale, nell’edilizia e nel lavoro domestico di Friuli Venezia Giulia e Veneto, anche se il C.S.IR. 2 ritiene interessi pure altri settori. Fermo restando che il diritto alla libera circolazione di questi lavoratori deve rimanere limitato esclusivamente al bacino dei servizi essenziali autorizzati (tra cui vi è quello del lavoro domestico e dell’assistenza alla persona), la situazione sopra descritta è particolarmente grave, in quanto tali lavoratori risultano attualmente assenti ingiustificati e rischiano di rimanere privi di alcuna copertura salariale a loro tutela, se non addirittura di perdere il proprio posto di lavoro.

E gli strumenti straordinari varati dall’Italia per contrastare la crisi dovuta dalla pandemia COVID-19 rischiano di essere poco tutelanti per questi lavoratori, sia perché l’equiparazione tra quarantena o isolamento auto imposto alla malattia deve essere prescritta dal medico croato (che certamente non riceve le Circolari esplicative in materia emanate dell’INPS) per consentire a tali lavoratori di ricevere in busta paga almeno l’indennità di malattia, sia perché – come noto – la cassa integrazione in deroga non copre il settore del lavoro domestico.

Il C.S.IR., che nel 2020 compie 25 anni di vita, lancia un appello ai lavoratori frontalieri impiegati in Friuli Venezia Giulia e in Veneto, ricordando loro che le organizzazioni sindacali ad esso aderenti sono perfettamente in grado di assisterli e di tutelarli - anche in questa particolare vicenda dovuta alla pandemia COVID-19 ,- invitandoli dunque a rivolgersi con fiducia al sindacato confederale italiano (presente pure in Croazia con i propri uffici di Patronato, che già assistono molti lavoratori) e croato. Da parte sua continuerà a ricercare di pervenire a una soluzione soddisfacente di questo problema.

Il C.S.IR. constata tuttavia con amarezza come il frontalierato in entrata nelle regioni del Nord-Est italiano, proveniente dalle Repubbliche di Slovenia e Croazia e storicamente caratterizzato da consistenti sacche di lavoro sommerso, sia ancora così poco riconosciuto e tutelato dalle autorità competenti dei paesi interessati, che non lo pongono mai come priorità nelle loro agende. Il paragone risulta impietoso, soprattutto se comparato con altri fenomeni di frontalierato che interessano l’Italia – uno per tutti quello in uscita riguardante i lavoratori residenti nelle regioni del Nord-Ovest italiano e impiegati in Svizzera -, in cui, al netto di numeri di certo più consistenti, il livello di interlocuzione e dialogo tra le istituzioni dei due paesi garantisce un livello di attenzione e di tutela di tali lavoratori nettamente superiore e che ha portato, anche in occasione della pandemia COVID-19, all’individuazione di soluzioni soddisfacenti, in grado di tutelare il loro diritto all’esercizio della libera circolazione. Trieste, 21 aprile 2020 L’Ufficio di Presidenza del C.S.IR.

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