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Martedì, 5 Dicembre 2023
La storia

Dal cuore dell'Europa alla Nigeria, una triestina alla guida dell'Istituto Francese di Ibadan

Nella primavera del 2022 Barbara Morovich ha vinto un concorso per dirigere l'importante struttura di ricerca e tutelata dal governo di Parigi. "E' molto raro che una persona non francese venga nominata alla direzione della struttura. Sono venuta qui per capire la crisi climatico-politica a partire dall'Africa. Non mi interessa la facilità". La storia

IBADAN (Nigeria) - Chi ci è stato sostiene che sia impossibile staccarsene in maniera definitiva, anche se c'è una bella differenza tra vestire l'abito del turista e diventarne cittadini. Se il cosiddetto mal d'Africa esiste davvero, sembra aver contagiato anche chi, come la triestina Barbara Morovich, dopo moltissimi anni da professoressa di antropologia sociale alla facoltà di architettura dell' università di Strasburgo, ha deciso di partecipare ad un concorso che metteva in palio la direzione dell'Istituto Francese di Ricerca di Ibadan, in Nigeria. "Il concorso si è svolto in primavera, è stato molto laborioso e lungo - racconta Barbara, raggiunta da chi scrive - ma alla fine ce l'ho fatta. Tra le altre cose, è molto raro che una persona non francese venga nominata alla direzione della struttura". L'Ifra si trova all'interno dell'Istituto di Studi africani dell'università di Ibadan, seconda città della Nigeria a circa tre ore di distanza da Lagos, la capitale economica del Paese. 

Il racconto di Barbara

Nell'ultimo periodo della sua vita Barbara Morovich ha insegnato a Strasburgo, ma in Africa c'era già stata molti anni prima. Per questo motivo il richiamo è stato fortissimo. "L'Istituto che dirigo - continua - fa parte di una rete di istituti francesi di ricerca nel mondo che svolgono studi e ricerche in scienze umane e sociali". Per legge si trovano sotto una doppia tutela, quella del ministero degli Esteri e del Centro Nazionale per la Ricerca. "Il mio lavoro consiste nel coordinamento e nella direzione delle ricerche in corso, con l'aiuto di un'equipe di ricercatori e amministrativi, sia francesi che nigeriani". Lavora a stretto contatto con la "piccola" equipe, ma Barbara è orgogliosa dell'impegno che viene profuso nel portare avanti il lavoro quotidiano. "Accogliamo tanti ricercatori di passaggio e di diverse nazionalità - spiega - e mettiamo in piedi delle collaborazioni soprattutto in materia di insegnamento, come seminari e workshop, per gli studenti nigeriani a livello di master e di dottorato". 

"Non mi interessa la facilità"

L'Ifra, che conta poco meno di una ventina tra ricercatori senior e junior e dei numerosissimi "fellows", si occupa in maniera multidisciplinare di progetti che vanno dall'archeologia all'antropologia, dalla storia fino alle scienza politiche. "La Nigeria è un ottimo osservatorio di varie tendenze sul continente africano, essendo lo stato più popolato e con maggiori risorse". Nonostante la vita quotidiana non sia particolarmente semplice, Barbara voleva "vivere il post CoViD-19 e la crisi climatico-politica a partire dall'Africa, anche perché la facilità non mi interessa tanto. Non sono una specialista della Nigeria, ma sto imparando".

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