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Cronaca

Casa delle Culture come Auschwitz, immagine shock su Facebook

Nell'immagine pubblicata, ritratta la Casa delle Culture sovrastata dalla scritta "Arbeit macht frei", tragicamente nota perchè si trovava all'ingresso del campo di sterminio di Auschwitz

Apparsa ieri (giovedì 19 maggio 2016) su Facebook un'elaborazione grafica shock contro la Casa delle Culture, che ha fatto indignare in molti: l'immagine ritrae la struttura di via Orlandini sovrastata dall'insegna "Arbeit macht frei", tristemente nota in quanto si trovava all'entrata del campo di sterminio di Auschwitz.

A completare l'immagine, una didascalia che spiega come questa vignetta di riferisca al periodo "Ponziana 1940 - Casa delle Culture ebraiche", rincarando la dose con tanto di commento "Foto storica di una Trieste che non c'è più".

La Casa delle Culture, che non vuole rispondere direttamente a questa provocazione, ha pubblicato il giorno prima un post su Facebook in cui spiega che  «Da qualche tempo la nostra città sembra essersi trasformata in Gotham City: risse, aggressioni, molestie e terrorismo sembrano diventati il pane quotidiano di Trieste.  Non fosse che poi queste notizie da primo premio si dimostrano false o montate solo con lo scopo di vendere più giornali, aggregare più telespettatori, installare ovunque ulteriori telecamere e simili dispositivi di controllo e repressione o fingere di essere diventati i nuovi supereroi della città.  Guarda caso per essere salvati basta una crocetta sulla lista elettorale». 

«Secondo noi - continua il post -  il vero problema, non solo di questa città ma dell'Europa intera, sono tutti quei soggetti che a scopi meschinamente elettorali inventano notizie, alimentano paure ed odio e si alleano con gruppi dichiaratamente neonazisti: i veri terroristi della nostra società.  Nelle ultime settimane anche Casa delle Culture è tornata strumentalmente ad essere un “problema” per questi politicanti da tastiera, poiché quando non si ha niente di vero ed utile da dire è necessario trovare continuamente un nemico nuovo, qualcuno o qualcosa su cui sfogare il nulla delle proprie esistenze vuote e prive di qualsivoglia proposta per incidere nella realtà quotidiana e modificarla in meglio, a favore di tutte e tutti. Mentre questi soggetti si agitano sul web, millantando ronde punitive e tentando maldestramente di creare macchiettistiche e raffazzonate “coalizioni”, noi continuiamo come sempre a fare le nostre iniziative e a portare avanti i nostri progetti».

«Vogliamo essere - sottolineano -  parte di un’Europa che non abbia paura della propria ombra, ma che sia inclusiva, solidale e capace di leggere ed interpretare al meglio i grandi ed ineluttabili cambiamenti cui stiamo assistendo. È storicamente riconosciuto che una società che si rinchiude in sé stessa è destinata alla decadenza e all’esaurimento.  Il vero nodo risiede quindi nello scegliere tra una società chiusa nel suo nostalgico tradizionalismo e nelle sue paure ed una che invece fa dell’accoglienza, della solidarietà e della coraggiosa apertura verso il futuro i suoi punti imprescindibili sui quali fondare un mondo di maggiori opportunità per tutte e tutti. Rifiutiamo le paranoie securitarie, gli allarmismi generalizzati e la retorica retrograda e violenta di chi alimenta strumentalmente ansie e paure nelle persone».

«Vogliamo - ancora la Casa delle Culture -  provare a costruire un'alternativa fatta di solidarietà e diritti uguali e inalienabili per tutti, perché siamo convinti che è dalla loro estensione universale che si possa parlare di sicurezza, intesa in termini di garanzia per ognuno di accoglienza e di possibilità materiali e culturali per godere a pieno la propria vita e coltivare i propri sogni e passioni in libertà. Quest’ultima non può essere garantita finché esisterà una diversificazione e limitazione dei diritti per alcuni a favore di altri, se la legalità rimarrà questione e strumento di potere e se non verrà affrontato e risolto il tema fondamentale della sempre maggiore disuguaglianza economica ed ingiustizia sociale.  Parlare di redistribuzione di redditi e risorse, appianare gli enormi solchi che separano ricchezza e povertà, benessere e miseria potrebbe inoltre dimostrare (ma è solo un’ottimistica ipotesi...) a molti strillatori confusi ed esaltati di capire che l’odio verso il diverso, l’altro da sé, non è che l’ennesimo fuorviante meccanismo col quale le élite dominanti rigenerano sé stesse e la loro egemonia a discapito della stragrande maggioranza della popolazione che continua così a raccogliere le briciole, o meglio a lottare tra loro per accaparrarsele».

«Sin dalla sua nascita Casa delle Culture - spiegano i responsabili -  è stata vicina agli emarginati, agli ultimi ed ha tentato in molti e diversi modi di migliorare le loro e nostre condizioni di vita, combattendo pregiudizi, emarginazione e diseguaglianze evidenti, enormi ed inaccettabili.  Nell'ultimo anno, nello specifico, siamo riusciti, assieme all'aiuto di tanti altri, a creare Refugees Welcome to Trieste, una rete cittadina che ha aperto all'interno del nostro spazio un Bazar, che offre gratuitamente vestiti a chiunque ne abbia necessità, e una scuola di italiano per stranieri.
Assieme a tutt* quelli che hanno attraversato e costruito le attività di Casa delle Culture, partendo dai migranti stessi che partecipano ai corsi d'italiano e al bazar, abbiamo inoltre organizzato dei pranzi sociali e un cineforum attualmente in corso. Le nostre iniziative non si sono fermate qui: mentre gli agitatori da tastiera si – appunto – agitavano gridando “aiutateli a casa loro”, noi siamo stati su numerosi confini della Balkan Route, dove centinaia di migliaia di uomini, donne e bambini sono stati costretti a viaggiare in condizione inumane, a piedi o stipati nei treni e spesso privati dei requisiti minimi atti a mantenere e garantire la dignità propria di ogni essere umano. A fine marzo siamo partiti da Trieste in 12, assieme ad altre 300 persone provenienti da molte parti d'Italia e d’Europa, nel viaggio collettivo organizzato dalla campagna ‪#‎overthefortress‬, per portare aiuti e solidarietà ai migranti bloccati sul confine greco – macedone nell’enorme campo di Idomeni, simbolo della vergogna europea».

«Vorremmo -ancora -  poi ringraziare sentitamente chi ci suggerisce di fare una palestra in Casa delle Culture. E’ un’idea bella e stimolante. Infatti, per oltre tre anni abbiamo ospitato anche una palestra popolare, antifascista ed antirazzista. In questo progetto ha creduto e ci ha aiutato fino all’ultimo anche e soprattutto un migrante, Mamadou Sy, di cui la palestra ha portato il nome da quando ci ha prematuramente lasciato.  Mamadou aveva scelto di mettersi a disposizione dello sport popolare e di renderlo accessibile a tutti ad alto livello. Migrante, africano, mostrava a tutti che è possibile non arrendersi, tenere la testa alta ed essere meglio del destino, con dignità. Come lui crediamo che lo sport debba essere momento di condivisione e relazioni tra tutte le persone, combattendo le discriminazioni e chi le fomenta. Cogliamo inoltre l'occasione per ringraziare anche tutte le persone che da sempre ci aiutano e ci supportano nel tentativo di costruire un'alternativa in questa città che pare ancora faticare enormemente ad uscire da una crisi che non è solo economica ma anche e soprattutto sociale e culturale».

«Invitiamo chiunque - concludono - condivida con noi la voglia di partecipazione e aggregazione in una logica che sia includente e contraria a razzismo e xenofobia a venire a conoscerci. Per tutti gli altri, per chi ci odia e non ci sopporta, beh...continuate pure a scrivere letterine, poesie e post sui social network. E non dimenticatevi di taggarci, che altrimenti ci risulta difficile leggervi. Le vostre bacheche non le frequentiamo, le chiacchiere sgrammaticate e i discorsi sbrodolati e rancorosi ci scivolano addosso; abbiamo una dignità e lottiamo per mantenerla continuando con passione e convinzione il nostro percorso ma soprattutto scendendo nelle strade, parlando con la Trieste degna e portando avanti ciò in cui crediamo. Con serenità, umiltà e collettivamente. Rifiutiamo l’uomo forte, solo al comando, o l’utile idiota al suo fianco, e lo rifiutiamo perché per noi la condivisione partecipata di pratiche, idee e progettualità dal basso e la contaminazione fra persone sono le uniche strade attraverso le quali ricostruire un’idea di comunità fondata sull’antifascismo, l’antirazzismo e la contrarietà ad ogni forma di pregiudizio. Per la promozione di gioia, bellezza e cultura».

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