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Martedì, 23 Aprile 2024
Cronaca

Sgarbi a Trieste, Acli: «Oltrepassato il limite, politica prenda la distanze»

Il presidente delle Acli Trieste nel corso del recente congresso provinciale

Nota- Questo comunicato è stato pubblicato integralmente come contributo esterno. Questo contenuto non è pertanto un articolo prodotto dalla redazione di TriestePrima

Per quindici anni, a cavallo del Duemila, ho fatto l'arbitro di basket, raccogliendo anche discrete soddisfazioni dalla mia carriera. Molte sono state le partite delicate, play off, retrocessioni e derby, tuttavia una cosa mi è sempre stato molto semplice cogliere: la differenza tra un fallo di gioco e un fallo di espulsione.

Un fallo di gioco rappresenta la fuoriuscita temporanea, più o meno accidentale, dalle specifiche regole di comportamento che il gioco impone, con lo scopo di attribuire un vantaggio alla propria squadra.

Un fallo di espulsione invece è un'azione deliberatamente intrapresa da un giocatore al di fuori delle regole di civile convivenza tra i giocatori stessi impegnati nella partita, con il fine esclusivo di arrecare un danno esplicito a uno o più avversari.

Ebbene, ritengo che le ultime vicende di campagna elettorale abbiano chiaramente messo in evidenza un macroscopico fallo di espulsione che non mi sento di lasciar passare indifferente.

Non vi nascondo dunque che sentire certe volgarità mi ha letteralmente sconvolto.

So che le Associazioni che mi onoro di rappresentare in questo tempo, più che mai confuso e difficile, hanno saputo affrontare nei loro trascorsi settant'anni, molti dibattiti politici e molte diatribe elettorali. Ma si sono sempre spese per la comunità, consapevoli che la politica costituiva un perimetro all'interno del quale, pur con tutti i falli possibili, ogni giocatore impegnava se stesso e la sua squadra nell'ambito di un gioco che puniva con il massimo della sanzione ogni azione contraria al buon senso, alla civile convivenza, al rispetto dell'avversario e delle persone presenti tra il pubblico.

Fra le mille reazioni lette sui social e condivise con molte persone non necessariamente schierate da una o dall'altra parte, due sono le questioni che mi hanno veramente lacerato, ascoltando uno dei più famosi critici d'arte italiani.

Il primo aspetto riguarda l'evidenza "plastica" del fatto che in città esiste veramente il coraggio di utilizzare categorie linguistiche, di promuovere atteggiamenti e probabilmente di intraprendere provvedimenti a valenza normativa che intenzionalmente arrecheranno danno al prossimo, metteranno a seria prova la civile convivenza delle persone e non terranno conto neanche di uno dei primi insegnamenti che ogni giorno mi sforzo di testimoniare ai mei tre figli: il rispetto per l'Uomo e per tutto il Creato.

La seconda grande voragine che vedere quel maledetto comizio ha provocato nella mia anima ha la forma di un'altra presa di coscienza: ci sono molte persone accanto a me, attorno me che non riconoscono questo fallo di espulsione. La vogliono chiamare satira, ironia ma di fatto non riconoscono che si è oltrepassato il limite dove temo non si possa più parlare di gioco, di società, forse neanche di civiltà. Questo gioco per me si chiama democrazia e si esprime su un campo che presuppone la fiducia nella gente, l'aspirazione al benessere comune, la solidarietà e il reciproco riconoscimento. Senza questi fattori il gioco si rompe.

Se in questo perimetro c'è chi veramente ammette questa mancanza di rispetto, chi accetta l'insulto grave e gratuito non solo nei confronti dell'altra parte politica, ma anche a quel "pubblico pagante", a quei triestini "teste di c....", allora forse vale la pena che una organizzazione come la nostra, che trova proprio nella democrazia il sale della sua stessa lunga esistenza, si renda parte attiva e spinga con tutte le sue forze i cittadini ad esprimersi con decisione.

Le Acli di Trieste, pertanto, si appellano a tutte le forze politiche in campo di centrodestra e centrosinistra e a tutto l'elettorato attivo e passivo, affinché venga rappresentata una seria, forte e chiara presa di distanza dagli stili e dai contenuti che si sono palesati negli ultimi giorni e che non possono essere altro che premesse per un lungo periodo di oscurantismo sociale e di rischio democratico con conseguenze inimmaginabili anche sul fronte dell'ordine pubblico.

Non voglio educare i miei figli con la paura dell'uomo nero. Non voglio insegnar loro certe oscenità guardando i dibattiti politici di chi si fa chiamare primo cittadino. Non sono in grado di spiegare a loro perché la gente ascolta papa Francesco quando parla di rispetto per il Creato e poi sceglie leader politici che assumono atteggiamenti così contraddittori.

E non continuerò a fare il presidente di un'organizzazione che incontra ogni giorno centinaia di persone, di famiglie e di anime, se non denunciando il pericolo di questa deriva di abominio culturale.

Cristiano Cozzolino, presidente delle Acli di Trieste

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