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Cronaca

Chirurgia mininvasiva retina e glaucoma: Trieste all'avanaguardia, adottate nuove tecniche

Le recenti innovazioni nel campo oculare hanno permesso di sviluppare alcune tecniche che consentono di raggiungere risultati eccellenti

Le recenti innovazioni nel campo oculare hanno permesso di sviluppare alcune tecniche che consentono di raggiungere risultati eccellenti: si tratta in particolare della chirurgia mininvasiva della retina e del glaucoma, entrambe oggi impiegata nella Clinica Oculistica dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Trieste.

Gli interventi per le patologie retiniche, come il distacco di retina, la retinopatia diabetica e le maculopatie – spiega il Direttore della Clinica Oculistica, prof. Daniele Tognetto – vengono eseguiti mediante tecniche di vitrectomia, utilizzando microstrumenti ultrasottili introdotti nell’occhio attraverso microcannule (con un diametro di 0,4 millimetri) che fungono da guida. Le incisioni praticate nella parete oculare per il transito delle cannule guida sono talmente ridotte da non richiedere la sutura. I moderni ‘vitrectomi’, macchine automatizzate per eseguire questo tipo di interventi, permettono l’illuminazione all’interno dell’occhio attraverso fibre ottiche e la gestione degli strumenti per la rimozione del vitreo anche utilizzando microincisioni. Il trauma chirurgico in questi interventi, particolarmente complessi e delicati, è veramente modesto e consente un recupero funzionale postoperatorio molto rapido, consentendo alla maggior parte dei pazienti di ritornare a casa dopo qualche giorno.

Sempre nell’ambito delle tecniche mininvasive effettuate nella Clinica Oculistica di Trieste – sottolinea il Direttore Daniele Tognetto – viene effettuato dallo scorso anno l’intervento di canaloplastica, una procedura chirurgica molto delicata e all’avanguardia per la terapia del glaucoma. L’intervento si basa sull’impiego di microsonde molto sofisticate, dotate di una fibra ottica e di un microcatetere.  Grazie a queste microsonde, che riaprono meccanicamente le vie di deflusso dell’umore acqueo, è possibile ridurre significativamente la pressione intraoculare senza dover creare un’apertura della parete oculare, come avviene nell’intervento tradizionale. Per inserire le microsonde all’interno del canale deputato fisiologicamente al deflusso dell’umor acqueo, è necessario utilizzare il massimo ingrandimento del microscopio operatorio in modo da isolare le strutture più fini della parete oculare. Si tratta quindi di un intervento di alta complessità - conclude il professor Tognetto - che poche strutture in Italia possono offrire ai cittadini. Anche nel caso della canaloplastica il recupero funzionale è ottimo e riduce in modo significativo la necessità di ospedalizzazione, permettendo la dimissione già il giorno dopo l’intervento.

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