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Cronaca

Covid e i grandi dimenticati, i più piccoli: le parole di una madre

Aron, 4 anni, è solo uno dei tantissimi bimbi che da un anno non è più libero di essere un bambino. La mamma:" L'impotenza inizia a distruggermi".

"Si collega al computer per la Dad. Diritto come un soldatino, guarda i suoi amici da uno schermo, mentre con le sue manine tiene stretto il suo eroe, Batman. Aron ha 4 anni e vorrebbe tanto mostrare il suo nuovo giocattolo al suo amico, ma non può. Non ha nemmeno potuto festeggiare il suo compleanno. Quel giorno aveva davanti a sé una torta e una candelina di plastica. L'impotenza inizia a distruggermi. Vittime di regole spesso incoerenti e inutili che fino ad ora non hanno risolto nulla". Queste sono le parole di una madre che da un anno cerca di conciliare il suo lavoro in smart working con i due figli, Aron di 4 anni e Melissa, che invece ne ha sette e mezzo. Una madre che da un anno cerca di rispondere alle loro mille domande, sforzandosi di dare una parvenza di normalità anche se i "perchè" non sono facili da trasmettere in maniera leggera. È ancora più difficile quando un monitor diventa il migliore amico e le parole che dici loro più spesso per salutarli sono "ricordati la mascherina e il gel". E poi vedi le loro piccole mani rosse e screpolate: "mamma mi fanno male".

Ma questa è solo una delle tante storie dei grandi dimenticati, i più piccoli, che in questo ultimo anno sono stati messi in fondo alla lista delle priorità. Eppure sappiamo bene quanto per noi erano importanti il giorno del nostro compleanno o il sorriso di una maestra quando riuscivamo in qualcosa. "E' una disperazione vederli così. Sono una mamma che lavora e da questo punto di vista, a differenza di tanti altri, sono fortunata. Devo seguire delle pratiche o delle riunioni e spesso non ho altra scelta se non quella di farli stare davanti alla tv: sono lobotomizzati dal mattino alla sera. Una televisione non può sostituire gli abbracci e i giochi. I bambini sono forti e hanno uno spirito di adattamento molto forte, ma rimane la paura che con gli anni ci possano essere delle ripercussioni psicologiche".

"Poi si fanno i conti con la paura dell'altro che viene visto come potenziale portatore di virus e, soprattutto, con le domande. Perchè non può venire qui Davide? Perchè c'è il virus. Quando finirà il virus? Non lo so. E il non saperlo mi distrugge perchè non so quando terminerà tutto questo. Mi rende impotente come madre perchè cerco di difenderli il più possibile. Ma quale sarà il loro futuro? Aron ha appena imparato a scrivere il suo nome: i bimbi hanno bisogno di crescere, progredire e non lo possono fare se vengono abbandonati dietro ad uno schermo".

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