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Cronaca

Giorno del Ricordo: onorificenza a Tito e negazionisti nel mirino della politica

L'annuale cerimonia si è svolta questa mattina alla foiba di Basovizza. Dipiazza: "Il negazionismo è lo stadio supremo del genocidio". Fedriga si scaglia contro "lo scandalo" del 1969. L'arcivescovo parla di "speranza comune con una ritrovata fiducia e solidarietà"

La contemporanea volontà di far pace con le complesse vicende del confine orientale attacca il negazionismo e mette nel mirino l'onorificenza concessa nel 1969 al maresciallo Tito, definendola "una delle vergogne commesse dallo Stato italiano". E' questo il significativo ed annunciato cambio di passo politico che si registra a Trieste dopo la celebrazione del Giorno del Ricordo, evento che anche quest'anno ha commemorato le vittime delle foibe e l'esodo giuliano-dalmata.  

Un nuovo scarto temporale

Alla foiba di Basovizza si sono evidenziate alcune particolari accelerazioni in merito alle rivendicazioni del centrodestra, facendo di fatto segnare un nuovo scarto temporale tra ciò che "bolle" sul confine e ciò che invece l'Italia percepisce o osserva da lontano. La commemorazione triestina rappresenta la "madre" di tutti gli eventi che anche quest'anno da sud a nord sono stati organizzati per onorare la memoria di chi fu assassinato nelle cavità carsiche giuliane dai partigiani jugoslavi, e delle migliaia di esuli istriani e dalmati che, abbandonando tutto, fuggirono dall'Adriatico orientale. Se l'Italia ha iniziato a commemorare le vicende giuliane sulla base di posizioni convinte, Trieste si "smarca" ed alza la posta.  

La cerimonia: il ricordo e le violenze

Al netto delle limitazioni imposte dall'emergenza sanitaria, circa duecento persone (associazioni, politici, rappresentanti delle istituzioni, autorità militari e religiose, giornalisti e fotografi ndr), hanno sfidato il maltempo e le rigide temperature per assistere alla cerimonia. "Alla storia non è più concesso di smarrire l'altra parte della memoria. Qui ogni pietra ha un lamento" ha sottolineato il sindaco Roberto Dipiazza nel suo discorso. Se da un lato il 10 febbraio ha posto in evidenza il bisogno di ricordare quello che il primo cittadino ha definito "l'olocausto delle foibe", dall'altro i riferimenti alle violenze commesse da quelli "con la stella rossa sul berretto" sono stati menzionati più volte. Nel processo di unificazione italiana, secondo Dipiazza "l''eccidio degli italiani della Venezia Giulia è stato il più orribile". Persone che rappresentavano "un ostacolo all'ideologia comunista" e che avevano la "sola colpa di essere italiani o servitori delle istituzioni dello Stato".

Fedriga e l'onorificenza a Tito: "Immediata abrogazione della norma"

Anche il governatore del Friuli Venezia Giulia Massimiliano Fedriga ha voluto puntare il dito contro l'onorificenza a Tito, chiedendo "l'immediata abrogazione della norma che ha reso possibile questo scandalo". Nei confronti del negazionismo, secondo l'esponente leghista "le istituzioni devono alzare una barriera di dignità. Non siamo disposti, infatti, a retrocedere rispetto a una posizione che pretende con chiarezza la verità. È venuto il momento che le istituzioni italiane si scusino per tutti i decenni nei quali si sono girate dall'altra parte e per 'realpolitik' hanno sminuito, negato e tralasciato i drammi che si sono verificati nei nostri territori". 

La riflessione sulla pacificazione

Tra il ricordo e le memorie dei vinti, trova poi spazio l'ormai consueta riflessione sulla pacificazione. "Il mondo non ha bisogno di riciclati con selettivi vuoti di memoria - così l'arcivescovo Gianpaolo Crepaldi -, ma di convinti e generosi artigiani della pace, disponibili a fare il lavoro paziente di onorare la memoria delle vittime, di ricercare la verità e la giustizia e di indicare, passo dopo passo, una speranza comune con una ritrovata fiducia e solidarietà". Un percorso, quello della pacificazione, che Dipiazza ha indicato come pieno di ostacoli. Alcuni passaggi, come il concerto dei tre presidenti, il mano nella mano tra Borut Pahor e Sergio Mattarella del 13 luglio 2020, Dipiazza li ha rivendicati a titolo personale alla stregua di importanti contributi alla causa. 

L'attacco a Boris Pahor

Nella battaglia contro il negazionismo, il sindaco poi ha colto l'occasione della cerimonia per attaccare la posizione dello scrittore triestino di lingua slovena Boris Pahor. "Riferendosi al Giorno del Ricordo ancora afferma: E' tutto una balla". Un continuo vortice dove finiscono triturate le memorie del confine e da dove vengono riesumati gli sbagli del passato mandandoli a processo o chiedendone la loro revisione affinché si faccia giustizia. E' in questa direzione che va la richiesta di revoca dell'onorificenza concessa al dittatore a capo del regime jugoslavo alla fine degli anni Sessanta del Novecento. Anche il sindaco Dipiazza, definendo Tito "boia", ha chiesto che "si possa porre rimedio ad una delle vergogne dello Stato italiano".

   

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