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Sabato, 20 Aprile 2024
Cronaca

Hiv: un nuovo vaccino in sperimentazione, tra i volontari un esponente dell'Arcigay di Trieste

Daniel Saiani Campostrini, responsabile salute e prevenzione dell'associazione Lgbt, è uno dei 250 volontari italiani che sono parte di una più ampia sperimentazione, volta a debellare la più temuta malattia venerea, diagnosticata per la prima volta più di 40 anni fa. Il vaccino è ora alla fase tre, dopo il successo della seconda

“Se questo vaccino funziona, stiamo facendo la storia”. Non si sta parlando di Covid ma di un nemico contro cui l’umanità combatte da oltre quarant’anni: il virus dell’Hiv, causa dell’Aids, la sindrome da immunodeficienza acquisita. Ha infatti raggiunto la fase tre un vaccino sperimentale contro la più temuta malattia venerea, e da pochi giorni è stato somministrato su larga scala a un campione di volontari. Tra questi il responsabile salute e prevenzione dell’Arcigay di Trieste, il 29enne Daniel Saiani Campostrini. Il progetto, denominato Mosaico, coinvolge Europa e Stati Uniti, e in Italia vede coinvolti lo Spallanzani di Roma, il Policlinico di Modena e il San Raffaele di Milano, dove Daniel ha ricevuto il farmaco. “A tre giorni dall’iniezione non ho avuto nessuna reazione avversa – spiega -, mi sono sentito protetto da un team di sole donne competenti e di alto valore umano. Quando ho saputo, da un amico medico, di questa possibilità ho subito voluto far parte del progetto”. 

I volontari

I volontari, sono in tutto 3800, di cui 250 in Italia e i restanti distribuiti tra Spagna, Usa, Argentina, Brasile, Messico, Perù e Polonia. Sono richieste particolari caratteristiche tra cui quella di essere sieronegativi e in salute, a metà di questi sarà somministrato un placebo e agli altri il vaccino vero e proprio. Poi dovranno sottoporsi a dei richiami e anche a controlli medici ogni tre mesi. Se i test confermeranno la presenza di anticorpi in assenza del virus, comproveranno il corretto funzionamento del vaccino. La vera prova di efficacia, che corrisponde alla fase tre, è quella della sperimentazione su larga scala con il confronto fra il gruppo di controllo che ha avuto il placebo e quello che ha ricevuto il farmaco. Se nel gruppo “vaccinato” i casi di sieropositività saranno minori rispetto all’altro gruppo, si determinerà l’efficacia del nuovo siero. 

Non il primo vaccino sperimentale

Va tuttavia ricordato che altri vaccini sperimentali hanno preceduto questo, e non con i risultati sperati. Una piattaforma vaccinale contro l’Hiv è stata di recente sperimentata in Thailandia, ma pur avendo dato buoni risultati nella fase due non ha superato la fase tre perché tra i volontari vaccinati la percentuale di persone che hanno in seguito contratto l’Hiv è risultata circa la stessa del gruppo di controllo. La nuova ricerca, tuttavia, tiene conto di quelle precedenti e degli eventuali errori commessi, quindi c’è ragione per sperare in un vaccino più efficace. La sperimentazione dovrebbe concludersi entro tre anni.

La scelta

“Una decisione che non ho preso a cuor leggero – spiega Saiani Campostrini, che nella scienza ha riposto la sua fiducia - perché si tratta comunque di un vaccino sperimentale per quanto sicuro, e nonostante il giorno dell’inoculazione fossi un po’ agitato non ho mai dubitato della mia scelta, anche se i volontari possono tirarsi indietro in qualunque momento". Una scelta per nulla scontata in tempi dove l'efficacia della scienza viene continuamente soppesata e messa in discussione, spesso da chi si informa solo sulle piattaforme social. Scelta che Daniel motiva così: "La mia volontà è quella di fare qualcosa di concreto per il benessere della comunità Lgbt in prima persona. Una comunità che mi ha dato tanto e che è stata per troppo tempo flagellata da questa malattia. Mi piace pensare, come ha detto la dottoressa responsabile del progetto, che potrei essere un piccolo pezzo del puzzle che cambierà la storia”.

L'Hiv nella nostra regione

Nel 2020, in Friuli Venezia Giulia, si è registrato un calo delle nuove diagnosi di sieropositività. Come confermato lo scorso dicembre dalladottoressa Claudia Colli, responsabile del Centro Malattie a Trasmissione Sessuale di Trieste,dai 42 casi del 2019 si è passati l’anno scorso a 18, di cui 8 residenti in regione e gli altri provenienti da altre regioni o nazioni. Almeno il 50% delle nuove diagnosi appartengono a stranieri. La via di contagio è al 90% per trasmissione sessuale e in particolare riguarda I maschi tra I 25 e I 30 anni di età. Dati “incoraggianti”, che probabilmente risentono delle misure sanitarie restrittive e della paura di contrarre il Covid. I medici continuano ovviamente a raccomandare l’uso del preservativo, gli screening ed eventualmente la terapia farmacologica pre – espositiva (PrEP), poiché la battaglia contro l’Aids è ancora in corso. La speranza è che presto la scienza possa mettere in campo l’arma decisiva, ma fino a quel momento, come per la recente minaccia Covid, è necessario affidarsi alle buone pratiche di prevenzione.

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