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Cronaca

Il cranio del dinosauro "Bruno" rimosso dalla roccia al Villaggio del pescatore

Si tratta di un adrosauroide vissuto circa 70 milioni di anni fa. L’estrazione è stata condotta dal geologo Antonio Klingendrath, che effettuò lo scavo del Tethyshadros insularis “Antonio”

Su incarico della Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio del FVG, si è conclusa ieri, giovedì 28 giugno, con il trasporto presso il laboratorio specializzato della ditta Zoic srl del geologo Flavio Bacchia, la complessa operazione di rimozione dal luogo di rinvenimento,  il Villaggio del Pescatore di Duino-Aurisina. del cranio di “Bruno”, l’adrosauroide vissuto circa 70 milioni di anni fa.

L’estrazione del prezioso reperto paleontologico è stata condotta, sotto la Direzione della Soprintendenza, nella persona del funzionario archeologo Paola Ventura, dal geologo Antonio Klingendrath, che effettuò già negli anni novanta lo scavo del  Tethyshadros insularis noto con il nome di “Antonio”.L’operazione è iniziata con un intervento di scavo preventivo mediante tagli effettuati con appositi seghetti di precisione. In questo modo è stato creato lo spazio per poter accedere successivamente alle ossa fossili con mezzi manuali ad alto controllo.

L'esecuzione dei tagli è stata un'operazione delicata e non semplice eseguita da tecnici specializzati della ditta Tietz di Trieste. Le difficoltà sono state principalmente quelle di decidere come e dove tagliare, per non rischiare di intaccare il reperto.  Ciò ha richiesto un grande impegno e studio approfondito da parte degli specialisti della Zoic che in base alle dimensioni dello scheletro di “Bruno” - già estratto nel 1999 grazie ad uno scavo della Soprintendenza, depositato presso il Museo Civico di Storia Naturale di Trieste e recentemente ricomposto nel laboratorio della stessa ditta - hanno determinato quelle del cranio e quindi ipotizzato la sua disposizione spaziale nella roccia, tenendo conto della stratificazione che, nel punto del rinvenimento, è quasi verticale.

Nei lavori di avvicinamento al punto dove il cranio si immerge nella roccia, sono emerse una serie di pieghe ben più complesse di quelle già presenti sullo scheletro. Il dinosauro, infatti, è ripiegato su se stesso di 180° e il cranio sembra piegare verso sud in modo tuttora poco chiaro.

Anche la nuova ipotesi di genesi del giacimento, retaggio di un grande blue hole (dolina o un pozzo naturale marino, dai bordi circolari, solitamente di origine carsica), spiega solo in parte la natura delle complesse curve e pieghe che interessano il fossile di dinosauro. Questa particolarità rappresenta un’assoluta  novità e costituirà certamente argomento di studio per gli scienziati.

Poiché la traccia del fossile giaceva su un piano di roccia orizzontale l'operazione è stata effettuata coniugando tecnologia moderna a tecnologia antica.

Inizialmente, con una sega a disco di ultima generazione, capace di montare dischi diamantati di 1,6 m di diametro e di effettuare tagli fino a 73 cm di profondità, sono stati eseguiti alcuni tagli per isolare perimetralmente il blocco e realizzare, da un lato, un pozzetto di 73 cm di profondità mediante il quale poter effettuare l'ultimo taglio, quello di base, per staccare il blocchetto dalla roccia sottostante.

Successivamente, con la tecnica antica dei cunei, sono stati praticati 6 fori orizzontali nei quali si sono infissi i cunei spaccaroccia, moderna evoluzione dei cunei di legno usati dai romani, che hanno determinato, dopo pochi colpi di mazza, il taglio di base, permettendo il distacco del blocco di circa 600 kg di pietra calcarea (cm 85 x cm 65 x cm 43) contenente, verosimilmente, il cranio fossilizzato dell'adrosauroide “Bruno”.

Per quanto riguarda l’ultima parte di “Bruno”, conservata in situ, ovverossia la coda, è ancora al vaglio l’ipotesi di estrazione. «Sul reperto estratto non è possibile fornire ancora informazioni precise,  afferma il geologo Klingendrath, sia su sue eventuali particolarità che sullo stato di conservazione, fino a che non sarà completata la lavorazione in laboratorio, che si suppone richiederà circa un mese di tempo. E’ possibile, comunque, che il cranio una volta ripulito possa riservare nuove sorprese per il mondo della scienza. Lo scheletro di “Bruno” - aggiunge - sarà sicuramente simile a quello di “Antonio” anche se la completezza e la qualità del primo dinosauro rinvenuto sono difficilmente raggiungibili».

L’adrosauroide “Bruno”, di circa un metro più lungo di “Antonio”, è il secondo dinosauro, quasi completo,  rinvenuto nel Villaggio del Pescatore, un tempo un ambiente paludoso caldo-umido e oggi un giacimento italiano di dinosauri, uno dei siti  paleontologici più interessanti a livello internazionale e geosito tutelato.

«I beni paleontologici -  dichiara l’archeologa della Soprintendenza Paola Ventura -  fanno parte integrante del patrimonio culturale e l’affiorare di “resti” fossili deve essere affrontato come un’operazione scientifica di ricostruzione dell’ambiente datata milioni di anni fa. Il fine è sempre quello di ricomporre da una moltitudine di dati l’aspetto di una porzione di territorio, di solito molto diversa da quella attuale. Per quanto riguarda quest’ultima scoperta – aggiunge - una volta completati i lavori di preparazione, il dinosauro “Bruno” sarà pronto per l’esposizione presso il Museo Civico di Storia Naturale di Trieste, e per lo studio che, come avvenuto per Antonio, sarà affidato a specialisti del settore».

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