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La storia

L'Africa, quei farmaci scaduti e il buon senso: storia di una denuncia per furto

La vicenda, avvenuta qualche settimana fa all'ospedale di Cattinara, era finita su tutte le pagine dei giornali. "Ruba ventimila euro di farmaci, volevo spedirli in Africa" era stato il titolo di quei giorni. Ma dietro a quel reato, secondo quanto si apprende, ci sarebbe molto di più. Come si concilia il rispetto della legge con il cortocircuito della società consumistica?

TRIESTE – La storia ha dell’incredibile e non solo per i suoi possibili contorni giudiziari, ma anche e soprattutto perché, nonostante il fatto rappresenti una violazione delle leggi, potremmo trovarci di fronte all’ennesimo cortocircuito della società contemporanea. La vicenda si svolge a Trieste qualche settimana fa, più precisamente in un reparto dell’ospedale di Cattinara. Nella struttura triestina lavorano migliaia di persone, e ogni giorno il viavai tra i corridoi e le sale d’attesa è intenso. Tra i tanti che non si sono incagliati alla prova scritta e che da anni lavorano al suo interno, c’è un sanitario che i colleghi e i vertici definiscono “professionista modello”. 

Introduzione alla scelta

Bravo, puntuale, mai qualcosa di sbagliato, ogni cosa sempre e costantemente al suo posto, così chi ha lavorato a stretto contatto con lui. Il sanitario, come tutti i professionisti, applica ciò che le norme indicano: ascolto e cura del paziente, utilizzo dei farmaci e, soprattutto, attenzione alla loro scadenza. In ospedale a Cattinara – in realtà in tutte le strutture sanitarie del mondo, senza eccezioni –, non sempre vengono utilizzati tutti i farmaci disponibili. Ovvero, può succedere che la scatola non venga finita. Una volta scaduti, però, la legge impone di mandarli al macero, distruggendoli. Tuttavia, come gli addetti ai lavori sanno molto bene, tranne quelli che necessitano una conservazione a determinate temperature, il principio attivo dei farmaci “normali” (che si conservano a temperatura ambiente) non scade il giorno indicato sulla confezione. 

Capitolo 2: lo spogliatoio

Non possono durare per anni, sia chiaro, ma a distanza di qualche mese quei farmaci sono ancora buoni. E potrebbero esserlo, pensa il sanitario, soprattutto a chi è più sfortunato di noi, oppure a chi vive in regioni del mondo, come l’Africa, che non ha accesso a determinate cure farmacologiche. Così, il professionista modello decide, ogniqualvolta si ritrova di fronte a confezioni “scadute”, di metterle da parte. Non le nasconde, è distante anni luce dal voler sottrarre alla res publica beni comprati con i soldi dei contribuenti, perché sa che verranno distrutti e finiranno, per dirla con un'espressione dialettale, "in scovazon". No, lui decide di lasciarli nello spogliatoio dove ogni giorno si cambia, ad inizio e fine turno. Nel corso del tempo le piccole scatole diventano scatoloni e qualcuno, dalla direzione, inizia a storcere il naso.

L'azienda sanitaria

La storia finisce nelle mani dell’Azienda sanitaria che gestisce l’ospedale, che così inizia ad indagare sul caso. Ad un certo punto si arriva ad una svolta e, dopo i fatti, la notizia finisce sui giornali. I titoli sono tutti uguali: Ruba ventimila euro di farmaci in ospedale: “Volevo spedirli in Africa”. La notizia rimbalza anche su qualche quotidiano nazionale. L’uomo, secondo quanto ricostruito dalla polizia di Stato, una volta “scoperto” va ad autodenunciarsi. “Sì, sono io, ho fatto questo perché volevo spedirli in Africa”. Lo pensa veramente, lui, che in Africa ci è stato davvero e per lavoro. Perché quei farmaci ufficialmente sono scaduti (ergo non si possono più utilizzare), ma tecnicamente funzionano ancora. Ed allora si potrebbero mettere in uno zaino, imbarcarli su un volo diretto a Lagos o a Addis Abeba e, una volta scesi, consegnarli nelle mani di sanitari che operano nel continente. 

Il buon senso

Il condizionale è d'obbligo, per il semplice fatto che le leggi sono fatte per essere rispettate, e con ogni probabilità, anche in Africa somministrare farmaci scaduti non è ben visto. Ma tant'è, a vincere fosse la contrapposizione, la vicenda potrebbe finire nelle aule di un tribunale. Oggi la storia non possiede una conclusione. Potrebbe esserci bisogno di avvocati e di legali per non finire triturati nel vortice delle denunce per furto aggravato, di procedimenti giudiziari o di eventuali condanne, con conseguente possibile perdita del posto di lavoro. Lui avrebbe dovuto chiedere il permesso, o tentare un'altra via. Ma al di là di tutto ciò, in questa storia, forse l’unica cosa di cui ci sarebbe bisogno è un po' di buon senso. [continua] 

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