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Cronaca

Case di riposo, la Federazione Nazionale premia il progetto degli infermieri triestini

Il progetto vede l'inserimento del Coordinatore Infermieristico, una figura che ha lo scopo di monitorare e migliorare l’assistenza agli ospiti

C'era anche un progetto triestino fra quelli premiati ieri a Udine alla sede di Confindustria dalla Federazione Nazionale degli Ordini delle Professioni Infermieristiche. Alla presenza delle principali istituzioni della regione, l'idea messa in campo dagli infermieri giuliani e presentata dall'OPI Trieste ha ricevuto il riconoscimento dedicato in tutta Italia alle “buone pratiche infermieristiche”. Si tratta di un'iniziativa che la FNOPI sta realizzando durante il suo 2° congresso itinerante nella Penisola e che ha come comune denominatore la figura dell’infermiere di famiglia e di comunità, partendo dall'assunto che sia proprio questo il momento strategico per lanciare e sostenere questo nuovo modello di assistenza di prossimità, capace di garantire cure efficaci, efficienti e di qualità.

Trieste - è noto - è una delle città con l'età più elevata non solo in Italia ma anche in Europa e gli anziani che vivono nelle case di riposo, sul nostro territorio, sono almeno 3 mila, con una media di 88 anni. L’invecchiamento della popolazione ha amplificato la necessità di promuovere nuove dinamiche assistenziali non solo per accrescere gli anni di vita, ma anche per dare “più vita agli anni”. Su queste basi si fonda appunto il progetto sviluppato a Trieste da una decina d'anni e che si è radicato con risultati soddisfacenti, che hanno modificato le aspettative di chi alloggia nelle strutture per anziani.

Il Coordinatore Infermieristico

La figura al centro di questa nuova politica assistenziale, e per la quale gli infermieri triestini sono stati premiati, è quella del Coordinatore Infermieristico, inserito stabilmente nelle case di riposo, con lo scopo di monitorare e migliorare l’assistenza agli ospiti. Numerosi sono gli obiettivi raggiunti grazie alla nuova figura: la riduzione della disabilità mantenendo attivi gli anziani; la promozione di cure specifiche fondate sull’evidenza; anticipare e prevenire gli eventi “a cascata” che caratterizzano l’anziano fragile; promuovere la terapia palliativa; perseguire cure ed interventi individualizzati; agevolare la creazione di un nucleo assistenziale esperto nella gestione delle cure delle persone in fase terminale e stato vegetativo evitando - quando possibile - trasferimenti in ospedale; proporre modalità efficienti e dirette per assicurare le visite mediche specialistiche; assicurare alla residenza tutte le nuove pratiche in sinergia con l’area della riabilitazione; programmare un buon monitoraggio dei fattori di rischio; promuovere la messa in rete informatica della struttura con i servizi utili alla gestione dell’assistenza medica, infermieristica e riabilitativa e l’uso di una cartella integrata informatizzata.

Gli effetti

A distanza di dieci anni dall’avvio, questo progetto ha dimostrato un miglioramento dell’assistenza nelle case di riposo, una maggiore sensibilità delle strutture sui temi della contenzione, anche farmacologica, sul buon utilizzo dei presidi per l’assistenza e relativa riduzione dei costi per il loro acquisto, ed una maggiore appropriatezza dei ricoveri ospedalieri. I recenti eventi legati alla pandemia sono stati ampiamente contenuti - salvo purtroppo alcuni casi specifici - proprio dalle buone e sinergiche pratiche ben consolidate, che hanno consentito una maggiore tempestività di intervento nei casi critici, nonché una buona aderenza alle campagne vaccinali in queste strutture.

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