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Cronaca

Lauri (SEL): «Su CIE Gradisca giusto che la Regione si sia espressa»

Lo afferma il capogruppo di SEL in Consiglio regionale Giulio Lauri: «Ricordiamo anche morte del giovane marocchino Abdel Majid El Kodra dopo più di otto mesi di coma in seguito alla caduta dal tetto del CIE»

Sulla mozione contro la riapertura del CIE di Gradisca d'Isonzo o la sua eventuale riconversione in CARA, il capogruppo di SEL in Consiglio regionale Giulio Lauri afferma che «i locali dell'ex CIE sono strutturalmente inadeguati a essere utilizzati per l'accoglienza dei richiedenti asilo, in quanto il CIE è stato concepito e costruito come un luogo di detenzione. Lo diciamo ricordando anche la morte del giovane cittadino della Repubblica del Marocco Abdel Majid El Kodra, avvenuta il 30 aprile scorso all'ospedale triestino di Cattinara dopo più di otto mesi di coma in seguito alla caduta dal tetto del CIE di Gradisca nel corso di una delle numerose rivolte affrontate anche con l'uso di candelotti lacrimogeni in uno spazio confinato».

«Anche se si trattasse di una scelta temporanea e breve - aggiunge Lauri - la decisione di utilizzare quei locali come luogo di accoglienza sarebbe sbagliata. Per i richiedenti asilo, che sono persone che fuggono da luoghi di guerra e che non hanno commesso alcun reato, è necessario ampliare su tutto il territorio regionale la rete diffusa di accoglienza SPRAR, migliorando il coordinamento degli enti locali e chiedendo a tutti i Comuni di farsene carico senza che il problema immigrazione ricada solo su alcuni di essi e senza che vengano utilizzati carceri e caserme».

«Nel momento in cui Governo e Prefettura si apprestano a decidere il futuro di Gradisca - conclude - è fondamentale che la Regione abbia espresso la propria posizione senza venire meno alla sua autonomia e al pieno esercizio delle prerogative determinate dalla sua specialità».

Intervento anche di Valter Santarossa (AR) nel corso del dibattito in Aula sulle due mozioni sull'argomento. «Gradisca e il suo hinterland stanno dando e hanno già dato tanto, troppo, in termini di accoglienza, pertanto anche noi siamo contrari alla riapertura del CIE e all'allargamento del CARA».

«Sono in corso lavori di sistemazione - continua Santarossa -  delle strutture del CIE, nonostante ripetute rassicurazioni sul fatto che questo non verrà riaperto. Se corrisponde al vero che non verrà riaperto, ci si chiede per quale motivo siano state utilizzate risorse pubbliche per sistemare una struttura che di fatto non dovrebbe essere riutilizzata. Se invece tale ristrutturazione è finalizzata alla riapertura è importante che i locali non vengano riconvertiti in CARA per un ampliamento delle strutture esistenti.

Tra le due ipotesi, infatti, la più accettabile per la popolazione di Gradisca è il CIE, in quanto trattandosi di una sorta di "carcere" dovrebbe garantire una maggior sicurezzaPresupposto perché ciò avvenga, nel rispetto dei diritti di tutti e non solo degli emigrati, ma anche e soprattutto del personale e delle forze dell'ordine in servizio presso la struttura, è un innalzamento dei livelli e degli standard di sicurezza delle strutture, che devono essere equiparati a quelli di un qualsiasi carcere. Trattandosi di una struttura detentiva e non di accoglienza non possono essere accettati nuovi episodi di evasione o di rivolte interne. Deve inoltre essere previsto un rinforzo delle forze dell'ordine in servizio, per garantire la loro sicurezza e condizioni lavorative degne».

«Riportando le parole del sindacato di polizia - continua la nota -  «non solo gli immigrati clandestini che devastano la struttura e delinquono sono persone, ma anche chi lavora onestamente per far rispettare le leggi dello Stato lo sono, e hanno diritto a lavorare e far vivere le proprie famiglie in modo dignitoso". Prima di occuparsi dei diritti di chi in passato ha sfasciato le strutture del CIE, di chi ha rifiutato le procedure di identificazione, di chi ha protestato in maniera violenta, tanto da causare l'intervento legittimo della polizia, forse bisognerebbe pensare ai poliziotti, nostri concittadini che lavorano per far rispettare la legge e per proteggerci.

Prima di parlare di riaperture, infine, bisognerebbe risolvere il problema dei salari dei dipendenti del CARA. Proprio oggi è in programma uno sciopero con manifestazione dei dipendenti che lamentano una situazione paradossale. L'organico dei lavoratori è a malapena sufficiente a far fronte a tutte le incombenze e sottostimato rispetto il numero di immigrati al momento ospitati (poco meno di 250). Se ciò non bastasse i salari vengono erogati con ritardo cronico, (l'ultimo stipendio pare risalire a ottobre e non sono stati liquidati novembre, dicembre e la tredicesima), la prima settimana di febbraio scade la cassa integrazione e i lavoratori a partita IVA come medici, infermieri e mediatori culturali non vengono pagati».

«Nulla si sa inoltre - conclude il consigliere regionale - del futuro dei dipendenti dell'azienda trapanese e delle coop collegate che attualmente gestiscono la struttura, in quanto sembra non si riesca a trovare l'accordo con la Prefettura per la risoluzione consensuale del contratto in scadenza nel 2016 e pertanto non possono subentrare nelle gestione provvisoria la Croce rossa o un'altra cooperativa che potrebbero garantire la copertura immediata del servizio in attesa di una nuova gara di appalto. Tra l'altro la Croce Rossa, che opera con proprio personale volontario, non dovrebbe garantire l'applicazione della clausola sociale per il riassorbimento dei lavoratori, lasciando di fatto a casa 70 dipendenti che ora lavorano al CARA. Sarebbe pertanto opportuno risolvere le questioni inerenti i diritti dei nostri cittadini impiegati a diverso titolo nelle strutture del CARA prima di pensare a riaprire il CIE o ampliare il CARA».

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