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Cronaca

Le Cooperative Operaie falliscono: "cronaca di una morte annunciata"

21.49 - La Procura della Repubblica ha chiesto il fallimento delle Cooperative Operaie di Trieste Istria e Friuli

Premessa: l'articolo è lungo ma invitiamo i lettori di prendersi 15 minuti di tempo per comprendere una storia triestina e per riflettere.
La Procura di Trieste ha chiesto il fallimento e a commissariato tramite la nomina dell'avvocato Maurizio Consoli le Cooperative Operaie di Trieste Istria e Friuli.
Secondo la magistratura la società "non è più in grado di far fronte alle proprie obbligazioni".
Ora si aprono alcune possibilità: il concordato con riserva, una gestione straordinaria.
«Scopo della procedura avviata - dichiara il procuratore capo Mastelloni - è il salvataggio di Coop, con particolare attenzione all'esigenza di garantire l'interesse dei soggetti deboli: i 600 e più lavoratori, e i titolari del prestito sociale, decine di migliaia di piccoli risparmiatori, molti di loro probabilmente non giovani, cui il default arrecherebbe un nocumento patrimoniale ma anche emotivo; senza scordare che l'onda lunga della loro incapienza economica si propagherebbe a lungo e lontano, e coinvolgerebbe l'intera città. L'impresa, deve perciò restare integra, conservare, oltre ai beni materiali, anche la sua forza lavoro e in generale i suoi valori immateriali, vale a dire tutto quello che fa di un coacervo di beni un'impresa, quel plus-valore che è un'impresa vitale, con una precisa personalità, con una mission».
" La Procura della Repubblica è fiduciosa nel buon esito della vicenda, nel raggiungimento dell'obiettivo, che è salvare Cooperative Operaie; ma deve essere chiaro che è un obiettivo raggiungibile solo con un'ampia collaborazione di tutte le istituzioni e di soggetti imprenditoriali esterni».

Triesteprima si era cominciata ad occupare del "caso Coop" più di due anni fa, dando voce al Comitato " Difendiamo le Cooperative Operaie di Trieste Istria e Friuli" attraverso il suo presidente Adeo Cernuta che dal 2007 interveniva, spesso deriso, alle assemblee delle Coop (ricordiamo che nel 2010 le Coop erano la 13a realtà imprenditoriale triestina per fatturato, quasi 130mln all'anno) per denunciare la grave situazione economica in cui versava l'impresa.

Pubblichiamo di seguito una nota speditaci (prima della dichiarazione della Procura di oggi ) dallo stesso Cernuta che traccia la situazione delle Coop e ipotizza anche delle responsabilità su chi avrebbe dovuto controllare e non l'ha fatto.

“CRONACA DI UNA MORTE ANNUNCIATA”
Si può riassumere con questa citazione tutto quanto detto, scritto e denunciato sinora (in numerosi interventi) dal Comitato “Difendiamo le Cooperative Operaie di Trieste Istria e Friuli”  negli ultimi anni, in merito al costante trend negativo delle Coop Operaie di Trieste.
Analisi critiche che trovano piena conferma nel triste epilogo della storia centenaria delle Cooperative Operaie di Trieste cui stiamo assistendo in questi giorni che vede non solo un’azienda travagliata da gravi difficoltà economiche ma che vede addirittura compromessa la sua stessa indipendenza. Tuttavia, paradossalmente, chi è stato protagonista di questa lunga stagione negativa (Marchetti è presidente dal 2004) si propone ora come salvatore, addirittura contando su soldi pubblici.
Gli amministratori non solo non hanno tenuto conto dei fin troppo evidenti segnali di criticità ma hanno anche del tutto ignorato il più che motivato dissenso al loro operato espresso,  anno dopo anno, dal 20% dei soci in sede di assemblea con il voto contrario ai bilanci ma addirittura hanno più volte fatto ricorso alla querela per diffamazione.
Tali iniziative giudiziarie, dal palese carattere intimidatorio, si sono sempre concluse con l’archiviazione.
Ricordiamo come esempio, quanto affermato dal Procuratore nel chiedere l’archiviazione della causa intentata contro il socio Alunni Barbarossa: “Atteso che il querelato espone/riferisce da un lato dati di fatto certi e incontrovertibili in quanto tratti dai bilanci anno 2011 (l’avere le coop perso svariati milioni di euro nella gestione ordinaria), dall’altro formula critiche del tutto lecite (non gratuitamente offensive, non trasmodanti: avere “mascherato” le perdite operative mediante la vendita di immobili), sicché nulla di offensivo emerge dagli articoli di stampa e  inoltre opera l’esimente del diritto di critica”. Assunto pienamente confermato dal Giudice in sede di ricorso presentato dalle Coop Operaie, evidentemente non paghe della prima pronuncia.
Gli amministratori attribuiscono il tutto alla più generale situazione di crisi del Paese, spiegazione che appare del tutto riduttiva e fuorviante stante il fatto che il periodo di crisi è iniziato nel 2008 mentre le perdite della gestione caratteristica si susseguono dal 2004, al ritmo di 5 milioni all’anno, con una conseguente diminuzione del  patrimonio netto consolidato da 40 milioni del 2004 ai 6,5 milioni del 2013.
In realtà il bilancio 2013 si è chiuso con una perdita di quasi 8 milioni e quello del 2012 con una perdita di quasi 5 milioni.
Gli amministratori assicurano i soci che nel 2014 ci sarà quanto meno il pareggio della gestione caratteristica, ma la stessa previsione è stata fatta anche negli anni passati ed è stata puntualmente smentita.
Infatti anche la prima parte del 2014 non segna alcuna inversione di tendenza. Si è anzi verificata un’ulteriore diminuzione del fatturato (40 milioni nel primo trimestre 2014 contro i 44 milioni del 2013) il che, con una struttura dei costi invariata, prelude ad un risultato altrettanto negativo per il 2014.
Sarebbe importante a questo proposito che venisse reso noto il bilancio del primo semestre 2014 che per previsione Statutaria deve essere predisposto dal Comitato Esecutivo. Si tratta di un documento indispensabile per consentire ai soci di comprendere il piano di risanamento che sarà reso noto a fine mese.
La gravità della situazione, oltre che dalle cifre di per sé eloquenti, è confermata dalle dichiarazioni del presidente Marchetti che indica misure che non possono certo essere considerate ordinarie ma sono del tutto inevitabili, quali riduzioni del personale, ricorsi alla cassa integrazione, cessione di parte del patrimonio immobiliare per ripristinare la liquidità necessaria per la gestione del prestito sociale.
Si tratta con tutta evidenza di una manovra di tale portata che i soci debbono esserne compiutamente informati per poter comprendere, oltre che l’impatto più propriamente aziendale, anche i suoi riflessi sull’indipendenza stessa delle Cooperative Operaie, aspetto questo richiamato dal presidente stesso quando afferma “lo splendido isolamento è finito, non c’è alternativa”.
A questo proposito l’invito di Cernuta agli amministratori di sottoporre all’esame dell’ Assemblea dei soci le iniziative in itinere per il risanamento delle Cooperative Operaie non ha avuto riscontro.
A questo punto non si può non rilevare che da parecchi anni i ben 18 amministratori sono in buona parte sempre gli stessi (lo stesso presidente Marchetti, come detto, è in carica dal 2004): ne consegue che non si può in alcun modo confidare - sarebbe anzi una pericolosa illusione - nella capacità di questi amministratori di riportare in equilibrio la Cooperativa.  Da qui una ormai non più rinviabile esigenza di discontinuità.
Lo sbocco “naturale” dell’attuale situazione sarebbe l’uscita di scena dell’intero Consiglio di Amministrazione e Collegio Sindacale o per volontà propria con le dimissioni, possibilità ventilata dallo stesso presidente, oppure per volontà dei soci.
Gli amministratori, ben lungi dall’idea di dimettersi, hanno licenziato il direttore generale Della Valle, il che, di per sé, rappresenta l’ammissione ufficiale della gravità della situazione.
Nel momento stesso in cui il Consiglio di Amministrazione dà un giudizio così severo sull’operato del direttore generale non può neanche lontanamente pensare di assolvere del tutto se stesso rimanendo in carica come se nulla fosse: infatti è stato proprio questo CdA che lo ha assunto, riconoscendogli amplissimi poteri gestionali rinunciando nel contempo ad esercitare le proprie prerogative. Recita infatti lo Statuto: “il CdA è investito dei più ampi poteri per la gestione delle Cooperative Operaie di Trieste”.
Usando una metafora sportiva: sarebbe come se in una squadra di calcio dopo una lunga serie di sconfitte e sull’orlo della retrocessione si licenziasse il massaggiatore mantenendo in carica l’allenatore e il suo staff.
Va rilevato ancora che è demandato alla Regione Friuli-Venezia Giulia il dovere (non una semplice facoltà) di vigilare sulle Cooperative, in particolare la Giunta Regionale dispone del potere di revocare gli amministratori ed i sindaci e di affidarne la gestione ad un commissario.
Questo intervento era già stato sollecitato, senza esito, nel 2012 dall’allora Consigliere Regionale Stefano Alunni Barbarossa dei “Cittadini” con più interrogazioni rivolte alla precedente Giunta Tondo.
Da allora la situazione delle Cooperative Operaie si è ulteriormente aggravata tanto che tra i vari interventi volti al salvataggio il presidente Marchetti ipotizza anche il supporto economico della Regione, forse anche tramite la Friulia.
Sarebbe del tutto inaccettabile da parte dei cittadini se la Regione FVG partecipasse al salvataggio delle Cooperative Operaie impiegando denaro pubblico e affidandone la gestione agli stessi amministratori, senza aver prima dato corso agli approfondimenti connessi al suo ruolo di Ente vigilante.
Questo ultimo aspetto è di particolare rilievo e responsabilità in quanto le Coop Operaie, raccogliendo un prestito sociale di circa 100 milioni,  sono soggette alla vigilanza della Regione stessa e non della Banca d’Italia (il prestito stesso non è coperto dal Fondo di Tutela dei Depositi).

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