"La Tripcovich sia riparo per i migranti", la lettera di 500 cittadini
Tra i firmatari della missiva rivolta al sindaco e al prefetto, Ariella Reggio, Paolo Rumiz, Nicoletta Romeo, Andrea Di Lenarda, Marta Verginella, Stefano Fantoni
Riceviamo e pubblichiamo la lettera aperta di 575 cittadini inviata al sindaco Roberto Dipiazza e al prefett?o Anunziato Vardé. Tra i firmatari Ariella Reggio, Paolo Rumiz, Nicoletta Romeo, Andrea Di Lenarda, Marta Verginella, Stefano Fantoni, Elena Cerkveni?, Andrea Avon, le Chiese Evangeliche Metodista e Valdese di Trieste, UWC Adriatic Student Politics Council (57 studenti firmatari).
Alcuni giorni fa intorno a mezzanotte una nostra amica, in arrivo con l’ultimo treno da Milano, all’uscita della Stazione, ha visto decine di uomini, donne e ragazzi che dormivano al riparo (?) di una piccola tettoia sulla scalinata della sala Tripcovich. Coperti alla meno peggio da cartoni e fogli di plastica, si difendevano, stretti gli uni agli altri, dalla pioggia e da un freddo pungente già quasi invernale. Appena a casa ha telefonato e mandato messaggi ad amici e amiche per condividere il suo sconcerto. Che facciamo, deve aver detto. Intanto, senza pensarci due volte, una di loro ha raccattato vecchi cappotti, maglioni e coperte e si è precipitata alla stazione. Ha parlato con alcuni uomini e ragazzi, ha sentito il loro dolore, il tempo sospeso. Per questo piccolo gesto ha ricevuto tanti ringraziamenti! Erano ormai le due quando, tornata a casa, ha inviato con ancora più sgomento un messaggio ad alcuni di noi. Non si è trattato di un limitato momento problematico. In molte altre occasioni, sia di giorno che di notte, molti di noi hanno avuto modo di toccare con mano questa drammatica situazione.
Che facciamo? Un numero imprecisato, ma molto alto, di richiedenti asilo stazionano giorno e notte in Piazza Libertà, dinanzi alla Sala Tripcovich e nelle zone limitrofe, in cerca di un riparo dal freddo e dalla pioggia, nell’assoluta indifferenza delle istituzioni che dovrebbero invece ricollocarli in sedi di prima accoglienza. Ogni notte, ci riferiscono le associazioni, è una scelta drammatica: a chi, tra i più vulnerabili dare un giaciglio provvisorio al chiuso e lasciarne per strada altre decine.
Che facciamo? Ecco signor Prefetto e signor Sindaco, è per questo che abbiamo deciso di scrivervi questa lettera aperta. Siamo cittadine e cittadini che amano la nostra città, la forza della sua storia, si adoperano per sostenere e dare valore al vivere democratico e solidale, che vogliono resistere al dilagare dell’indifferenza. Li chiamiamo migranti ma si tratta di persone che hanno diritto a un posto di accoglienza, che, secondo le disposizioni di legge, dovrebbe essere assegnato con immediatezza dal momento che hanno chiesto asilo e sono prive di mezzi. Oltre alla mancanza di umanità, nel loro abbandono, c’è anche una grave violazione delle norme.
I livelli di responsabilità sono più di uno: il Ministero che non assegna a Trieste quote sufficienti per operare i trasferimenti dei richiedenti asilo in altre aree del territorio nazionale, come è sempre avvenuto a Trieste dal 2016 e come è ovvio che sia dal momento che la città non può da sola farsi carico dell’accoglienza stabile di tutti i richiedenti asilo in arrivo. La Prefettura, che di fronte a una situazione di difficoltà iniziata già da luglio, avrebbe dovuto agire con maggior sollecitudine per collocare temporaneamente le persone in attesa di trasferimento o per inserirle nel sistema di accoglienza diffusa di Trieste. Il livello locale, segnatamente il Comune, che nel rispetto del principio di collaborazione con le altre istituzioni, non agisce di concerto con la Prefettura per individuare e aprire spazi provvisori, per evitare di abbandonare così tante persone alle intemperie.
Non si tratta, come Loro ben sanno, di allestire nuove strutture abitative ex-novo, ma di individuare in tempi strettissimi spazi idonei per garantire un riparo dal freddo e un utilizzo civile di servizi igienici di prima necessità, in attesa che arrivi il giorno del collocamento o della partenza agognata. Solo per esempio l’ex palazzetto di Chiarbola o i molti spazi vuoti nella stessa area della stazione o la stessa sala Tripcovich che, in attesa della sua annunciata demolizione, possa per un’ultima volta svolgere una luminosa funzione di profonda umanità. Perché il problema non è il “decoro” della piazza della stazione, ma l’abbandono delle persone. Il decoro è umanità, accoglienza, civile convivenza e riconoscimento dell’altro.
Certi di un vostro pronto impegno.
575 cittadine e cittadini firmatari di questa Lettera Aperta