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Cronaca

Trieste è poesia, Trieste è un disegno in bianco e nero: nasce "Parole a matita"

Sugli scaffali il nuovo libro di poesia firmato Massimo Klun con disegni di Maurizio Stagni

Durante un periodo indefinito, che per praticità ma anche per pretesa distanza chiameremo Il Lockdown gli appunti del manager di un'importante azienda hanno incontrato la curiosità artistica di un orafo all'interno di un contesto privilegiato quale è Trieste. Ne è nato un libro di poesie che rifiutano di chiamarsi poesie, e di disegni che accompagnano i testi dichiarando di non aver voluto in alcun modo interpretare i medesimi.

Bora, piazza Oberdan e capo in b

Massimo Klun, autore dei testi de Parole a matita, tratteggia con ironia e tratti di profondo lirismo vita e luoghi di un'esperienza che nasce nella memoria di amici, parenti, un padre, e trova corpo nella città di Trieste sentita attraverso la sua bora, piazza Oberdan, il capo in b, il pedocin, Joyce. Francesco De Filippo, scrittore e giornalista, nella nota introduttiva di lui scrive: “Massimo Klun è chiaro, è semplice in questo processo di autosprigionamento. Non ha il tormento del decadentista, non torce la sintassi alla Montale, né si smarrisce nell'onirismo alla Michaux. Tanto meno ha il respiro lunghissimo di Leopardi. Forse (saggiamente), nemmeno vuole questo carico interiore. Lui "imbratta", traccia "confini improbabili". Una confessione candida o si schernisce con finta umiltà? Difficile snidarlo: l'Autore è un uomo che all'apparente distacco dalle cose ha trovato un equilibrio nel trascorrere una vita "traballante", e attraverso la poesia sembra tentare di colmare la distanza che ha interposto fra sé e il mondo: un ponte di corda, una passerella”.

Matita e carboncino

Maurizio Stagni, autore dei disegni, è ben noto nella cittadina giuliana in quanto artista dedicato al tema della bora, della raffigurazione di un simbolo attraverso un bianco e nero che diventa non di rado musica (o almeno quando si potevano fare eventi) raccolta ed espressa nella sua bottega d'orafo. In questo libro non interpretà né accompagna, dichiaratamente, le poesie ma come un compagno d'armi se ne lascia influenzare, sia quando sono riflessioni sulla vita sia quando sono memorie o affinità. E ne trova, lui stesso, affinità. Ne nasce un'opera corale di pagine e scuri che attingono a un'immaginazione precisa e ben riconosciubile per Trieste, ma non solo. Claudio Grisancich, nella sua nota introduttive, si riferisce a lui scrivendo: “In Parole a matita le poesie di Massimo Klun incontrano il disegno di Maurizio Stagni, che si caratterizza per lo stile, un disinvolto metabolizzato di ottima fumettistica italiana (Pratt, Dylan Dog, Magnus, Zerocalcare...), per l'uso del bianco e nero della matita e, ancora di più, del carboncino che rimanda alle atmosfere tormentose dei noir della Warner Bros, al volto di Humphrey Bogart sciupato come il Borsalino che gli ombreggia lo sguardo nel Falcone maltese e alle scritture dense e essenziali di Hammett, Chandler, Ellroy e a quelle ancora più stupefacenti di Fante. Illustrazioni fortemente emotive dove non mancano suggestioni drammatiche (Hopper, Cernigoy...) e l'intensità del loro intridersi nei testi accompagna di volta in volta il lettore di Parole a matita in una graphic novel di sicuro effetto e in una raccolta di poesie alle quali va un plauso convinto”.

Cos'è dunque la poesia e cos'è un disegno se in un libro apparentemente contraddittorio si ritrovano coniugati in un abbraccio allora impossibile, un guardare nella medesima direzione che è memoria e Trieste, nella consapevolezza che vivere è essere stati ed essere qualcosa, nell'accettazione/ribellione che proprio la contraddizione della poesia sa svelare. A questa fondamentale domanda rispondono in parte gli stessi autori del libro, Klun e Stagni, nei rispettivi post scriptum che non concludono, ma aprono, Parole a Matita.

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A passeggio con Joyce

La tua ultima casa
anonimo condominio
nella via un tempo Sanità
poi eroe di guerra
dove perennemente ubriaco
componevi parole immaginarie
lascito di scintillanti
idiomi scomposti
non più impartita lingua borghese
Ti ho letto e riletto
ignoti suoni dodecafonici
gnaulii intraducibili
sbevazzanti onomatopee frastagliate ridondanze
partorite in luoghi
celati alla mia infanzia
che oggi targano il muro
del nostro inciampato incontro

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