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Giovedì, 25 Aprile 2024
Svolta nel caso?

"Il cadavere di Liliana è stato manomesso, l'orologio rosa è agganciato sul polso sbagliato"

A sostenerlo è l'avvocato Nicodemo Gentile che ha analizzato la perizia dei medici Fulvio Costantinides e Fabio Cavalli, consulenti della Procura. Nel frattempo i legali della famiglia Resinovich hanno nominato un nuovo consulente, il dottor Vittorio Fineschi

ROMA - L'avvocato Nicodemo Gentile, il legale che segue da vicino la famiglia Resinovich, non crede al suicidio e mette in discussione l'intera relazione redatta dai consulenti della Procura, i dottori Fulvio Costantinides e Fabio Cavalli. "Dai segni traumatici riscontrati sul corpo della donna emerge che la stessa sarebbe stata percossa. Lo dicono con un'evidenza quasi banale la palpebra destra tumefatta, il sangue nella radice destra e il trauma nella parte destra della lingua, nonché il colpo ricevuto sulla tempia sinistra ed ancora un segno sul seno, più scuro delle ipostasi, probabilmente un livido, e un piccolo taglio sulle dita di un piede. Oltre ad alcune strane fratture".

Il legale continua affermando come Liliana "sarebbe stata percossa e strattonata", oltre a puntare il dito contro un "goffo tentativo di manipolazione della scena", avvalorato, sempre secondo Nicodemo Gentile, dal fatto che i presunti aggressori della 63enne triestina avrebbero "riagganciato l'orologio sul braccio sbagliato e con la corona al contrario". Tutti elementi che, come riportato nella lunga presa di posizione che pubblichiamo, racconterebbero di "un delitto di prossimità, in quanto maturato nel mondo delle più ampie relazioni di Liliana"

"Le conclusioni non sono condivisibili"

La bozza della consulenza di parte ad oggi in nostro possesso, essendo incompleta, in quanto priva di foto relative al sopralluogo, al ritrovamento del cadavere, all'esame autoptico, agli abiti e agli accessori ritrovati nel parco, non permette quell'esame analitico che consentirebbe ai nostri medici legali di
pervenire a proprie determinazioni tecniche. Nonostante questi importanti limiti, le conclusioni a cui addiviene l'esperto della Procura, sia in ordine all'epoca della morte, ma soprattutto alla causa del decesso, non sono condivisibili, in quanto palesemente sganciate da stringenti valutazioni scientifiche e poco rispettose di tutta una serie di elementi circostanziali arguibili dall'esame attento della scena criminis. Oltretutto la predetta relazione abbonda di supposizioni personali che non si misurano con il profilo personologico della donna, che lo stesso medico di famiglia che l'aveva in cura, da noi sentito, ha definito come tranquillo e indenne da turbamenti e squilibri che avrebbero potuto comportare l'assunzione di farmaci.

I segni

La scienza senza il fatto, mi ricordò un magistrato di Cassazione in una discussione dinanzi alla Prima Sezione Penale, può essere aria. La stessa consulenza, però, ci restituisce tra le righe una verità alternativa che viene in più occasioni sorprendentemente svalutata, ma che invece, a nostro avviso, racconta il reale
accadimento dei fatti. Inoltre quella prima diagnosi di morte per scompenso cardiaco acuto, che stranamente viene abbandonata e definita "di comodo" a
favore di una successiva diagnosi di morte per asfissia da suicidio con sacchetti, meriterebbe a nostro avviso di essere recuperata. Ciò in quanto da una valutazione unitaria dei segni traumatici riscontrati sul corpo della donna emerge che la stessa sarebbe stata percossa. Lo dicono con un'evidenza quasi
banale la palpebra destra tumefatta, il sangue nella radice destra e il trauma nella parte destra della lingua, nonché il colpo ricevuto sulla tempia sinistra ed ancora un segno sul seno, più scuro delle ipostasi, probabilmente un livido, e un piccolo taglio sulle dita di un piede. Oltre ad alcune strane fratture che, allo stato, non c'è consentito sindacare, ma che saranno oggetto di valutazioni nel momento in cui si potranno acquisire in modo pieno tutti gli atti del fascicolo, comprese le immagini della tac.

"Percossa e strattonata"

Tale oggettiva valutazione ci impone di pensare che la donna, in quella maledetta mattina del 14 dicembre, dopo aver caricato la lavatrice, fatta la sua colazione e assunto i suoi consueti integratori, sia stata intercettata, accompagnata o comunque sorpresa da una visita da parte di qualcuno che la ben conosceva. Da qui si sarebbe sviluppata una accesa discussione, un diverbio energico, e quindi Liliana sarebbe stata sicuramente percossa e strattonata, e questo giustificherebbe i segni di cui in parola, probabilmente per un momento potrebbe aver subìto un' occlusione delle vie respiratorie, magari con un capo di abbigliamento (sciarpa, cappello, giubbotto), che ha determinato lo scompenso cardiaco sicuramente favorito dai problemi di cuore che, sia pur asintomatici,
sono stati riscontrati dal medico legale della Procura sulla nostra Liliana. D'altronde, riuscire a sopraffare una donna esile e minuta, che non raggiungeva neanche il peso di 50 chili, non richiede grandi sforzi fisici.

"Hanno riagganciato l'orologio sul braccio sbagliato"

A seguito della colluttazione sicuramente per gli aggressori è stato necessario ricomporre Liliana, rivestendola. Solo così si può giustificare il dato oggettivo che, con forza, annulla l'ipotesi suicidiaria, facendo prevalere quella della manomissione del cadavere, quindi un evidente staging. Questo dice, infatti, il dato
che sul polso sinistro di Liliana è stato ritrovato un orologio di colore rosa con la corona rivolta al contrario, quindi nel verso sbagliato. Tale elemento è di inconfutabile valore, poiché colui o coloro che hanno riagganciato l'orologio, hanno sbagliato non solo il verso della corona, ma anche il polso. Liliana, com'è facile verificare dalle innumerevoli foto che ritraggono la donna in vari tempi e condizioni della sua vita, indossava infatti sempre l'orologio sul braccio destro.

Goffo tentativo di manipolazione della scena

Fanno parte sempre di questo goffo tentativo di manipolazione della scena, il ritrovamento delle chiavi di riserva, l'anomalo contenuto della borsa, la probabile assenza di calzini, e quel cordino definito dallo stesso consulente della Procura "lasso", che quindi avrebbe avuto solo una funzione ornamentale, visto che non è stato rinvenuto nessun segno o solco sul collo della donna, oltre a quell'illogico utilizzo dei sacchi dell'immondizia che fanno a pugni con il buon senso e le massime di esperienza, qualora si volesse accedere all'ipotesi suicidiaria. Non è altresì da escludere che la perdita di sangue da parte di Liliana abbia imbrattato i capi di abbigliamento che la stessa indossava, costringendo l'aggressore, o gli aggressori, a doversi liberare dei capi macchiati. In ragioni di tali considerazioni, si tratterebbe, a nostro avviso, di un delitto di prossimità, in quanto maturato nel mondo delle più ampie relazioni di Liliana.

Un omicidio preterintenzionale?

Non è da escludere la morte come conseguenza di altro reato, ovvero un omicidio preterintenzionale, che poi ha indotto inevitabilmente l'aggressore, o gli aggressori, a dover gestire la fase successiva, vale a dire occultamento del cadavere, probabilmente conservato in qualche gelido anfratto, sottorrananeo, di cui il territorio del Carso è generoso, per poi farlo rinvenire in quel parco qualche giorno prima del ritrovamento, avvolto in quei sacchi della spazzatura che non è peregrino pensare possano essere parte di un'attività di undoing, proprio in ragione della conoscenza tra vittima e aggressore, il quale, per attenuare il suo senso di colpa, ha sentito la necessità di nascondere quanto commesso a carico di una persona che comunque conosceva.

Nominato un altro medico legale

L'epoca della morte è palesemente in contrasto con una pluralità di elementi che vanno dalla straordinaria coincidenza della stessa colazione consumata il giorno 14 dicembre, dai vestiti puliti, dal ritrovamento nel sangue di quella sostanza che ci dice che Liliana aveva avuto contatto con un detergente che si usa anche per i lavaggi in lavatrice, dalla mancata ricrescita dei peli, fino ad altre considerazioni di logica spicciola che non consentono di condividere le conclusioni a cui giunge il tecnico della pubblica accusa. Stando così le cose, attenderemo le determinazioni finali della Procura e, dopo aver acquisito tutti gli atti, valuteremo l'azione più opportuna consentita dal nostro codice di rito. Nel frattempo abbiamo provveduto a nominare un ulteriore medico legale nella persona del Professor Vittorio Fineschi, titolare della cattedra di Medicina Legale dell'Università di Roma.

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