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Cronaca

Luci ed ombre sulla riforma della giustizia

Una riflessione sulla Riforma della Giustizia e sulle cause dell'inefficienza del sistema giudiziario italiano, a confronto con altri Paesi Europei.

Nota- Questo comunicato è stato pubblicato integralmente come contributo esterno. Questo contenuto non è pertanto un articolo prodotto dalla redazione di TriestePrima

Si ha spesso la percezione, almeno discutendo con le ormai non molte persone che davvero lavorano e producono in questo Paese, che un governo che si impegnasse a gestire l'ordinaria amministrazione, obbligandosi pubblicamente a non varare riforme di alcun tipo, salvo magari un progressivo ed energico snellimento della Pubblica Amministrazione, a partire dagli enti locali, troverebbe consensi importanti ed immediati, a prescindere dalla collocazione politica.

Le classi produttive, però, in Italia, non sembrano più molto ed adeguatamente rappresentate, mentre si assiste sempre più vistosamente ad un grave fenomeno degenerativo della vita democratica - probabilmente tipico di tutti i sistemi a voto uguale i quali, in assenza di una diffusa e consolidata cultura politica, tendono a precipitare nella demagogia - e, cioè, alla ricerca del consenso ad ogni costo, anche a prescindere dai contenuti.

Il precedente decennio ha fatto emergere chiaramente tale problema, ora arrivato al punto che i rappresentanti di tutti i principali partiti usano la propaganda, che è uno strumento, in modo talmente spregiudicato da offuscare e danneggiare i contenuti, e grazie a questo ottengono successo presso un elettorato peraltro sempre più sfiduciato e sempre più confuso e, quindi, sprovveduto.

Dove questo sistema condurrà e con quali conseguenze, è difficile dire, salvo rilevare che il tessuto giuridico, economico, sociale del Paese presenta crepe sempre più vistose, profonde e difficilmente rimediabili. Ogni tanto, però, è necessario tentare almeno di svelare luoghi comuni e slogan tanto spregiudicati quanto infondati ed inaccettabili, almeno, ove non servisse ad altro, per un problema di coscienza. Tentare, cioè, l'operazione opposta rispetto a quella sopra descritta, cercando di chiarire e privilegiare la verità ed il contenuto, pur rischiando di risultare sgradevoli e poco opportuni. Tenendo inoltre presente che, anche se in questo periodo improvvisazione e spontaneismo "giovanile" sembrano divenuti valori dominanti, le questioni tecniche sono complesse ed esigono studio, prudenza e professionalità, ad evitare di usare la mannaia in sala operatoria, al posto del bisturi.

Ciò detto, una verità che ritengo vada affermata, per quanto antipatico e poco popolare ciò possa risultare, è che la colpa della proclamata (e, in realtà, da meglio verificare, argomento per argomento) inefficienza del sistema giudiziario italiano non deve essere attribuita, in generale, agli operatori giudiziari (giudici, avvocati, personale amministrativo), ma abbia un unico o, per lo meno, un principale responsabile, e che questo debba inevitabilmente essere identificato nel legislatore, antico e, soprattutto, recente e persino attuale.

Valgano alcuni fra i molti esempi possibili. In Italia si stimano vigenti, anche se il dato è impreciso, oltre centomila leggi, delle quali molte complesse e persino oscure. In Germania ce ne sono circa cinquemilacinquecento, in Francia settemila, tremila in Gran Bretagna (dove, peraltro, vige un sistema normopoietico alquanto diverso). Molte norme in vigore contengono molteplici e gravi sanzioni, ormai slegate dal sistema, che colpiscono duramente e forse sproporzionatamente in molti settori, a cominciare da quello dell'impresa, con danni rilevanti all'economia del Paese e seri freni agli investimenti nazionali e stranieri.

Nel nostro Paese esercitano la professione forense circa duecentoventimila avvocati, contro i centocinquantamila tedeschi ed i cinquantamila francesi. I nostri iscritti all'albo professionale sono circa il triplo della media europea. Le proposte, sostenute anche dall'ex Ministro della Giustizia Severino, di introdurre, nella facoltà di giurisprudenza, dopo il primo triennio generico ed aperto a tutti, un biennio specializzato, ad indirizzo forense, a numero chiuso, pare caduta nel dimenticatoio (e sarebbe probabilmente l'unica e sufficiente riforma seria della professione, unitamente all'apposizione di un limite - tre?- ai tentativi esperibili per superare l'esame di abilitazione).

Mentre in altri settori della Pubblica Amministrazione gli impiegati si sprecano, e non raramente viene da pensare ad assunzioni clientelari e legate alla politica, nel settore della Giustizia mancano mille magistrati (su un organico di novemila) e si è provveduto, negli anni passati, al taglio del cinquanta per cento degli organici, per quanto riguarda il personale amministrativo. Le nuove piante organiche, dimezzate, presentano ammanchi, in genere, tra il dieci ed il venti per cento e non si bandisce un nuovo concorso importante dal 1997 (tant'è che è difficile trovare un addetto di età inferiore ai quarant'anni). Per non parlare della cronica assenza di strumenti e risorse materiali, anche banali.

Ancora, un magistrato che sfori di poco i termini per il deposito di un provvedimento rischia sanzioni disciplinari, ma nessuno controlla la qualità del lavoro: un giudice può trascurare le motivazioni e veder riformati tutti i suoi provvedimenti in sede di impugnazione e passare per il magistrato più efficiente del Paese se rispetta i termini (e discorso analogo può farsi per gli accertamenti di polizia, che premiano chi li fa in base alla quantità ed al clamore, e non all'esito finale, dopo le verifiche in sede giudiziale).

In tale situazione, il legislatore, anche sullo stimolo di ministri che amano legare il loro nome a riforme storiche, interviene con modifiche e riforme spesso astruse ed inutili, che non consentono a quello che resta del sistema di adeguarsi prima dell'arrivo della prossima tempesta. Per non parlare del processo telematico, che ci vede unici protagonisti, dopo tentativi abbandonati in altri paesi, e che sta creando, specie a causa della carenza di personale e di programmi particolarmente rigidi, problemi gestionali gravissimi (proclami a parte, ovviamente).

Sì può fare anche un cenno, fra le tante cose che si potrebbero ancora dire, a proposte strampalate, quali a suo tempo il rito societario, tecnicamente pieno di falle e necessariamente abbandonato, alla moltiplicazione dei riti civili, soltanto recentemente ed in parte ridotti, all'introduzione a caso di condizioni di procedibilità e riti alternativi talora di dubbia costituzionalità e che si accavallano fra loro (mediazione, negoziazione assistita, come non esistessero già, fra l'altro, e grazie a Dio, le transazioni condotte dagli avvocati e gli arbitrati).

Per tacere del più volte ripetuto tentativo, del tutto inspiegabile, se non dal punto di vista punitivo, di ridurre le ferie dei magistrati, quasi fossero la causa di ritardi, e di intervenire persino sulla sospensione estiva dei termini, che consente alle cancellerie di rifiatare ed agli studi legali di riorganizzarsi e scadenziare le ferie, anche del personale, con un provvedimento, quindi, destinato a produrre effetti addirittura opposti a quelli dichiarati.

Qualcuno, infatti, ha pensato che il legislatore non voglia altro, in realtà, che punire i magistrati (chissà perché) e rendere sempre più confusa la gestione dei processi.

Io ritengo che questa idea sia venuta a molti, a destra come a sinistra. Credo, però, che la ragione prevalente delle proclamate riforme, probabilmente maturate in un terreno di conoscenze piuttosto approssimative della realtà e di quella giudiziaria in particolare, sia da individuarsi nella ricerca, per le cause su accennate, di consensi facili, raccolti presso chi non ha molti filtri, recepisce e vota. Salvo poi lamentarsi che la Giustizia continua a zoppicare.

Un ultimo appunto circa la spregiudicatezza del legislatore: una Giustizia che mal funziona rappresenta sicuramente uno dei pericoli più gravi per la tenuta del collante sociale. Norme a caso e proclami, al posto del buon senso, della valorizzazione soprattutto della qualità e di un programma mirato di assunzioni, spostano soltanto il problema e lo rendono, alla fine, irresolubile.

Avvocato GIOVANNI BORGNA

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