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Cronaca Muggia

L'Unica Nota Stonata di Gianfry...

A volte la vita fa a pugni con il destino e quando è costui ad avere la meglio e si rivela in tutto il suo cinismo, ci lascia attoniti, sconcertati, sgomenti. L'incredulità poi aumenta e la tristezza diventa più cupa quando si impadronisce di...

A volte la vita fa a pugni con il destino e quando è costui ad avere la meglio e si rivela in tutto il suo cinismo, ci lascia attoniti, sconcertati, sgomenti.

L'incredulità poi aumenta e la tristezza diventa più cupa quando si impadronisce di cio' che non gli dovrebbe mai appartenere, su cui non dovrebbe avere alcun potere: la giovinezza.

Con Gianfry, il destino ha voluto essere anche beffardo stroncando il suo respiro e la sua innata allegria, a volte persino irriverente, in quella terra d'Istria a lui tanto cara e che così tanto amava da non perdere mai l'occasione per renderle omaggio con un'interpretazione musicale tra il serio e il faceto.

Ma il fato e' stato doppiamente beffardo e ha scelto per la dipartita nel nostro amico quella città, Umago, che in qualche modo rappresenta una parte fondamentale nella sua storia di uomo e di musicista: il sodalizio artistico con l'amico di sempre quel Sandro Davia, che tutti conoscono proprio come "Mago de Umago"

Ma questa è già storia recente.

Gianfry inizia prestissimo a muovere i primi passi nel panorama della musica folk triestina, a sedici anni inizia a esibirsi in pubblico ma i primi veri successi arrivano con la formazione della Gianfry's Band assieme ai fratelli Muscovi, ai fratelli Zanier e Valdemarin... un gruppo che durerà fino 1998 quando decide di lasciare per provare a percorrere altre strade.

Nello stesso anno incontra Flavio Furian con cui inizia un altro percorso, all'insegna della musica e del cabaret popolari, destinato a rivelarsi zeppo di successi. Arrivano gli spettacoli su Tele 4 ed è proprio negli studi televisivi dell'emittente triestina che avviene l'incontro con "el Mago de Umago". Il colpo di fulmine artistico e' immediato, e rapidi sono pure il successo e i riconoscimenti, non solo a Trieste ma anche fuori dai confini cittadini.

Riescono a far ridere e a farsi applaudire in Friuli e persino in Carnia cantando e facendo cabaret in dialetto triestino, dando un esempio di grande civilta' e dimostrazione che ci si puo' prendere in giro con intelligenza e rispetto, evidenziando posizioni squisitamente campanilistiche, senza travalicare mai i confini del buon senso e del buon gusto.

Mitico e indimenticabile lo "scontro" fra loro e il comico friulano Sdrindule

Il matrimonio cabarettistico va a gonfie vele, "Eravamo sempre insieme", ricorda Sandro, "tanto che alla fine lo presentavo come mio marito". E chi li conosce bene sa che era cosi: lo spettacolo iniziava prima di salire sul palco. Le risate e le battute con lo staff dell'organizzazione che li ospitava o con il pubblico che arrivava in anticipo erano garantite, non importa se si trovassero al Casino' o all'ultima delle bettole, "...ci siamo cambiati dappertutto", ricorda il Mago, in un camerino, negli spogliatoi di un campetto di calcio persino in qualche "condotto..."

L'unione del trio rimarrà salda fino al 2005 quando Flavio Furlan decide di abbandonare il gruppo per sperimentare altri sbocchi professionali. Nel 2010, invece, per una sorta di mancanza di stimoli ,accettata a malincuore da tutti gli amici e da tutti i suoi fans, è Gianfry che decide di mollare il colpo per concedersi un periodo sabbatico: quella pausa di riflessione che solo gli artisti, evidentemente, riescono pienamente a comprendere.

Ma sul palcoscenico della vita, in giro per le strade di Muggia e di Trieste, non smette di divertire e di diversi con lo stile che lo caratterizza, continua a essere il personaggio di sempre, quell'icona della triestinità fatto di incontri in bareto, in ozmica, da Tino o in qualsiasi altro posto dove ci fosse un piatto de parsuto, sardoni impanai e un bon bicier.

E se ti trovavi in qualche sagra, in citta' oppure sul Carso, non bisognava aspettare molto per vederlo arrivare, a volte in moto, a volte in cabrio, a volte in mimetica, altre con il giubbotto con le "franze" ma sempre in compagnia dei suoi inseparabili stivaletti, qualcuno di questi, occorre pur ammetterlo, davvero improponibile. Si rideva su questo, ma lui lo faceva apposta, come diceva nel ritornello di una sua canzone: "voi pense' che mi son fora moda ma mi no ve go pel cul". Ed il titolo quale poteva essere? "Una boba anni 70".

Forse non la conosceranno in molti e questo proprio perché vi era una paradossale contraddizione nel carattere di Gianfry: così eclettico, pronto a scherzare su tutto è su tutti ma allo stesso tempo fortemente pudico quando doveva parlare di sè e dimostrare la sua bravura. Se gli chiedevi di cantare "Le vecie osterie" o "Nono" canzoni, di cui aveva scritto testo e musica, si scherniva, si vergognava come un bambino alla prima recita della scuola e trovava sempre una scusa alla fine dello spettacolo per "essersi dimenticato di cantarle".

Ma è proprio dai testi di canzoni come"Osterie" che trovi il mondo del Gianfry che tutti conoscevano, fatto di cose sane, semplici, popolari, di quel magnar e bever in compagnia, di quel viva là e po' bon che solo i triestini riescono a capire fino in fondo nel suo atavico significato.

Se si ascolta "Nono", seppur dedicata a un vecchietto che "in sconto el se magna mussoli in smoio", che el se presenta con la Maserati", che el bala el canta insoma el xe pien de morbin" e "che el ga ancora voia de pizzigarghe alle mule el cul", non si può non scorgere una evidente nota autoironica e autobiografica .

Ed e' nell'ultima frase di questa sua opera che ritroviamo la sintesi di tutto il suo modus pensandi e vivendi, quasi come se fosse un testamento che ci ha voluto lasciare troppo presto ma che abbiamo l'obbligo di raccogliere: "de una roba son sicuro che anche al giorno del suo funeral, se el podesi verzer boca el diria de cantar e de balar"

Ciao mulon

Alessandro Clemente

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