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Giovedì, 28 Marzo 2024
La Recensione

La "Maria Stuarda" di Davide Livermore conquista senza riserve il pubblico del Rossetti

Lunghi applausi per lo spettacolo andato in scena al Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia. Laura Marinoni e Elisabetta Pozzi risuscitano magistralmente le regine di Schiller

Attribuita allo scrittore Ray Bradbury, l'immagine di una farfalla il cui battito d'ali propagandosi cambia le condizioni mondiali, prende ora la forma di una piuma la cui caduta decide le sorti umane. Nello specifico, di due tra quelli umani che con proprie decisioni, private o pubbliche, impulsive o ponderate che siano, influenzano i percorsi storici. Due regine tra loro imparentate, una legittima, esule con “la triplice corona”, l'altra rinnegata dal proprio padre e tuttavia destinata ad esserne l'erede fedele nonché in ogni senso superiore, Maria I Stuarda di Scozia e Elisabetta I Tudor d'Inghilterra.

Uno scontro tra i giganti, tra i poteri assoluti secolari ed ecclesiastici, oppure tra due donne che, con tutta la loro forza e fragilità, si trovano intrappolate nelle tortuose spirali delle aspirazioni e dei doveri, nell'imprevedibile susseguirsi degli eventi che hanno plasmato le loro vite? Friedrich Schiller, l'autore del celebre dramma intitolato alla regina scozzese, con una geniale raffinatezza affronta ognuno di questi aspetti. Il regista Davide Livermore, invece, desidera – e pienamente ci riesce – a sviscerare il lato personale, intimo della tragedia in cui precipita la guerra senza vincitori tra due regali cugine, mettendo così in risalto i versanti del testo più vicini allo spettatore contemporaneo, senza sacrificarne altre connotazioni.

Mantenendo pure l'eleganza, il pathos ed una certa maestosità intrinsechi alla scrittura di Schiller, Livermore insiste sul filo universale e atemporale della vicenda, affidando, con un certo gusto melodrammatico (alquanto sforzato durante gli applausi finali), gli imprescindibili commenti musicali a Giua - la parte organica della messa in scena - e a Mario Conte, l'ideazione dei costumi a Dolce & Gabbana che vestono le regine e ad Anna Missaglia che cura gli abiti degli altri interpreti, l'emozionante illuminazione a Aldo Mantovani, mentre il regista stesso firma le efficienti e incisive scene create in collaborazione con Lorenzo Russo Rinaldi.

Ma il gesto fondamentale di Livermore, la soluzione che precede e incorona tutte le altre e convince con una luminosa compiutezza, è la scelta di due protagoniste che nel corso dello spettacolo si rivela ovvia al punto di sembrare l'unica possibile. Laura Marinoni ed Elisabetta Pozzi, due magistrali attrici per quattro regine, poiché si alternano nei ruoli principali secondo la iniziale caduta della piuma, appunto. L'unico rimpianto del sottoscritto è di non aver potuto vederle in entrambi i ruoli, affascinato com'è tuttora dalla Pozzi/Stuarda e Marinoni/Tudor.

E' difficile verbalizzare la sottigliezza e veridicità delle loro avvolgenti, penetranti, sempre ottimamente calibrate interpretazioni che si seguono con fiato sospeso, assecondando un'infinità delle nuance umorali e fisiche, un ampissimo e vivido spettro di paure, speranze, livori, disperazioni e rassegnazioni. Particolarmente attento, il pubblico del Politeama Rossetti le inonda di applausi, meritatissimi anche da tutti gli attori che compongono il cast assumendo i panni dei vari personaggi: Gaia Aprea, Linda Genari, Giancarlo Judica Cordiglia, Olivia Manescalchi e Sax Nicosia.

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