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Cronaca

Lettera a Mattarella per nominare un esule istriano senatore a vita

La lettera è stata firmata dall'On. Roberto Novelli, l'On. Sandra Savino e l'On. Guido Germano Pettarin

Ieri pomeriggio i deputati di Forza Italia Roberto Novelli, Sandra Savino e Guido Germano Pettarin hanno inviato al presidente della Repubblica la lettera che segue in cui chiedono al Colle di prendere in considerazione la possibilità di nominare senatore a vita un esule giuliano-dalmata o istriano. La pubblichiamo qui integralmente

Esule senatore a vita, Unione Istriani: "Prima la revoca delle onorificenze a Tito"

Ill.mo Presidente della Repubblica
On. Sergio Mattarella
Palazzo del Quirinale, Roma

 

Illustrissimo signor Presidente della Repubblica, il 10 febbraio ultimo scorso è stato celebrato il quindicesimo Giorno del Ricordo, in memoria di tutte le vittime delle foibe e dell'esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra. Nel corso del Suo mandato Lei ha dimostrato più volte la sua vicinanza alle vittime di quella drammatica pagina di storia per decenni rimossa dalla memoria collettiva del nostro Paese: lo ha fatto conferendo nel gennaio 2018 l'onorificenza di commendatore al merito della Repubblica a Giuseppe Comand, 97 anni, l'ultimo testimone oculare - da Vigile del Fuoco Ausiliario - al recupero dei corpi degli italiani infoibati. E lo ha fatto pronunciando interventi intensi e coraggiosi, nei quali ha ricordato con amor di verità le sofferenze di centinaia di migliaia di italiani e il disegno politico da cui generò quella persecuzione etnica, stigmatizzando i rigurgiti negazionisti e giustificazionisti che allignano in una – per fortuna piccola – parte della storiografia. Dall’istituzione del Giorno del Ricordo ad oggi i Presidenti della Repubblica che L’hanno preceduta hanno riconosciuto la rilevanza della solennità e l’importanza di ricordare il supplizio patito da nostri connazionali, come ebbe ad affermare il Presidente Ciampi nel 2006 quando definì tale riconoscimento “un atto di giustizia nei confronti di ognuna di quelle vittime che restituisce le loro esistenze alla realtà presente perché le custodisca nella pienezza del loro valore, come individui e come cittadini italiani”. Altrettanto significativo il passaggio dedicato al “contributo di intelligenza e di lavoro degli esuli istriani, fiumani e dalmati alla ricostruzione civile, sociale, politica ed economica dell’Italia”.

Negli anni successivi il Presidente emerito della Repubblica Giorgio Napolitano non ha esitato a parlare di “giustizialismo sommario e tumultuoso, parossismo nazionalista, rivalse sociali e un disegno di sradicamento della presenza italiana da quella che era, e cessò di essere, la Venezia Giulia”, ribadendo – era il 2009 – il dovere di sentirsi vicini “a quanti hanno sofferto comunque di uno sradicamento a cui è giusto che si ponga riparo attraverso un'obbiettiva ricognizione storica e una valorizzazione di identità culturali, di lingua, di tradizioni, che non possono essere cancellate”.

Un dramma – quello delle Foibe e dell’esodo - cui avrebbe fatto seguito quella che un nostro illustre corregionale e predecessore in Parlamento, il professor Paolo Barbi, definì la “congiura del silenzio”. Un’ulteriore ferita inflitta – ci permettiamo di citare le Sue recenti parole - a “quei circa duecentocinquantamila italiani profughi, che tutto avevano perduto, e che guardavano alla madrepatria con speranza e fiducia e che non sempre trovarono in Italia la comprensione e il sostegno dovuti. Ci furono - è vero - grandi atti di solidarietà. Ma la macchina dell’accoglienza e dell’assistenza si mise in moto con lentezza, specialmente durante i primi anni, provocando agli esuli disagi e privazioni. Molti di loro presero la via dell’emigrazione verso continenti lontani. E alle difficoltà materiali in Patria si univano, spesso, quelle morali: certa propaganda legata al comunismo internazionale dipingeva gli esuli come traditori, come nemici del popolo che rifiutavano l’avvento del regime comunista, come una massa indistinta di fascisti in fuga. Non era così, erano semplicemente italiani”. Come ha avuto modo di ribadire in conclusione del Suo discorso il 9 febbraio scorso “figli e discendenti di quegli italiani dolenti, perseguitati e fuggiaschi, portano nell’animo le cicatrici delle vicende storica che colpì i loro padri e le loro madri. Ma quella ferita, oggi, è ferita di tutto il popolo italiano, che guarda a quelle vicende con la sofferenza, il dolore, la solidarietà e il rispetto dovuti alle vittime innocenti di una tragedia nazionale, per troppo tempo accantonata”. Nel gennaio 2018 Lei ha nominato senatrice a vita Liliana Segre: un atto di una straordinaria valenza simbolica, in ragione della necessità di tenere viva, dentro e fuori le istituzioni, la memoria dell’immane tragedia della persecuzione della popolazione ebraica e dei campi di concentramento. Alla luce di queste Sue parole e del recente esempio appena citato – senza che ciò possa sembrare un parallelismo tra due diverse tragedie - siamo quindi a chiederLe di prendere in considerazione l’opportunità di nominare Senatore a vita una vittima dell’esodo giuliano-dalmata, avanzata nei giorni scorsi dal giornalista Toni Capuozzo, affinché anche questa drammatica pagina – per di più per decenni rimossa – della storia d’Italia possa ricevere un riconoscimento formale. Un riconoscimento che significherebbe molto per gli esuli e per i loro eredi e che contribuirebbe a togliere alibi a chi ancora oggi minimizza la portata della tragedia delle foibe e dell’esodo. Grati per l’attenzione Le ribadiamo gli atti della nostra stima.

On. Roberto Novelli
On. Sandra Savino
On. Guido Germano Pettarin

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