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Salute

Più cure a casa per 'alleggerire' gli ospedali: il nuovo piano aziendale Asugi

Il piano di realizzazione dei nuovi modelli di assistenza territoriale si basa su tre pilastri: case di comunità, ospedali di comunità e centrali operative territoriali ogni 100mila abitanti, che coopereranno con i quattro distretti previsti, due a Trieste e due nell'Isontino

Una gestione del paziente più articolata sul territorio per non gravare troppo sugli ospedali, uno degli obbiettivi del Piano aziendale di realizzazione dei nuovi modelli di assistenza territoriale, realizzato da Asugi insieme a una sessantina di professionisti del settore. Il piano, illustrato oggi in conferenza stampa, si basa su tre pilastri: case di comunità, ospedali di comunità e centrali operative territoriali ogni 100mila abitanti, che coopereranno con i quattro distretti previsti, due a Trieste e due nell'Isontino. Il piano è stato presentato questa mattina alla presenza dei vertici di Asugi e del vicegovernatore Riccardi.

"Queste centrali - ha spiegato il direttore dei servizi sociosanitari Fabio Samani - saranno il punto di partenza e il cervello del sistema nel momento in cui una persona ha un bisogno sufficientemente complesso da necessitare il lavoro congiunto di più operatori, ad esempio una dimissione ospedaliera di una situazione complicata in cui una persona non può rientrare a casa propria. Questo cervello individua questi bisogni perché ha la documentazione e le informazioni”, con l'obbiettivo di “tenere le persone a casa propria il più a lungo possibile e, quando non lo è più, trovare la collocazione adeguata”.

Giocheranno un ruolo chiave, in questa prospettiva, i medici di base che, come spiega Samani, "hanno col paziente un rapporto di conoscenza che dura tutta una vita nella presa in carico dei problemi cronici e della fragilità e non possono contemporaneamente visitare a domicilio. Bisogna diatinguere la medicina d’attesa, ossia intervenire per le urgenze secondo la chiamata, e la medicina d’iniziativa, in capo ai medici di base, che si occuperanno di gestire le cronicità e le fragilità. Ora non possiamo più permetterci di attendere, dobbiamo intervenire per tempo".

"Non esiste un nuovo impianto di sanità di destra o di sinistra - ha commentato il vicegovernatore con delega alla salute Riccardo Riccardi -. Siamo in presenza invece di un unico modello di rafforzamento dell'assistenza territoriale condiviso da tutte le Regioni italiane e dal Governo nazionale in applicazione delle disposizioni previste dal Pnrr e dal decreto ministeriale 71. Su questa partita rimane certamente l'incognita legata alla necessità di un grande investimento sul capitale umano, visto che ancora per alcuni anni dovremo registrare una carenza di professionisti della salute".

Il direttore generale Antonio Poggiana ha spiegato che il documento "racchiude a sé un progetto che nasce da professionisti, non è un documento calato dall’alto ma tiene conto degli standard dei nuovi modelli assistenziali del territorio, del Pnrr e della programmazione regionale. Si tende alla massima integrazione tra tutti gli attori del sistema che sono l’assistenza ospedaliera, l’assistenza di base, la medicina convenzionata e i pediatri di libera scelta, gli specialisti ospedalieri, i distretti e l’assistenza domiciliare”. 

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