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Giovedì, 18 Aprile 2024
Cronaca

La furia del “branco” e la pandemia: il commento dello psicologo sulle ultime aggressioni a Trieste

Sempre più episodi di violenza collettiva a Trieste: qual è il nesso con questo periodo storico? Proviamo a rispondere con il dottor Federico Sandri, psicologo e psicoterapeuta

L'aggressione di gruppo ad Antonio Parisi nella giornata di ieri, il pestaggio del nonno vigile in via Zandonai, i calci in faccia alla 13enne davanti alla scuola Caprin e le percosse a un senzatetto in via Flavia: sono sempre più frequenti a Trieste gli episodi di violenza di gruppo negli ultimi mesi. Situazioni drammatiche in momenti diversi, alcune pianificate e altre “esplose” sul momento, complici in alcuni casi i fumi dell'alcool. Lo testimonia anche uno studio del Burlo: il consumo di alcolici tra i giovani è aumentato dopo il primo lockdown, fino ad arrivare a sempre più frequenti casi di coma etilico. In tutte le aggressioni i “carnefici” sono più o meno giovani, e agiscono in “branco”.

Trieste Prima ha contattato uno psicologo, psicoterapeuta e counsellor per cercare di dare uno o più nomi all'aggressività che sembra dilagare insieme a questo virus che ha cambiato le nostre vite. Tra i vari nomi possibili spunta l''effetto Lucifero': “l'arcinoto fenomeno – spiega il dottor Federico Sandri - in cui, in un determinato periodo storico si verificano esperienze di branco fomentate da elementi identitari maggiori, dove un gruppo si sente 'ingabbiato' da particolari condizioni ambientali o sociopolitiche e riesce a compiere atti che normalmente non porta a termine. Il nazismo è solo uno dei molti esempi”.

E qui entra in gioco la pesantezza del periodo storico che stiamo vivendo: “in questo periodo le espressioni emotive non trovano contenitori in cui esprimersi, la frustrazione non trova un canale produttivo in cui sfogarsi. Sono arrabbiato? Non posso andare in palestra a scaricare la negatività. Sono felice? Non posso festeggiare con un bel viaggio premio. Sembra ci siano solo cancelli a sbarrare ogni tipo di emozione e questo genera frustrazione: un sentimento 'magmatico' che si accumula finché non rompe improvvisamente la nostra corazza emotiva, sedimentata nel tempo. Come un vulcano”.

Se elenchiamo alcune delle vittime dei fatti di cronaca citati all'inizio dell'articolo troviamo un anziano, una ragazzina preadolescente, un senzatetto e il volto noto di una minoranza storicamente perseguitata (anche se nel caso di Parisi l'omofobia non sarebbe stata il motivo della lite). Il branco, sembrerebbe, mira a un 'bersaglio' che considera debole, come sembra confermare un altro episodio, non arrivato agli onori della cronaca ma citato dal dottor Sandri nella sua esperienza personale: “ho seguito il caso di una ragazza con una lieve disabilità, presa di mira da un gruppo di 'amiche', che hanno iniziato ad aggredirla e minacciarla per un motivo futile come quello di una suoneria del cellulare, e il tutto è degenerato in violenza collettiva. È come se l'aggressività fosse preesistente nel gruppo, che cercava solo una scusa e una persona 'indifesa' su cui sfogarsi”.

Anche la violenza domestica è in crescita – spiega ancora Sandri – non solo di genere ma di qualunque tipo all'interno del nucleo familiare. Seguo sempre più casi di genitori frustrati nella loro relazione con i figli, che sono a casa e occupano degli spazi che normalmente non occuperebbero, come anche figli arrabbiati con genitori che lavorano a casa in smartworking. Una situazione di trincea e di assedio, un continuo doverci giustificare per gli spazi che occupiamo. Anche per le strade, dove è cambiato il nostro modo di relazionarci con l'altro, nonché l'impossibilità di manifestare l'affettività con gli abbracci. Tutte barriere emotive che hanno delle conseguenze”.

“Anche il fatto di avere sempre la mascherina addosso – conclude - ci rende parziali nella comunicazione e quando manca noi la immaginiamo. Laddove ci sono delle idee aggressive già presenti nei confronti dell'altro la mascherina le avvalora e incrementa l'idea che l'altro sia mal disposto nei nostri confronti”. 
Elementi che di certo non giustificano alcun tipo di violenza ma che, in soggetti giovani e dall'identità non perfettamente definita, possono erodere la capacità di imporre le proprie scelte e di far prevalere il buon senso. Se queste facoltà vengono offuscate, la logica del branco può prendere il sopravvento, con gli effetti che sempre più spesso ci ritroviamo a leggere sui giornali.
 

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